Foto del Sindaco di Macomer Antonio Onorato Succu

È rimasto temporaneamente bloccato il tratto stradale, in entrambe le direzioni, lungo la SS131 “Carlo Felice” al km 146,000, a Macomer, in provincia di Nuoro, a causa di un incidente fra due mezzi pesante.

Sul posto sono stati presenti Anas e le Forze dell’Ordine per consentire le operazioni di ripristino e della normale transitabilità appena possibile.

Presenti anche i Vigili del Fuoco per le operazioni di rimozione del veicolo rimasto di traverso lungo la strada.

 

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Proveniente da una nobile famiglia cagliaritana, Giusta Manca di Villahermosa, soprannominata Rubi d’Alma per volere di Gabriele d’Annunzio fu una stella del cinema del ventennio fascista. Nacque a Milano il 24 aprile del 1906. Alta, bella, slanciata, si avvicinò al mondo del cinema italiano grazie al regista e sceneggiatore Camillo Mastrocinque che la fece debuttare nel 1936, assieme a molti altri esponenti della nobiltà milanese, in Regina della scala, film musicale in cui l’attrice interpretava il ruolo di sé stessa.

L’anno successivo ottenne una certa popolarità nella commedia Signor Max in cui l’attrice rivestiva il ruolo di una gran dama inutilmente corteggiata da Vittorio De Sica. Il film verrà apprezzato da Vittorio Mussolini, il figlio del duce. Intorno alla metà degli anni Trenta Rubi d’Alma aveva incontrato il giovane Federico Fellini che era allora un semplice disegnatore di volti noti del cinema. Fellini  rimarrà estasiato dalla bellezza e dall’ eleganza della nobildonna che sarebbe poi diventata una stella del cinema.

Oltre a Fellini, Rubi d’Alma collaborò con grandi registi quali Gennaro Righelli, Mario Camerini, Renato Castellani, Mario Soldati. Interpretò 28 film nei quali era quasi sempre in sintonia col suo personaggio. Non usciva mai fuori dal ruolo da lei interpretato, tanto che nel corso delle riprese di alcuni film la produzione decise di costringerla a vivere nel Grand Hotel con l’obbligo di non uscire dal personaggio che le era stato cucito addosso.

Entrò inconsapevolmente in un’operazione politica nota con il nome di Cinema italiano. Il suo compito fu quello di favorire l’incremento della lira aumentando la produzione di Cinecittà e il lancio degli artisti italiani che dovevano soppiantare i divi di Hollywood. Malgrado ciò, la politica non apparteneva agli interessi dell’attrice la quale fu sempre un’ottima compagna di scena di attori del calibro di Gino Cervi e di Amedeo Nazari. Rubi d’Alma divenne famosa prima sul grande schermo che nell’isola. Arrivò a Cagliari il 17 luglio del 1938 presso il cinema Olimpia e da lì verrà applaudita da un folto numero di persone fino al Palazzo Regio.

Esercitò la carriera di artista fino agli anni ‘50, in seguito si ritirò a vita privata.

Morirà a Castel Gandolfo nei pressi di Roma il 7 agosto del 1994.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Il 29 agosto del 1985 Laconi omaggiava come ogni anno S. Ignazio. Un incendio, divampato nelle vicinanze, costrinse però all’intervento un G-222 della 46° Brigata di Pisa, impegnata nella consueta missione annuale di prevenzione nell’Isola. Una turbolenza mal gestita, o forse un guasto meccanico rivelatosi letale: queste le supposizioni di chi tentò di comprendere le cause del terribile incidente, che in pochi minuti causò la morte di tutti e quattro gli uomini dell’equipaggio.

La complessa azione anti-incendio si era ormai conclusa positivamente, quando il velivolo – improvvisamente e inaspettatamente – iniziò a perdere quota, per poi incagliarsi fra le cime degli alberi e distruggersi nell’urto con un costone roccioso, lasciando attoniti coloro che intanto erano accorsi. Fu una morte in diretta, su cui le cronache dell’epoca si concentrarono a lungo: il maggiore Fabrizio Tarasconi, il tenente Paolo Capodacqua e i marescialli Lido Luzzi e Rosario Ferrante persero la vita nell’impatto, nelle colline a sud di Su Lau.

Oggi l’area è rimboschita e lussureggiante, quasi a testimoniare la voglia di rinascita dopo la tragedia. Da allora, il 29 agosto di ogni anno, nella località di Is Forros – laddove cadde l’aereo e oggi sede di monumento alla memoria – una corona di alloro viene deposta sull’altare, alla presenza delle autorità civili, militari e religiose.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

A detta di molti è il tratto più caratteristico dalla bellezza struggente, della linea del Trenino Verde Mandas-Arbatax. Parliamo del percorso interrotto che parte dopo la stazione di Seui, passando per il territorio di Ussassai e giunge fino alla stazione di Gairo.

Oramai il tratto è chiuso da diversi anni, a causa del mancato superamento del collaudo di due ponti dell’Ottocento. Quest’anno la linea del Trenino Verde è stata divisa in due da una parte la Mandas-Seui e dall’altra l’Arbatax-Gairo, rese fruibili lo scorso agosto.

La linea a scartamento ridotto nel tratto bypassato attraversa alcune delle zone più belle della Sardegna, dove si possono ammirare spettacolari falesie e rigogliose foreste.

Abbiamo deciso di mantenere vivo il ricordo in coloro che hanno percorso questo tratto, e di suscitare l’interesse a chi ancora non l’ha fatto.

Con la speranza che il prossimo anni la linea Mandas-Arbatax sia completamente attiva, abbiamo immortalato qualche tempo fa alcuni scorci del tratto interrotto.

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 Trenino verde 15  


 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Il formaggio più pericoloso al mondo o, per dirla come fu scritto nel Guinness dei Primati 2009, “The most dangerous cheese in the world”.

Fa un po’ effetto sentir catalogare il Casu Marzu in questo modo, eppure nel famoso libro dei record, il formaggio “con i vermi” fu definito proprio così. Secondo la casa editrice del Guinness, la pericolosità deriverebbe dal fatto che «eventuali larve rimaste e sopravvissute all’azione di succhi gastrici possono provocare vomito, dolori addominali e diarrea sanguinolenta».

Ma in realtà non si ha evidenza di forme patologiche o disturbi vari connessi al suo consumo. A favore del Casu Marzu si schierarono in molti, dal docente Microbiologia agroalimentare alla facoltà di Veterinaria dell’Università di Sassari Antonio Farris, a un gruppo di consiglieri regionali che chiese all’allora Presidente della Regione Renato Soru di intentare causa contro la società editrice della nota pubblicazione, in quanto la Sardegna era stata “ingiustamente calpestata e vilipesa dalla notizia riportata a pagina 123 della versione italiana del libro“, fino ai tanti estimatori di quella che nell’Isola è considerata una vera e propria prelibatezza.

Certo, le qualità benefiche del formaggio marcio non sono dimostrabili (così come quelle nocive), ma l’esplosione di sapore nel palato del Casu Marzu, magari spalmato in una fetta di civraxiu o di pistoccu, sono incontestabili, e il pericolo paventato dal Guinness dei Primati è in realtà semplice allarmismo, dal momento che le larve presenti nel Casu Marzu muoiono proprio a causa dei succhi gastrici dello stomaco umano.

Su Casu Marzu

Ciononostante, le norme tecniche emanate dall’Unione Europea non ne consentono più la produzione ed è proibita dalla legge la commercializzazione, perché in contrasto con le norme igieniche e sanitarie stabilite in sede comunitaria. Per poter salvaguardare questo prodotto la Regione Sardegna lo ha inserito nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani: tale riconoscimento certifica che la produzione è codificata da oltre 25 anni così da poter richiedere una deroga rispetto alle normali norme igienico-sanitarie.

In antichità, nella società pastorale sarda, si pensava che su Casu Marzu fosse il frutto di riti magici e di inspiegabili eventi sopranaturali. Per cercare di dare una spiegazione scientifica al fenomeno che trasformava il pecorino o il fiore sardo in quella leccornia cremosa, si pensò che in seguito alla fermentazione naturale  di una forma di  formaggio realizzata con latte crudo appena munto, a causa dell’alta temperatura nelle giornate di  scirocco nel mese di settembre (Cabidanni, termine che deriva dal latino “Caput Anni” in quanto col calendario Giuliano l’anno iniziava a settembre), venisse prodotta quell’inusuale pasta morbida, burrosa, succulenta e piccante nello stesso momento.

La mosca casearia, l’insetto grazie al quale si ottiene il casu marzu

In realtà il processo che porta alla trasformazione della forma di formaggio in casu marzu (trad. formaggio marcio) viene ancora ottenuto in modo naturale grazie alla deposizione delle uova da parte della Piophila casei (conosciuta anche come mosca casearia), dalle quali nascono poi delle larve che si nutrono del formaggio stesso essa, in particolare durante il periodo primaverile ed estivo. Gli accorgimenti per creare le condizioni favorevoli per la riproduzione della Phiophila casei sono quella di accorciare ridurre i tempi della salamoia e praticare sulla forma dei piccoli buchi colmati poi di olio, in modo da ammorbidire la crosta e attirare l’insetto. Ulteriori “trucchi” per favorire l’attacco della mosca del formaggio, sono quelli di di limitare il rivoltamento delle forme di pecorino e conservarle in luogi aperti. Dopo la schiusa le larve trasformano con i loro enzimi la pasta casearia, del pecorino, in una morbida crema. Una volta raggiunto il giusto grado di fermentazione e il proliferare delle larve, la forma viene aperta togliendo la parte superiore (su tappu). L’interno della forma si presenta composto da una crema omogenea di colore giallastro e dal sapore molto particolare e pungente.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Questa mattina, nel suggestivo scenario dell’area archeologica di Scerì – territorio di Ilbono – sono convolati a nozze Sandro Piroddi e Valentina Mereu.

In questo luogo misterioso e antichissimo del proprio paese, i novelli sposi hanno coronato il proprio sogno d’amore, uniti in matrimonio civile dal sindaco ilbonese Giampietro Murru.

I due giovani – lui falegname e lei infermiera – in questo importante giorno sono stati circondati dall’affetto di amici e parenti, che hanno partecipato commossi ed entusiasti alla cerimonia.

Dopo aver pronunciato il fatidico “sì”, gli sposi si sono fermati tra le domus de janas, l’imponente nuraghe e i sentieri immersi tra gli ulivi millenari, per immortalare la giornata con scatti  indimenticabili.

Momento goliardico per gli sposi al momento di lasciare l’area archeologica: arrivati a bordo di un’Audi, sono ripartiti su una storica Fiat Uno Turbo I.E.. Un pensiero degli amici dello sposo, per ricordare i tempi giovanili vissuti al volante della “mitica” automobile cult degli anni ’90.

Soddisfazione del sindaco e dei gestori del sito archeologico per la scelta della location che ha fatto da cornice ad un momento così importante comunitario.

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 Matrimonio Scerì, Ilbono 7  


Scerì, è uno dei luoghi più iconici e storicamente importante dell’ Ogliastra è può essere visitato dal martedì alla domenica dalle 9.00 alle 12.30 e dalle 16.00 alle 20.00.

Partenza visite guidate: 9.30, 11.00, 16.00, 18.00. Per info e prenotazioni 329 8703515.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Ansia, disagio, angoscia, mancanza di stimoli, negatività: ovunque ci si giri o con chiunque si parli, questo sembra essere il bagaglio gentilmente offerto dal Covid-19, un po’ come se l’infausto e lunghissimo periodo che abbiamo dovuto, nostro malgrado, affrontare – e che comunque persiste, sebbene in maniera meno incisiva – abbia lasciato strascichi psicologici notevoli su una grande fetta di popolazione.

«L’evento della pandemia ha colto di sorpresa tutto il mondo» spiega la psicologa e psicoterapeuta lanuseina Paola Ferreli, sottolineando la difficoltà delle persone a metabolizzare quanto stava accadendo. «Isolamento sociale, nessun contatto fisico, perdite di tantissime vite, assenza delle esequie con conseguenti lutti irrisolti, allarmismo mediatico, informazioni inesatte, coprifuoco, mascherine… Insomma, abbiamo dovuto affrontare tanti ostacoli, imprevisti, incertezze. Per molte persone non è stato facile.»

Insomma, solo chi soffriva di ansia sociale ha (quasi) accolto con filosofia l’isolamento, ma per quanto riguarda tutti gli altri, Ferreli è chiara: «Ce la siamo cavata, ma non senza conseguenze.»

Quale sarebbe stata la portata degli effetti della pandemia sulla psiche umana? Questa era la domanda ricorrente allo scoppio della pandemia.

«L’Ordine Degli Psicologi, a livello nazionale, lanciò immediatamente l’allarme, purtroppo non immediatamente colto, per prevenire quelle che sarebbero state le conseguenze a livello psicologico e che dopo qualche mese abbiamo visto verificarsi… le condizioni in cui abbiamo dovuto vivere durante la pandemia hanno, senza ombra di dubbio, influito sulla salute mentale e sul benessere di molti di noi.»

A peggiorare a causa del Covid-19 tra restrizioni e timori, come elenca Ferreli, i rapporti fra partner e anche quelli fra genitori e figli, ma si sente di più anche la fatica percepita durante il lavoro ed è calata a picco la concentrazione degli studenti. Aumentate le manifestazioni di ansia generalizzata, di depressione, di anedonia, i disturbi ossessivo-compulsivi, le sensazioni di noia e frustrazione, di rassegnazione, di amarezza, di sfiducia verso il futuro, di scoraggiamento. Tante le cicatrici che ci si porta dietro. Da sottolineare come trauma legato a questo periodo, continua la psicologa e psicoterapeuta ogliastrina, il fatto di non aver potuto salutare i propri cari in ospedale prima che morissero, o il non aver potuto partecipare al funerale, momento di addio importantissimo nel processo di elaborazione del lutto.

«Non meno importanti le tragedie che si sono consumate nelle abitazioni a causa delle difficoltà economiche, dei conflitti familiari già esistenti che la reclusione in casa ha portato a livelli insostenibili.»

E non solo: conseguenze non trascurabili – come paura e senso di abbandono – persistono in chi ha subito un ricovero in ospedale o magari era da solo durante l’isolamento. «È stata inoltre identificata una vera e propria sindrome “Post-covid” o “Long-Covid” che colpisce molte delle persone risultate positive al virus. Questi sintomi infatti non svaniscono immediatamente ma si trascinano nei mesi successivi, o addirittura si presentano solo una volta che la persona si è “negativizzata”: stanchezza, debolezza, affanno, ansia, depressione, cefalea, insonnia…»

Alcuni, aggiunge, hanno tirato fuori risorse che non credevano di avere, altri, be’, hanno avuto da lavorare – e ancora, in alcuni casi, si combatte – con l’aiuto di specialisti. Insomma, un bel bagaglio di conseguenze: «L’esperienza che abbiamo vissuto tutti noi in questi due anni è stata traumatica.»

“Trauma”, dal greco “rottura”, “ferita”: «Dalle nostre ferite» continua Ferreli «possiamo imparare tanto su noi stessi. Frank Ostaseski, un insegnante buddista, sostiene che non dobbiamo avere paura delle nostre ferite, dei nostri limiti, della nostra impotenza. Perché è con questo bagaglio che possiamo avviarci alla guarigione.»

Partire quindi dalla nostra sofferenza per guarire, proprio come fa Chirone, il personaggio della mitologia greca in grado di curarsi dalle sue ferite: «Avere il coraggio della propria vulnerabilità, riconoscendola e integrandola non come debolezza o fragilità ma come forza e strumento per poter sviluppare e accrescere il nostro benessere psicologico.»

Ma come rispondere alle crisi dell’animo?

Se parliamo di pensiero catastrofico, ossia la supposizione che si verifichi un disastro e lo scenario possibile immaginabile, a prescindere dagli indizi che abbiamo a disposizione, Ferreli consiglia tre passi.

«Uno: attingiamo a dati certi e informazioni affidabili da fonti attendibili. Usando la mente razionale possiamo concludere che, sebbene l’ipotesi catastrofica formulata sia verosimile, non è l’unica e non è la più probabile statisticamente. Questo mi può permettere di accogliere altre ipotesi meno estreme. Se, per esempio, dovessi partire in aereo, il pensiero catastrofico mi porterebbe a pensare che potrei avere un incidente o che sicuramente subirà un ritardo. Attingendo a dati e informazioni certe, mi tranquillizzerei scoprendo che statisticamente il numero di incidenti aerei è davvero molto basso e potrei verificare sul sito della compagnia se il mio volo è in orario oppure no. Due: pensiamo alle conseguenze usando le parole giuste. Poniamo il caso che il volo sia davvero in ritardo… questo ritardo è davvero una catastrofe? O, usando altre parole, è soltanto una seccatura? Qual è la cosa peggiore che ne può derivare, da questo ritardo? Certo che in alcuni casi le conseguenze possono essere davvero serie, ma di solito si tratta solo di un fastidioso contrattempo. Tre: usiamo il pensiero laterale. Cioè si trasforma l’idea catastrofica in qualcosa di più realistico e quindi accettabile. Ok, il volo ha un ritardo di 6 ore… cosa faccio? Mi ascolto dentro, identifico le mie emozioni e solo dopo agisco. Se mi sento davvero molto delusa, o arrabbiata o addirittura addolorata è bene che me lo dica… non servirebbe a nulla fare finta che va tutto bene, perché non sarebbe vero. Ma è altrettanto inutile essere catastrofici, se non è vero. È bene essere realisti e anziché dire “il ritardo del volo mi ha rovinato la vacanza” potrei ammettere che “il ritardo del volo non mi permetterà di svolgere il programma della giornata, ma potrò tranquillamente proseguire per il resto della vacanza”.»

Se invece si parla di trauma, la domanda che viene spontanea è: come si fa a superare il malessere derivante da un trauma come quello di una pandemia?

«Costruendo la speranza, che è, insieme, una virtù, un sentimento, un atteggiamento. Qualcosa che si può cercare, coltivare, costruire, diffondere» chiarisce Ferreli. E nella pratica, si può fare seguendo dei consigli specifici: «Uno. Partendo da una buona educazione emotiva, che sta alla base dell’equilibrio psicofisico di ogni persona. Due. Riprendendo i rapporti sociali, ciascuno con i propri tempi. Abbiamo necessità di contatti umani! Cuciniamo insieme agli amici, usciamo insieme ai parenti, chiacchieriamo anche con gli sconosciuti… è arricchente! Tre. Avendo cura di sé… con una buona lettura (per esempio sul mito di Chirone, da cui Jung ha sviluppato proprio l’archetipo del guaritore ferito), un momento di relax ammirando un panorama o ascoltando della buona musica, volgendo l’attenzione dentro di noi, verso le mutazioni emotive che caratterizzano il nostro essere… osserviamo noi stessi e le nostre reazioni con curiosità, senza giudizio! Quattro. Curando la nostra spiritualità… in qualunque modo la concepiamo! Cinque. Chiedendo aiuto ad uno specialista qualificato, qualora ci si rendesse conto che da soli diventa ostico ottenere risultati apprezzabili. Ci meritiamo di stare bene ed è dovere di ciascuno attivarsi per riuscirci.»

«Immaginiamo che la serenità desiderata si trovi in cima ad una montagna: aria pulita, una brezza piacevole e tanta calma… immaginiamo che il modo più efficace per arrivare in cima sia costruire una scala di 100 gradini, possiamo costruirla pian piano, un gradino per volta, e questa scala si chiama speranza… costruiamo la scala e saremo in cima alla montagna: costruiamo la speranza e saremo sereni» conclude la dottoressa Ferreli. «Come diceva il grande Seneca: “Anche se il timore avrà sempre più argomenti, tu scegli sempre la speranza”.»

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Sandro Deplano, 30 anni, è l’assessore comunale del settore turistico di Ussassai. Da sempre crede intensamente nelle potenzialità del suo paese. Lo scorso anno, insieme a sua Madre Maddalena, suo padre Carmino e suo fratello Fabrizio, ha deciso di concretizzare un progetto ancora poco conosciuto in Ogliastra: l’Home Restaurant.

Il “ristorante in casa” apre il mercato della ristorazione a nuove possibilità, basate sulla condivisione e  sulla valorizzazione della tradizione culinaria ogliastrina. Lo scopo principale di “Sa Tanca” – l’Home Restaurant di Sandro – è far vivere agli ospiti la vita quotidiana ogliastrina, in un’atmosfera allegra e familiare. 

Vi raccontiamo del suo progetto e della sua storia.

 

 

 

L’Home Restaurant è un’attività non comune in Sardegna. Di cosa si tratta?

L’Home Restaurant non è altro che un ristorante a casa mia, nella mia cucina. C’è un grande tavolo al centro della stanza pronto ad accogliere quotidianamente amici, parenti e chiunque voglia provare quest’esperienza, circondato da pareti bianche decorate con antichi attrezzi da cucina e non, che ti danno la sensazione di viaggiare nel passato. Nella nostra cucina presentiamo prodotti culinari tipici dell’Ogliastra, ma soprattutto di Ussassai, realizzati da mia madre Maddalena. Si tratta di ricette tramandate da generazioni, create con prodotti provenienti dal nostro orto e da animali che vengono cresciuti ad Ussassai, lontani da allevamenti intensivi. 

Quando è nata l’idea di realizzare il progetto dell’Home Restaurant?

Quest’idea è nata nel 2019 e maturata durante il primo lock down. Ho scoperto questa nuova modalità di fare ristorazione navigando sul web. Ho trovato un progetto che potesse dare sfogo al mio bisogno di socializzare, largamente represso durante questo difficile periodo di pandemia. Il motivo che mi ha spinto a voler realizzare quest’attività, infatti, è la mia attitudine al conoscere persone nuove e farle sentire parte della nostra comunità. Ciò che rende la mia famiglia speciale è l’ospitalità, la capacità di far sentire gli altri a casa propria e di accogliere nel migliore dei modi possibili ogni persona che varca la nostra porta. Inoltre il nostro ristorante è perfetto per far conoscere i prodotti culinari, le tradizioni e la cultura ogliastrina.

La tua famiglia come ha reagito alla tua idea?

Inizialmente i componenti della mia famiglia erano tutti piuttosto scettici, non credevano che il progetto potesse avere successo. Ero, e sono tutt’oggi, convinto delle potenzialità di quest’attività e pieno di aspettative. Sono consapevole che i nostri prodotti culinari e le bellezze del nostro territorio non abbiano paragoni. Infatti non ho fatto nulla di diverso da quello che tutta la mia comunità fa usualmente: aprire le porte della propria casa a perfetti sconosciuti che per caso si trovano in vacanza per le vie di Ussassai. Alla prima prenotazione misi mia madre alle strette e organizzai la prima cena, che come mi aspettavo è stata un successo. 

Nonostante la tua esperienza con l’Home Restaurant sia recente, potresti affermare che questo tipo di attività possa avere successo in Ogliastra?

Io credo fortemente nelle potenzialità di questo progetto. Ho aperto le porte di casa mia per pochissimi mesi, ma posso comunque ritenermi soddisfatto. Sono stati tanti i turisti che si sono seduti al nostro tavolo e che hanno espresso giudizi positivi riguardo alla cucina e all’attività in generale: custodisco il registro delle recensioni gelosamente. Con tantissimi clienti, che ormai considero dei nuovi amici, sono tutt’oggi in contatto. Penso che la carta vincente dell’Home Restaurant siano i prodotti tipici sardi, ma soprattutto a chilometro zero.

Ci sono altre attività simili alla tua in Ogliastra o puoi considerarti un pioniere in questo settore?

Recentemente ho saputo di un Home Restaurant a Girasole. Penso che sia un’opportunità per crearsi un nuovo lavoro, che ti dia non solo tantissime soddisfazioni, ma soprattutto che possa incrementare il turismo ogliastrino.

Per via del Covid e considerate le restrizioni, hai mai pensato a nuove modalità o a come ti organizzerai per la fine della pandemia? 

Oltre alle restrizioni, con la pandemia è terminato il flusso di turisti in Ogliastra, come d’altronde in tutto il mondo. Purtroppo questa situazione ha messo a dura prova tutti, grandi e piccoli, non solo economicamente. Infatti ha eliminato quasi del tutto i rapporti sociali che sono alla base dell’Home Restaurant. Mi auguro di poter riniziare al più presto ad accogliere chiunque avrà il piacere di trascorrere del tempo insieme alla mia famiglia, assaggiare il nostro cibo e visitare le bellezze del mio paese, senza paura del contagio e della socializzazione.

 

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

 Due elicotteri leggeri, un Super Puma e un Canadair hanno preso il volo verso il nuorese per affrontare il terribile rogo divampato nel pomeriggio a Macomer e aiutare le squadre a terra.

L’incendio, alimentato anche dalle raffiche di vento, sta interessando la località di Tanca Manna, non lontano dalla zona industriale di Tossilo.

I mezzi aerei si stanno rifornendo d’acqua nel vicino lago Omodeo.

Sul posto, coordina le operazioni di spegnimento il D.O.S. (Direttore delle operazioni di spegnimento) appartenente alla pattuglia del Corpo forestale di Macomer. Sul campo anche le squadre di Forestas e i Vigili del fuoco di Macomer.

L’incendio ha percorso una area a bosco e pascolo alberato. Le operazioni di spegnimento si sono attualmente in conclusione.

 

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Alcune volte di foggia semplice, altre molto elaborata, impreziositi da piccole perline in pasta vitrea, facevano parte del corredo di ogni donna sarda. Lo “Spuligadentes” (o “isprugadentes”) era un ciondolo a forma di cuore o di stella con molte punte, dal quale si dipartivano esternamente due elementi ricurvi contrapposti, uno con l’estremità appuntita e l’altro con l’estremità a forma di paletta o di cucchiaino.

immagine tratta da "Gioielli" Fondazione Banco di Sardegna

immagine tratta da “Gioielli” Fondazione Banco di Sardegna

La prima estremità serviva per pulire i denti, proprio come uno stuzzicadenti, l’altra invece per la pulizia delle orecchie, come gli odierni cotton fioc. Questi ciondoli, possedevano anche un’altra funzione, quella di amuleti. Spesso infatti all’interno custodivano piccole reliquie o immagini religiose, inoltre il ciondolo veniva appeso a delle catenelle insieme a piccoli sonagli che servivano a tenere lontani gli spiriti maligni.

immagine tratta da "Gioielli" Fondazione Banco di Sardegna

immagine tratta da “Gioielli” Fondazione Banco di Sardegna

Altre volte tra le maglie delle catenelle, erano incastonati occhi di Santa Lucia notoriamente considerati un infallibile rimedio contro il malocchio. Con il tempo i ciondoli sono diventati sempre più elaborati fino a raffigurare animali come cervi, cavalli o anche insetti, ma col tempo hanno perso la loro funzione pratica per mantenere quella magico-prottetiva. Spesso questi ciondoli erano indossati anche dagli uomini e a introdurne l’uso in Sardegna sono stati gli spagnoli

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi