E’ stato un perfetto esempio di sinergia fra enti l’intervento svolto questo pomeriggio nella gola di Gorropu per il recupero di una donna infortunatasi durante un’escursione.

L’attivazione è giunta alle 14 dalla Centrale Operativa del 118 e immediatamente è scattato l’allarme per le stazioni di Nuoro e Ogliastra. Contestualmente è stato attivato anche il  Soccorso Alpino della Guardia di Finanza e il servizio di  elisoccorso di base a Olbia.

La signora, durante la visita del canyon a circa 500 metri dalla biglietteria, a causa di una caduta e di una sospetta frattura a una gamba, non è riuscita a proseguire autonomamente.

L’elicottero di  AREUS, giunto in prossimità della gola di Gorropu ha imbarcato altri due tecnici di elisoccorso del CNSAS Sardegna e sono stati elitrasportati insieme all’equipe sanitaria fino al luogo dell’intervento per dare i primi soccorsi all’infortunata.

La donna, dopo essere stata stabilizzata, è stata trasportata in barella fino ad un punto della gola idoneo a consentire la verricellata per l’imbarco in elicottero ed è stata poi trasportata all’ospedale di Nuoro.

Le operazioni a terra sono state coadiuvate dal resto dei tecnici delle stazioni di Nuoro e Ogliastra e dal personale del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

In Ogliastra ogni lembo di territorio è suggestivo.

Oggi vi portiamo nel Gennargentu arzanese, dove si può ammirare la selvaggia gola Pirincanes e le maestose cascate di Rio de Forru.

In questo video realizzato da Cristian Mascia uno scorcio della spettacolare zona.

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Lo sapevate? Secondo recenti teorie, gli Shardana che spopolavano nel Mediterraneo erano gli antichi Sardi: i nostri antenati.

Abili navigatori, guerrieri stimati e rispettati dai Faraoni egizi che spesso li vollero come guardia personale (ad esempio Ramses II), gli Shardana erano i leader dei Popoli del mare che dominarono il Mediterraneo e sul tramontare dell’età del Bronzo, intorno al 1200 a.c., contribuirono ad annientare i grandi imperi dell’epoca, quello ittita, miceneo ed egizio.

In alcune iscrizioni dei monumenti egizi vengono nominati e citati come genti rispettate e temute per il loro coraggio e valore. In un’iscrizione della stele di Tanis risalente al faraone Ramses II (1287 ac) si legge: “Gli Shardana dal cuore impavido da sempre non si sapeva come combatterli; essi arrivavano col cuore fiducioso… su vascelli da guerra dal mezzo del grande verde e non si poteva resistere davanti ad essi”. Con ogni probabilità erano i nostri antenati nuragici.

Gli Shardana, o più correttamente Sherdana, (anche Sherden) erano una delle popolazioni, citate dalle fonti egizie del II millennio a.C., facenti parte della coalizione dei popoli del Mare; la loro presumibile identificazione con gli antichi Sardi è, al momento, oggetto di dibattito archeologico.

Il problema dell’area di origine o di eventuale destinazione del popolo degli Sherdana sorse a partire dal XIX secolo. Nessuna menzione certa degli Sherdana è mai stata rinvenuta in documenti greci o ittiti, fatto che complica il lavoro degli studiosi. Nel corso dei decenni sono state proposte varie ipotesi, fra le quali due sono quelle più ricorrenti:

A) Gli Sherdana provenivano dal mediterraneo occidentale e sarebbero identificabili con le popolazioni nuragiche della Sardegna.
B) Gli Sherdana, provenienti dal mediterraneo orientale, si insediarono in Sardegna a seguito della tentata invasione dell’Egitto.

L’archeologo Antonio Taramelli, scopritore di molti siti di varie epoche in Sardegna, e autore di ricerche che furono determinanti per la conoscenza dei riti funerari sardi nuragici e prenuragici, era un convinto sostenitore della provenienza occidentale degli Shardana. Scrisse infatti:

«Ma io ritengo che le conseguenze della nostra osservazione sulla continuità degli elementi eneolitici in quelli della civiltà nuragica abbiano una portata maggiore di quella veduta dal collega mio; che cioè la civiltà degli Shardana siasi qui elaborata completamente, dai suoi germi iniziali, sia qui cresciuta, battagliera, vigorosa, e che lungi dal vedere nella Sardegna l’estremo rifugio di una razza dispersa, inseguita, come una fiera fuggente, dall’elemento semitico che venne qui ad azzannarla e a soggiogarla, noi dobbiamo vedere il nido donde essa spiegò un volo ardito, dopo aver lasciato una impronta di dominio, di lotta, di tenacia, sul suolo da lei guadagnato alla civiltà.»

