La ricetta di Vistanet. Non solo cibo: come fare in casa il liquore di mirto.

Per fare un buon liquore di mirto non occorre grandissima esperienza né manualità: importante è dosare bene gli ingredienti base e rispettare alla lettera le indicazioni. Il liquore ottenuto non deve diventare né troppo denso, né troppo liquido.

Cosa serve? Occorrono 600 grammi di bacche di mirto, facilmente reperibili, soprattutto d’inverno, 600 grammi di zucchero, 1 litro di alcol puro a 90° e 1 litro d’acqua.

Sistemate le bacche di mirto e l’alcol in un recipiente ermetico. Fate riposare il tutto in un posto buio e fresco per almeno 40 giorni, agitando di tanto in tanto il recipiente. Poi filtrate l’alcol, separandolo dalle bacche, che strizzerete, filtrandole a loro volta. Unite il succo delle bacche e l’alcol. Quindi preparate uno sciroppo facendo bollire l’acqua, nella quale farete sciogliere lo zucchero. Lo sciroppo così ottenuto verrà fatto raffreddare, per poi essere miscelatelo con l’alcol e il succo delle bacche. Filtrate di nuovo il tutto, imbottigliate e lasciate riposare il liquore così ottenuto per due mesi in un luogo fresco. Ogni tanto, in questo lasso di tempo, agitate la bottiglia.

 

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Gli insetti il cibo del futuro? I nuragici mangiavano le cavallette cotte nel vino, altro che ultima moda.

I nuragici erano agricoltori e allevatori, seguivano una dieta varia e ricca, consumavano insetti, cuocevano i maialetti allo spiedo, preparavano sa “pezza imbinara” e non si facevano mancare cozze e ostriche. E non si tratta di teorie, ma di certezze dimostrate scientificamente. Vediamo come si nutrivano gli uomini dei nuraghi con l’aiuto dell’archeologo Mauro Perra.

Nel corso degli anni, fin dai primi rinvenimenti di insediamenti nuragici, sono state formulate numerose teorie sulla civiltà nuragica, ma fino alla metà degli anni ’80 ci si è dovuti fermare appunto alle teorie. Successivamente il progresso tecnologico e in particolare la possibilità di analizzare il DNA dei reperti organici ha consentito agli studiosi di passare dall’archeologia tradizionale all’archeometria, cioè alla possibilità di esaminare i reperti scientificamente. Grazie all’archeometria, e partendo dal presupposto che noi siamo ciò che mangiamo, che la dieta di una civiltà ne definisce in qualche maniera l’identità culturale e soprattutto il livello di evoluzione, l’archeologo Mauro Perra, direttore del museo Su Mulinu di Villanovafranca ha condotto una approfondita ricerca sulla dieta del popolo dei nuraghi, che ha poi pubblicato in un libro dal titolo: ”Alla mensa dei nuragici, mangiare e bere al tempo dei nuraghi” edito da Delfino.

Prendendo in esame un arco temporale che va dal 16 esimo al nono secolo a.C., Perra ha studiato i reperti legati all’alimentazione ritrovati in diversi siti, ma in particolare quelli degli scavi del Nuraghe Arrubiu di Orroli. I nuragici aravano il terreno, sono stati infatti rinvenuti dei vomeri sia in pietra che in bronzo, per coltivare orzo, grano tenero e grano duro e, anche se in minor quantità anche farro. «purtroppo non siamo in grado di definire esattamente i cultivar del grano, perché i resti organici ritrovati sono carbonizzati e non è possibile ricostruire il DNA – spiega l’archeologo- però sappiamo che lo macinavano perché facevano il pane ed è probabile, ma di questo non abbiamo certezza, che alla farina di grano aggiungessero la farina di ghiande. Nelle zone dove si preparavano i pasti sono state trovate molte ghiande, è probabile che le consumassero, ma non sappiamo se le macinassero». I nuragici coltivavano anche i legumi, sono stati ritrovati infatti resti di favino, lenticchie, piselli e cicerchia “su piseddu” in sardo, un legume che in Sardegna si coltivava fino agli anni ’60.

Si nutrivano prevalentemente di frutti spontanei come fragole selvatiche, more e corbezzolo, consumavano sicuramente anche i fichi. C’è però un rinvenimento che la dice lunga sul livello di evoluzione dei nostri antenati: a Cabras sono stati ritrovati semi di melone. Il melone non cresce spontaneamente in Sardegna, non è endemico, segno che i nuragici lo coltivavano e che dovevano necessariamente averlo scambiato con persone provenienti da altre terre. Grazie a questi studi si è definitivamente smentita l’ipotesi che fossero stati i fenici a portare il vino in Sardegna. I primi resti di vino e di uve, rinvenuti nei nuraghi risalgono a un’epoca sicuramente anteriore all’avvento dei fenici. Il vino veniva utilizzato anche per cucinare. «In un vaso ritrovato nel nuraghe Arribiu, ma che proviene sicuramente da Isili – racconta Perra- sono stati ritrovati resti di cavallette, grilli e cicale cotti nel vino e possiamo affermare che la temperatura di cottura arrivava a 350 gradi».

Il popolo dei nuraghi seguiva una dieta varia, ricca anche di proteine, allevava bovini, suini e ovicaprini. «i bovini non venivano allevati per la carne, ma come animali da lavoro – spiega l’archeologo- perché sono stati ritrovati scheletri di esemplari anziani e con le ossa delle zampe deformate dallo sforzo cui erano sottoposti per arare il terreno. È probabile che li macellassero solo quando non erano più in grado di lavorare. Mentre sappiamo che mangiavano i maialini da latte e li cuocevano allo spiedo. A Barumini sono stati ritrovati una serie di fori in fila nel terreno che servivano per tenere verticali gli spiedi che venivano appunto inseriti nei fori». Gli ovini venivano allevati soprattutto per il latte che veniva lavorato, infatti sappiamo con certezza che i nuragici erano in grado di produrre diversi tipi di latticini. I nuragici praticavano anche la caccia e la pesca, cacciavano cervi e cinghiali, colombi e tordi e il prolago sardo, un roditore ormai estinto simile a un leprotto senza coda.

I nostri progenitori non si facevano mancare neanche il pesce, sono state ritrovate lische di orata di grandi dimensioni e sappiamo, dalle valve ritrovate, che nei nuraghi si mangiavano cozze e ostriche. E si può dedurre che ne fossero particolarmente ghiotti, visto che li consumavano anche nelle zone interne dell’Isola, evidentemente li andavano a prendere sulla costa. È dimostrato l’utilizzo dell’olio per cucinare, sono stati ritrovati resti di oli vegetali, ma non è dato sapere se si tratta di oleastro, olivo o lentischio. Perra spiega il motivo di questa incertezza: «abbiamo trovato una quantità modesta di noccioli di olive e non sappiamo se questo sia dovuto al fatto che non ne facessero un largo uso o se, visto che i noccioli sono un ottimo combustibile, li utilizzassero tutti per accendere il fuoco». Anche il grasso di maiale veniva utilizzato come grasso per cucinare, quello che in dialetto si chiama “oll’e procu”.

E se non abbiamo la prova che utilizzassero il sale per condire i cibi, è sicuro invece li dolcificassero. Il vino veniva dolcificato con le bacche di prugnolo. Ed è sicuro che nei nuraghi si conoscesse l’uso del miele e della cera d’api che veniva impiegata per impermeabilizzare l’interno dei vasi. Un cenno infine alla convivialità: «spesso i pasti travalicavano l’alimentarsi quotidiano, per dar luogo a incontri conviviali- conclude Perra- , in alcune capanne abbiamo rinvenuto dei resti che testimoniano di pasti ai quali prendevano parte anche 40 o 50 commensali. È probabile che fossero occasioni riservate all’elite di persone che ricoprivano ruoli di rilievo nella gerarchia sociale». Se è vero che siamo ciò che mangiamo, possiamo tranquillamente affermare che la gente che abitava i nuraghi era sana, saggia, creativa, evoluta e particolarmente golosa!

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

La Giunta Solinas, su proposta dell’assessore regionale dell’Igiene e Sanità e dell’Assistenza sociale, Mario Nieddu, ha approvato la linee guida per l’erogazione dei contributi a favore dei nuclei familiari residenti o che trasferiscono la propria residenza nei Comuni sardi con popolazione sotto i 3.000 abitanti. La misura consentirà alle famiglie, anche composte da un solo genitore, di ricevere un assegno mensile di 600 euro per il primo figlio nato, adottato o in affido pre-adozione nel 2022, e di 400 euro per ogni figlio successivo fino al compimento del quinto anno d’età. Per il 2022 ammontano a 7.098.600 euro le risorse destinate al bonus.

“Risorse vere e certe per combattere lo spopolamento. Con questo provvedimento aggiungiamo un tassello fondamentale nel quadro generale delle misure che la Regione sta mettendo in campo a contrasto dello spopolamento e per il rilancio dello sviluppo dei Comuni più piccoli. Un fenomeno, quello dello spopolamento, che colpisce in modo particolare le aree interne del nostro territorio”, dichiara il Presidente della Regione, Christian Solinas. “Arginare questo fenomeno – prosegue il Presidente – e invertire il segno dei flussi demografici costituisce per noi una priorità che, oggi più che mai, dopo oltre due anni di pandemia e alla luce degli attuali scenari economici, deve necessariamente passare dal sostegno alle famiglie”.

“Abbiamo lavorato scrupolosamente alla definizione dei criteri per l’erogazione dei contributi – dichiara l’assessore Nieddu – valutando attentamente ogni aspetto e questo oggi ci consente di destinare la misura alla più ampia platea possibile. Beneficiari delle risorse saranno i 275 Comuni della Sardegna sotto i tremila abitanti – secondo quanto rilevato al 31 dicembre 2020 – e le famiglie residenti, che potranno eventualmente cumulare il contributo con altre misure”.

Saranno gli stessi Comuni, a cui saranno trasferite le risorse, a pubblicare gli avvisi per l’erogazione del contributo.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Non tutti sanno che la regina Elisabetta II, sovrana del Regno Unito dal lontano 1952 e deceduta oggi all’età di 96 anni, visitò in passato, ancora molto giovane, la città di Cagliari. Era il 29 aprile 1961 e la regnante d’Oltremanica giunse nel capoluogo sardo per incontrare la Regina Madre.

Elisabetta II sbarca al Porto di Cagliari

Elisabetta II sbarca al Porto di Cagliari

Elisabetta Browes-Lyon – come racconta questo splendido cinegiornale dell’Istituto Luce pubblicato su Youtube da Ferdinando Secchi – si trovava infatti a Cagliari nell’ultima tappa del suo viaggio in crociera. Da Cagliari invece iniziarono le vacanze della figlia, Elisabetta II, ancora oggi sul trono di Londra.

Dopo una sfilata ufficiale in via Roma, Elisabetta si trasferì a Barumini dove, sorpresa da una flebile pioggia, ben più consona all’Inghilterra rispetto alla Sardegna, visitò lo splendido Nuraghe di Su Nuraxi.

Durante la visita a Cagliari Elisabetta II Windsor incontrò le più alte cariche politiche e militari della Sardegna e fu accolta dall’ambasciatore d’Inghilterra al Quirinale Sir Ashley Clarke. Dopo la tappa sarda visitò molte altre città italiane. Tra gli incontri più prestigiosi quello con il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi a Roma e quello con l’avvocato Giovanni Agnelli a Torino, dove la Regina visitò anche la fabbrica della Fiat.

 

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Tragedia sulla strada statale 129.

Un giovane di 22 anni di Bolotana ha perso la vita all’altezza del bivio per Silanus (Km 83,600), in uno scontro frontale fra due veicoli.

Il ragazzo stava viaggiando a bordo della sua auto, una Ford Fiesta, quando per cause da accertare è andato a scontrarsi contro un furgone.

Ad avere la peggio è stato proprio il giovane automobilista, illeso il conducente del furgone.

Sul posto la squadra dei Vigili del Fuoco di Macomer, 118 e Carabinieri.

Al momento la strada risulta interdetta alla circolazione stradale.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Gianfranco Zola ha pubblicato un messaggio di cordoglio per la morte della regina Elisabetta II.

Il fuoriclasse di Oliena è l’unico calciatore italiano ad aver ricevuto nel 2004 il titolo di “sir”, baronetto. Un’investitura molto prestigiosa e riservata a pochissimi, arrivata proprio durante il regno di Elisabetta.

“Riposa in pace, sua Maestà – scrive Zola in inglese -. Averla incontrata a Roma è stato uno dei più grandi privilegi della mia vita”.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Sono stati avviati i lavori per la sistemazione della piazza lato e fronte di via Maxia, a Gairo Sant’Elena.

 

L’intervento prevede la sistemazione/adeguamento dell’area e della viabilità circostante.

 

Ultimati questi interventi, subito dopo la festa di Buoncammino che terminerà il 19 settembre, si interverrà nella piazza principale del paese.

 

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

La Giunta della Sardegna perde un assessore.

Si è dimesso oggi il responsabile dei Trasporti Giorgio Todde che ha lasciato anche la Lega, che l’aveva indicato per il ruolo nell’esecutivo guidato da Christian Solinas.

Come riporta Ansa, sarebbero proprio le dinamiche interne al Carroccio che hanno portato Todde alla decisione comunicata al presidente della Regione.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Nella Villagrande di metà Ottocento, benché ci fosse molta miseria, la gente era abbastanza serena, si viveva in comunità e ci si aiutava l’un l’altro.

I ragazzi lavoravano sin dalla tenera età, non era inusuale che un ragazzino a sei anni si occupasse del bestiame o dei campi. Se faceva il servo pastore, spesso riceveva come stipendio un paio di scarpe – nemmeno confortevoli poiché fatte con quella che in sardo si chiama “pedde crua”– e non sempre le due scarpe erano uguali: se lavorava per due pastori, ognuno dei due ne forniva una fatta da un diverso calzolaio.

Le donne si occupavano, oltre che delle faccende di casa, anche di altre mansioni. Lavoravano la terra e spesso tessevano. Non sempre i bambini potevano andare a scuola, generalmente pochi erano quelli che potevano frequentarla regolarmente. Spesso le famiglie, allora molto numerose, venivano decimate dalle malattie. Ad esempio, nell’epidemia di vaiolo del 1885-1895 morirono centinaia di persone.

Per quanto riguarda il cibo, veniva usata molto la farina d’orzo con la quale si facevano due tipi di pane, il “pistoccu de orgiu” e il “civargiu”. La carne si mangiava prevalentemente per le feste mentre abbondavano, nelle tavole dei villagrandesi di metà Ottocento, fagioli e fave con lardo.

Il vino si beveva, sì, ma più che altro nelle famiglie che possedevano una vigna. Il caffè si faceva ma non con la macchinetta, premendo un pulsante… Il procedimento era molto meno veloce, inoltre il caffè era fatto con le ghiande o con l’orzo abbrustolito. Niente fornelli a induzione o piani cottura extramoderni, le pentole venivano messe a bollire nel fuoco con il treppiede. Non esistevano i materassi che si adattano al corpo, fatti con materiali ottimi per la schiena. Allora, il materasso era fatto di stuoie, foglie secche. Il pregio? Non era ingombrante, si avvolgeva facilmente e si poteva ritirare in poco tempo.

Per lunghi viaggi si usava il treno a vapore, le notizie arrivavano da chi viaggiava – niente social o siti internet vari – e, poiché in Sardegna le notizie arrivavano per mezzo dei piroscafi, forse non erano molto fresche. A Villagrande c’era il Municipio, l’ufficio postale e quello delle imposte.

Nelle case c’erano le candele a petrolio e a olio.

Fonte: “VILLAGRANDE STRISAILI tra storia e leggenda” di Antonio Cannas e Assunta Rubiu, 1977.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Tra il 4 e l’8 settembre si svolgerà in Ogliastra, nei paesi facenti parte della Blue Zone Sarda, lo shooting fotografico del maestro Oliviero Toscani che per l’occasione andrà di casa in casa nei Comuni di Arzana, Baunei, Perdasdefogu, Villagrande, Talana e Urzulei, a fotografare i centenari e gli ultranovantenni dentro le proprie mura domestiche.

Il creatore del progetto Razza Umana – Human Race, uno dei fotografi più innovativi di sempre a metà strada tra arte, moda e comunicazione ha accolto di buon grado l’invito del regista Pietro Mereu presidente dell’Associazione Culturale Mater Dea , affiancato dalla vicepresidente Ludovica Piras, per fotografare i centenari di una della cinque Blue Zone con il record mondiale di longevità.

“Cento, cento anni! un miraggio che però mette anche una certa paura, pur essendo il sogno di tutti arrivare a questa età.
I centenari mi incutono un senso di quiete, forse perché dimostrano di non voler ottenere di più dalla vita di ciò che hanno già avuto.
Stranamente trovo che si assomigliano fra loro, mi danno l’impressione di appartenere a una comunità di extraterrestri, hanno un’ aria mista di passato di futuro. Sono sicuramente degli esseri umani molto affascinanti” afferma il fotografo Oliviero Toscani.

Il progetto fotografico si avvale del patrocinio dei comuni della Blue Zone d’Ogliastra: Arzana, Baunei, Perdasdefogu, Talana, Urzulei e Villagrande Strisaili e del sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission.

“Sono tanti i fotografi che si sono cimentati nel ritrarre i centenari sardi, ma io ho sempre pensato che ci volesse un progetto comune e un grande maestro che li ritraesse. È così che ho voluto contattare Toscani. Lui ha sposato subito il progetto raccontandomi che in uno dei suoi primi lavori aveva ritratto ad Arles la donna più vecchia del mondo Jeanne Calment, vissuta fino a 122 anni, che da bambina puliva i pennelli di Van Gogh.” Afferma Mereu.

Le foto del maestro verranno stampate in delle gigantografie e posizionate nei vari comuni della Blue Zone di appartenenza dei centenari in una mostra permanente. Un regalo per le comunità e in memoria delle proprie radici.

“ In anteprima vi dico che stiamo già lavorando per portare l’intera mostra con tutte le foto riunite in una location molto prestigiosa di Roma prevista per marzo 2023.” Spiega Pietro Mereu.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis