La Carapigna, l’antenato del sorbetto in un testo dell’esperto e docente di gastronomia sarda Giovanni Fancello. Si tratta di un prodotto tradizionale dalle antiche origini, tipico delle zone interne della Sardegna, in particolare Aritzo. Si presenta come un un sorbetto al limone, di colore bianchissimo e dalla caratteristica consistenza simile a quella della neve fresca.
Consumare bevande fresche come succhi di frutta, miele o latte sono una conoscenza alimentare che troviamo già nell’Antico Testamento. I Romani utilizzavano la neve, dolcificata col mosto d’uva concentrato o miele, per preparare bevande fresche.
Furono gli Arabi poi a portare la conoscenza della canna da zucchero, da utilizzare al posto del miele. Con lo zucchero, sciolto nell’acqua, era più facile ottenere sciroppi.
È nei testi di medicina antica, come il Canone di Avicenna (XI secolo), che si ritrova una pietanza preparata con succo di limone, un po’ di cinnamomo, mandorle e zucchero, utilizzata per confortare lo stomaco. Il limone quindi, con zucchero, al posto del miele e mosto.
In Sardegna è ancora viva la preparazione di una pietanza che richiama le bevande fredde del mondo antico preparate con uno sciroppo di limone e zucchero chiamata “carapigna”. L’origine del termine Carapigna è controverso, qualcuno ipotizza possa essere originario del tardo latino volgare carpiniare, da carpere – prendere, rapprendere.
Fino a poco tempo fa in Sardegna sa carapigna si riteneva un prodotto tradizionale di Aritzo, per via della presenza di centri di in cui veniva raccolta e commercializzata la neve. Oggi è prodotta principalmente da famiglie originarie del paese, ma trasferitesi nel Campidano. I Carapigneris ancora in attività sono pochissimi, tra i quali il giovane Sebastiano Pranteddu, originario di Aritzo, che esercita a Tuili.
Sa Carapigna di Sardegna, tecnicamente, appartiene alla classificazione dei sorbetti, essendo formata da un amalgama di acqua zuccherata, aromatizzata e ghiacciata. La tecnologia utilizzata consiste nel refrigerare un composto a base di acqua, zucchero e aromi utilizzando una miscela di ghiaccio e sale.
Si usa ancor oggi una sorbettiera manuale. La carapigna sarda, si differenzia dalle altre composizioni ghiacciate perché non ha il ghiaccio come ingrediente, anche se nella evoluzione si potrebbe essere passati dalla versione di granita a quella raffinata del sorbetto per mezzo dell’utilizzo de su Barrile che serve per contenere sa carapignera, circondata complessivamente da ghiaccio e sale.
Noti e importanti autori sardi, assimilano la preparazione sarda al sorbetto: Il canonico Giovanni Spano nel suo vocabolario alla voce “Carapigna” lo traduce: sorbetto, gelato; anche Giovanni Maria Cabras nel suo vocabolario “Sardu-Baroniesu, Baroniesu-Sardu”. alla voce “carapinna”, la traduce come :“sorbetto”, facendo derivare il termine dallo spagnolo garapina e dal catalano garapinya; Max Leopold Wagner, nel suo vocabolario etimologico traduce “Carapigna”, come sorbetto.
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