(Antonio Taramelli, Scavi e scoperte. 1903-1910, Carlo Delfino editore, 1982).

Giovanni Lilliu, pur non addentrandosi in profondità sull’argomento, constatò che: «I secoli nei quali si svolgono le vicende dei Sherdanw e dei confederati, che vogliono espandersi per contrastare l’egemonia della potenza faraonica, sono quelli che vedono le comunità nuragiche guidate dai loro principi toccare il massimo splendore nell’architettura e sviluppare un consistente e organizzato vivere civile, economicamente prospero.»

Più recentemente (2005 e 2016) l’archeologo Giovanni Ugas ha riproposto l’identificazione degli Sherdana, descritti come “il popolo delle isole che stanno in mezzo al grande verde”, con le popolazioni sardo-nuragiche, in particolare con la tribù degli Iolei/Iliensi (Sherden=Iolei-Eraclidi?) dimoranti nel centro-sud dell’isola, secondo uno scenario suggerito anche da Fulvia Lo Schiavo. L’autore propone anche un’origine sarda anche per il popolo del mare degli Shekelesh, identificabili con i Siculensi del Sarrabus citati da Claudio Tolomeo.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Una luce di speranza si accende oggi per la comunità dei pazienti con la SLA.

Questa malattia così poco certa nella sua storia e nella prospettiva futura, oggi subisce una battuta di arresto grazie al progredire della ricerca. Annunciato oggi al congresso annuale ENCALS (European Network to Cure ALS) i dati a 12 mesi dello studio in aperto mostrano un beneficio clinicamente significativo su diversi parametri.

Prima di tutto i dati mostrano che il trattamento precoce con tofersen rallenta il declino sia della capacità respiratoria vitale lenta sia della capacità muscolare. Non solo. Sono state osservate riduzioni della proteina SOD1 totale e del neurofilamento, vale a dire di uno dei marcatori associati al danno assonale e alla neuro degenerazione. La maggioranza dei partecipanti, inoltre, è sopravvissuta senza ventilazione permanente (PV), questo lascia pensare che il farmaco agisca positivamente sia sulla sopravvivenza che sulla capacità di prevenire eventi avversi.

“L’informazione che abbiamo ricevuto da Biogen pochi minuti fa su questi nuovi incredibili risultati dello studio è una
notizia che ci entusiasma – dichiara Fulvia Massimelli presidente nazionale AISLA -, il prof. Mario Sabatelli ha fortemente creduto e combattuto per accelerare le risposte di questa molecola che, seppur in fase sperimentale, dimostrava già chiaramente importanti risposte per il trattamento delle persone colpite da SLA con mutazione del gene SOD1. AISLA ringrazia tutti i pazienti e le famiglie che hanno accettato di partecipare allo studio. La fase determinante, tuttavia, è stata senz’altro l’apertura della somministrazione a tutti i pazienti SOD1. Non possiamo che essere profondamente grati verso tutti i medici che li hanno seguiti, primi fra tutti i Centri Clinici NeMO che non hanno esitato a mettere a disposizione ogni mezzo per accogliere i pazienti”.

Un cambiamento di prospettiva terapeutica che segna per la prima volta, dopo 150 anni, l’inizio di una prima nuova pagina della malattia. L’appello di AISLA è che tutti i pazienti SLA SOD-1 in Italia possano accedere tempestivamente al farmaco. Il Centro di Ascolto AISLA (https://www.aisla.it/il-centro-di-ascolto/) è a completa disposizione per agevolare ogni paziente con le caratteristiche adeguate per accedere al farmaco. È bene ricordare che la mutazione su cui agisce è una forma genetica rara della malattia che riguarda circa il 2-3% delle persone con SLA, cioè circa 120-150 persone in Italia. Ad oggi ci risultano trattate poco più d 50 persone (dato non confermato).

“Nella SLA, le persone con malattia a progressione più rapida hanno livelli di neurofilamenti più elevati, molto
probabilmente perché i loro neuroni e assoni stanno degenerando più rapidamente”, ha affermato Merit Cudkowicz,
MD, co-principale ricercatore dello studio VALOR e co-fondatore della SLA nord-orientale Consortium, Direttore
dell’Healey & AMG Center for ALS e Chair of Neurology presso il Massachusetts General Hospital e Julieanne Dorn
Professor of Neurology presso la Harvard Medical School.  Continua Cudkowicz: “Tofersen ha abbassato i livelli di neurofilamento di circa il 40-50 percento. La combinazione di questi risultati dei biomarcatori e dei dati sugli esiti clinici fornisce ulteriori prove del potenziale di tofersen di rallentare efficacemente la progressione incessante della SOD1-ALS”.

È un risultato molto importante per la comunità dei pazienti, sempre in attesa di avanzamenti che possano garantire opportunità terapeutiche a tutti. La ricerca su questa malattia e su ulteriori approcci terapeutici, però, non si può né si deve fermare.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Sardegna e Corsica hanno tante cose in comune: un bellissimo mare, montagne aspre e selvagge, tanto verde e abitanti dal carattere fiero e ospitale. La loro vicinanza è testimoniata anche da piccole cose legate alle tradizioni enogastronomiche.

Oltre a una consolidata tradizione nella preparazione di salumi e formaggi di alta qualità c’è un altro prodotto che unisce le due isole: il mirto. In entrambe, infatti, crescono rigogliosamente le piante di questa bacca mediterranea.

L’utilizzo principale delle bacche di mirto, sia in Sardegna che in Corsica, è legata alla produzione di liquori. Sia a Cagliari che ad Ajaccio, sia a Nuoro che a Corte, è comune terminare i pasti con un bicchierino di liquore di mirto. I due prodotti però sono abbastanza diversi.

Il mirto sardo ha una colorazione più scura, una consistenza più densa e soprattutto una gradazione alcolica decisamente più elevata che si aggira tra i 30% e i 32%. Il mirto corso ha un colore più ambrato e mediamente trasparente, una minore cremosità e una gradazione alcolica piuttosto tenue (circa 18%).

Insomma, due ottimi prodotti, ricavati dallo stesso frutto, ma assai diversi tra loro.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Filippo Inzaghi sarebbe vicino alla panchina del Cagliari, che per la prossima stagione si pone come obiettivo la promozione in in Serie A.

I primi contatti con la società del presidente Tommaso Giulini sarebbero stati avviati ieri pomeriggio per un confronto su programmi e ingaggio – come riporta ANSA -.

L’ex bomber del Milan, prenderebbe il posto di Alessandro Agostini, subentrato nelle ultime giornate dello scorso campionato a Walter Mazzarri. Un indizio che porta a Inzaghi, la risoluzione del contratto che lo legava al Brescia dell’ex presidente rossoblù, Massimo Cellino.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

La Sardegna custodisce il segreto della pasta più rara del mondo. Si chiama Filindeu, i fili di dio. Solo poche mani esperte ancora riescono a produrre questi delicati e sottili fili intrecciati di semola di grano duro. La nuorese Paola Abraini è una di queste.

Anni fa è stata visitata da un inviato della BBC, arrivato sino alla città di Nuoro per carpire i segreti di una lavorazione tanto rara e difficile.

Foto di Eliot Stein

Questa antica tecnica di pastificazione risale ad oltre 300 anni fa. Una tradizione culinaria tipica del nuorese che al giorno d’oggi solo pochissime persone, tutte donne , custodiscono grazie ad una ricetta che si tramanda di generazione in generazione sempre all’interno delle stesse famiglie.

Foto di Eliot Stein

La tecnica di preparazione è particolarmente difficile e laboriosa. La Barilla ha tentato di carpire i segreti di questo manicaretto tutto sardo e il famoso gastronomo Carlo Petrini ne ha fatto un icona dello Slow Food.

Tra le personalità che hanno dovuto arrendersi di fronte alla maestria delle donne sarde nella preparazione di questa difficile pietanza annoveriamo anche il famoso cuoco inglese Jamie Oliver, che dopo 20 anni alle prese con pasta di tutti i tipi non è riuscito a completare la lavorazione dei Filindeu.

La base dei Filindeu è un impasto a base di farina di semola di grano duro, acqua e sale, lavorato con attenzione e calma finché l’esperienza del tatto con le mani non avverte il momento esatto in cui l’impasto è pronto.

All’impasto viene data la forma di un cilindro tirato tra le dita delle mani. Dopo essere stato ripiegato su se stesso, si frazionerà  in tanti finissimi filamenti. Da un pezzo di impasto di un etto si otterranno circa 250 sottilissimi fili.

I fili vengono stesi in tre strati su un canestro circolare di foglie di asfodelo essiccate,  creando una trama a intreccio, dopo di che avviene la fase di essiccazione che rinsalderà tutto creando un vero e proprio reticolato di pasta finissima.

Una volta pronta, la pasta verrà spezzettata in pezzi più piccoli e immersa nel brodo di pecora insaporito con scaglie di formaggio pecorino fresco.

La pietanza viene preparata ritualmente in ottobre, in occasione del pellegrinaggio al santuario di San Francesco di Lula, da offrire ai pellegrini che vi si recano.

Le figlie di Paola Abraini non sono interessate a portare avanti l’antica e laboriosa  tecnica, e tutte le altre donne che conservano quest’arte si contano sulle dita di una mano. In questo modo l’antica ricetta rischia di perdersi. Per ovviare a questo problema Paola ha deciso di non rispettare l’antico patto che vuole la ricetta tramandata di generazione in generazione all’interno della stessa famiglia, insegnando ad altre persone la difficile lavorazione.

Sembra però che non le sia andata bene perché pare che le siano stati negati i fondi per aprire una scuola. La cuoca non si è persa d’animo invitando così gli aspiranti preparatori di Filindeu a casa sua. Gli allievi sono però tutti scappati senza tornare dopo aver visto la difficoltà e la laboriosità di tale preparazione.

Nonostante tutte queste difficoltà il Gambero Rosso l’ha invitata a Roma per filmarla durante la lavorazione della specialità evitando così che le fasi di preparazione vengano dimenticate disperdendo così una sapienza antica irripetibile nella storia e nella cultura sarde.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

In tanti in questi ultimi giorni di maggio, viste le alte temperature e il cielo terso, in tanti non hanno perso l’occasione di andare a fare un tuffo nel suggestivo mare dell’Ogliastra.

Una delle spiagge più ambite, per godersi un po’ di refrigerio, sicuramente è quella di Porto Frailis a Tortolì.

Ecco il video con la spiaggia occupata da tanti bagnanti.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Il giovedì le famiglie italiane si riunivano davanti alla TV a guardare il popolarissimo quiz “Lascia o Raddoppia”. L’11 luglio 1957 in Sardegna c’era una ragione in più per farlo anche se a possedere un televisore erano davvero ancora in pochi.

Quel giorno tutti facevano il tifo per Filippo Bacciu. L’uomo, un pastore di Buddusò, vinse il premio massimo, 5 milioni di lire che nel ’57 rappresentavano una bella somma.

Bacciu rispose alle domande sui Promessi Sposi di cui sapeva veramente tutto. Ma non fu il primo sardo a partecipare alla trasmissione: la prima fu una donna, Maria Sanna di Ghilarza, ma residente a Torino, la quale si presentò l’11 aprile del 1957 indossando il costume di Ploaghe. Purtroppo però la sua apparizione al quiz fu molto breve, venne eliminata alla seconda domanda.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Il Cagliari Calcio fu fondato nel 1920: è la più importante squadra della Sardegna e l’unica ad aver militato in Serie A, di cui tuttora fa parte. La società, “Cagliari Football Club”, fu fondata il 30 maggio 1920 dal chirurgo Gaetano Fichera: la prima gara della storia del sodalizio cagliaritano è datata 8 settembre 1920, quando sul campo dello stadio Stallaggio Meloni i cagliaritani affrontano e sconfiggono la Torres: una prima partita col botto, vinta con tripletta di “Cocchino” Figari.

La partita terminò col punteggio di 5-2: per il Cagliari si distinse con una tripletta Alberto Figari, detto “Cocchino”, uno studente di medicina che in seguito rifiuterà le offerte di Genoa e Bologna per inseguire il sogno di diventare un dottore.

Gigi Riva

Nel 1926 il Cagliari indossa per la prima volta la divisa con i colori rosso e blu. Poi la pausa della guerra e l’arrivo di Gigi Riva. Rombo di tuo notato da un osservatore del Cagliari, Andrea Arrica, che lo portò in Sardegna per il campionato cadetto del 1963-64.

Finchè non si arriva nel 1964-1965 anno in cui il Cagliari disputa il suo primo campionato di Serie A. Nella stagione 1969-1970 il Cagliari, sotto la guida di Manlio Scopigno, vince il suo primo e tuttora unico titolo nazionale.

 

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi