Mattinata di lavoro a Jerzu, alla presenza del presidente del CAI (Club Alpino Italiano) – sezione di Nuoro, Tonino Ladu e del componente il direttivo, Carlo Melis, per definire alcuni dettagli riguardanti il “tratto jerzese” del Sentiero Italia.

“Siamo orgogliosi che il territorio di Jerzu sia attraversato in uno dei tratti più suggestivi, e incommensurabilmente belli, dal tracciato escursionistico del Sentiero Italia che collega, attraverso i suoi oltre 7000 km, tutte le regioni italiane, con il fascino, la bellezza e le tradizioni dei loro territori interni” riporta una nota dell’Amministrazione comunale.

Indicativamente, il “tratto jerzese” del sentiero Italia inizia nei pressi di “Bau arena”, prosegue lungo la vecchia strada ferrata, transita per “Porcu ‘e ludu”, prosegue per un tratto da cui è possibile ammirare la bellezza di “ Monte Troiscu” e “Monte Lumburau”, interseca la provinciale nei pressi di “Erriu Pèssiu” da cui ci si incammina fino a giungere ai piedi la vedetta Mamutera che, abbarbicata su un tacco calcareo, domina un paesaggio unico dalla bellezza mozzafiato dove la visuale a 360° domina incontrastata per via della notevole altezza superiore a qualunque altra vetta circostante e che permette di spaziare da nord a sud, da ovest a est dove lo sguardo raggiunge la costa orientale sino al mare. Attraversando Mamutera si arriva al posto del cuore e dell’anima, per gli jerzesi: Sant’Antonio, dove, tra l’altro, il Rifugio d’Ogliastra è classificato come punto accoglienza CAI del Sentiero Italia. Da Sant’Antonio, infine, si giunge, ammirando, sullo sondo, la maestosità di punta Corongiu e “Gedili”, al sentiero che da “Serra longa” arriva nei pressi del parco eolico.

La Rete escursionistica in generale rappresenta un’infrastruttura fondamentale per la fruizione turistica sostenibile nel nostro territorio. Il Sentiero Italia Cai, in particolare, si identifica anche nella segnaletica che lo traccia, uniformata da cartelli segnavia colorati di rosso-bianco-rosso.

Tutto ciò avverrà anche con l’indispensabile collaborazione dell’Agenzia Forestas, individuata in Sardegna quale soggetto pubblico gestore della Rete Escursionistica Sarda (R.E.S.) e della Rete Ippoviaria della Sardegna (R.I.S.). Forestas presidia i processi di accatastamento, verifica, sviluppo e manutenzione per la migliore gestione dei percorsi, migliorandone la sicurezza e la qualità escursionistica, assegnando ad ogni tracciato una tipologia di fruizione principale (trekking, hiking, Mountain Bike) e provvedendo al monitoraggio dei flussi di turismo attivo.

Nel farlo, l’Agenzia regionale si avvarrà di collaborazioni anche con il Soccorso Alpino, le guide escursionistiche, i GAL, gli operatori e le associazioni locali impegnate nel settore del turismo attivo.
Un altro passo per continuare a raccontare e promuovere la straordinaria bellezza e unicità del territorio.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Lo sapevate? Perché i nuragici costruivano i templi a pozzo?

Luoghi di culto spesso allestiti in siti mistici e ricchi di fascino paesaggistico, dove poter celebrare al meglio il paganesimo nuragico. Scopriamo insieme che cosa rappresentavano per gli antichi Sardi i templi a pozzo e le fonti nuragiche, alcune delle quali si conservano ancora in tutto il loro splendore nella nostra Isola.

La civiltà nuragica si sviluppò in Sardegna lungo un arco cronologico di circa mille anni dando vita a una struttura sociale molto articolata, basata su una classe dirigente fatta di capi guerrieri e sacerdoti e di lavoratori. Una società all’interno della quale svolgeva un ruolo fondamentale la donna.

Oltre al nuraghe, edifici che rappresenta al meglio la civiltà nuragica, altri edifici tipici degli antichi Sardi sono le fonti e i pozzi sacri, strutture religiose realizzati nel Bronzo Recente e Finale, dal XIII secolo a.C., per celebrare riti nei quali la presenza dell’acqua era fondamentale. L’acqua come simbolo di nascita, fertilità rinascita e purificazione. L’elemento femminile religioso che ritorna, proprio come accadeva nella preistoria sarda, dove il binomio sole/toro e luna/terra rappresentavano l’aspetto maschile e quello femminile della spiritualità.

La struttura architettonica dei pozzi e della fonti sacre da semplice diventa nei secoli sempre più elaborata e raffinata. La maestria raggiunta dai nuragici è evidente nel calcolo delle proporzioni e nella tecnica di lavorazione dei conci. Si trattava di un lavoro svolto da scalpellini provetti. Insieme ai templi a megaron testimoniano il profondo senso del sacro durante la Civiltà Nuragica. La forma dell’edificio s’ispira agli stessi principi architettonici dei nuraghi di
ultima generazione, quelli a tholos con corridoi e ingressi a ogiva. Intorno a una sorgente viene costruito l’edificio. Nei templi a pozzo il disegno costruttivo è composto da tre parti essenziali: atrio, scalinata coperta da un solaio di architravi digradanti seguendo il procedere dei gradini verso il basso e cupola circolare a tholos composta da filari aggettanti. Nella parte superiore veniva realizzato un edificio a pianta rettangolare coperto con un tetto a doppio spiovente. Intorno al pozzo si nota il temenos, un recinto sacro. Nei muri perimetrali, nelle pareti della scalinata e sul fondo, si deponevano le offerte e gli oggetti di culto, i famosi bronzetti, che tanto raccontano della vita sociale nuragica.


Nelle fonti sacre, non esiste la scalinata e l’acqua sgorga in prossimità del piano di calpestio, è presente comunque un piccolo ambiente architravato delimitato da lastre di pietra lavorate finemente che contengono il pozzetto, a volte dotato di vasca poggiata sul fondo. Questi luoghi erano meta di pellegrinaggio, qui si celebravano infatti cerimonie pubbliche, e talvolta attorno al tempio, venivano costruite altre capanne ed edifici di servizio (taverne, luoghi di assemblea e riposo, botteghe, mercati, spazi per gli spettacoli) che formavano dei veri e propri santuari.
I riti erano legati alla fertilità delle donne, della terra e del bestiame, ai cicli della luna e del sole (e probabilmente anche a quelli degli astri) e alla reale forza generatrice dell’acqua che incideva su coltivazioni, raccolti e aveva, in una economia agro-pastorale, come quella nuragica, una grande importanza per il bestiame e la vita di tutti i giorni, in genere.

Alcuni scrittori di età classica riferiscono come in Sardegna, con le acque di alcune fonti, si praticasse l’ordalia, una sorta di giudizio divino: gli accusati di furto, bagnati con tali acque, se colpevoli divenivano ciechi mentre gli innocenti, al contrario, miglioravano la propria vista.

Tra i pozzi sacri più importanti meritano sicuramente una visita quello di Santa Cristina a Paulilatino, il pozzo sacro di Sa Testa a Olbia, Matzanni a Villacidro, Predio Canopoli a Perfugas, Sant’Anastasia a Sardara e quello del santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri.


Tra le fonti sacre, bellissima quella di Su Tempiesu a Orune, Gremanu a Fonni, la fonte sacra di Niedda a Perfugas, quella di Noddule a Nuoro, Rebeccu a Bonorva e Sa Mitza de Nieddinu a Guspini.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Sabato 22 e domenica 23 ottobre nella suggestiva cornice del centro storico di Ussassai si rinnova l’appuntamento con la “Sagra della Mela”, giunto alla sua ventiquattresima edizione. L’evento è organizzato dal Comune di Ussassai.

Come sempre le protagoniste della Sagra saranno le famose e gustosissime mele dei frutteti locali, nelle varietà: “Trempa Orrubia”, “Mela Ferru”, “Melapira”, “Mel’Ogliu” e “Mela Lidongia”.

Attorno a queste autentiche bontà il Comune ha allestito un ricco e interessante programma di iniziative, con musica, concerti, convegni, mostre e tanta animazione culturale.

L’edizione 2022 della Sagra della Mela ha un appuntamento musicale di primo piano, sabato sera, con un grande concerto dei “Tazenda”.

Nelle due giornate di sabato e domenica le antiche case e “magazzini” del centro storico del paese saranno aperti e accoglieranno i turisti che potranno non solo degustare e acquistare le mele, ma anche le squisite bontà dell’antica tradizione enogastronomica locale, come: “coccois prenas” (focaccine ripiene di patate e vari condimenti), “culurgionis cum meccuda” (menta), “su strippiddi” (civargius con zucche ed erbe varie), “pan’e saba”, “piricchittus”, ecc. Inoltre sarà anche possibile visitare vari laboratori artigianali.

La rassegna parte nella mattinata di sabato 22 ottobre, alle ore 10.30, con l’inaugurazione della Sagra e l’apertura degli stand, magazzini e punti di degustazione dei prodotti tipici locali. Sempre alle 10.30 si terrà il convegno “Riappropriarsi del territorio: cibo, biodiversità, turismo lento”, presso la Sala del Centro Polivalente di “Cobingiu”. Dopo i saluti delle Autorità sono previsti i seguenti interventi: Martino Muntoni (Servizio Ricerca nelle filiere olivicolo-olearia e viti- enologica – Agris Sardegna), Ponziana Ledda (Direttrice della Fondazione Cammino Santa
Barbara), Margherita Concas (Presidente comitato biodiversità Nebidedda di Villacidro), Fabio Parascandolo e Maurizio Fadda (autori del libro “Il nostro cibo. Per la sovranità alimentare della Sardegna”). I lavori del convegno, organizzato in collaborazione con il Comitato Biodiversità “Mela de Ussassa”, saranno moderati dalla giornalista Antonella A.G. Loi.

Nell’intera giornata di sabato è prevista anche l’apertura del Mercato “Campagna Amica” della Coldiretti di Nuoro – Ogliastra, che sarà presente con gli stand di varie aziende associate. Il pomeriggio, dalle ore 15.30, sarà allietato nelle strade del centro storico, ricche di stand e magazzini tipici, dalle musiche tradizionali della formazione de “Su Cunzertu Antigu”. La serata continuerà con l’attesissimo concerto del gruppo dei “Tazenda”, grande attrazione di questa edizione della Sagra, che si esibiranno dalle ore 21.30 nel campetto di “Cobingiu”.

Il programma di domenica 23 ottobre, inizia alle ore 10.00 con l’apertura nel centro storico degli stand, magazzini e punti di degustazione dei prodotti tipici locali. La giornata, mattina e pomeriggio, sarà animata dalle musiche etniche itineranti del gruppo “Duo Brinca”. Spazio anche all’animazione per bambini con “Debby&Francesco”. Nel pomeriggio, alle ore 15.30, è prevista la sfilata con le esibizioni delle antiche maschere della tradizione arcaica de’ “S’Urtzu ‘e sa Mamulada” di Seui. Alle ore 20 la chiusura della Sagra.

Mostre:
Nelle due giornate sarà possibile visitare la “Mostra dell’Apicoltura e il mondo delle Api”, curata dall’Associazione Apicoltori Produttori della Sardegna “Il Bugno” di Ottana. Si tratta di una collezione privata di attrezzature antiche e moderne che documenta l’evoluzione tecnica dell’apicoltura. Arnie da osservazione per vedere le api al lavoro, ma anche bugni, smielatori, torchi, libri e riviste specializzate.

Sarà anche possibile visitare l’interessante Museo Etnografico e la Pinacoteca comunale (accanto alla piazza San Lorenzo). La grande Casa padronale appartenuta alla famiglia Begliuti, che tra l’altro custodisce una collezione di preziosissime opere dell’artista ulassese Maria Lai.

Da vedere anche la casa museo privata “S’Omu de’ Nannau Vittoriu”, in via Nazionale 56. Una tipica vecchia casa ussassese di tre piani, dove sono esposti numerosi antichi attrezzi di lavoro, arredi e capi di abbigliamento tradizionali locali.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Non solo pappagallini, ma anche pitoni reali maestosi, gechi con occhi magnetici, tarantole più o meno enormi, rane dai colori sgargianti, lumache africane, sauri d’ogni genere e chi più ne ha ne metta: se prima gli amici a quattro zampe erano cani e gatti e il massimo della trasgressione era il coniglietto nano o le cocorite multicolor, adesso il mercato è cambiato e sempre più persone decidono di prendersi cura di animali esotici particolari, spesso osservati dalla stragrande maggioranza della popolazione con espressione incerta e chiamati “strani” – che poi si definisca il concetto di stranezza, please.

Antonio Fenuccio, titolare del negozio di animali esotici Piccole Prede a Cagliari, ci apre le porte del suo regno per spiegarci appieno tutti i segreti di quella che è una passione in crescita tra le persone d’ogni dove.

«Negli ultimi anni la tendenza ad acquistare animali esotici che andassero oltre pitoni e iguane ha preso piede, accogliendo altri generi meno conosciuti, come vari tipi di geco» spiega Fenuccio. «Tra i più quotati sicuramente ci sono gli eublepharis macularius, conosciuti con il nome di geco leopardino, dall’aspetto molto simpatico e di svariate tonalità di colori. Tra gli anfibi più ricercati e curiosi abbiamo gli ambystoma mexicanum o più comunemente axolotl, salamandre molto particolari in grado di rigenerare arti e in grado di riprodursi pur essendo neotenici, per continuare con vari tipi di artropodi molto richiesti tra cui mantidi, insetti stecco, millepiedi, isopodi – i nostri spazzini del mondo –, centipedi, blatte, lumache giganti e tanti altri animali non convenzionali.»

Sì, insomma, nel suo angolo di mondo si trova un pochino di tutto e per gli appassionati di terraristica e acquariologia è un vero paradiso. Fenuccio, nel suo piccolo, prova a far conoscere i suoi animali nell’Isola tramite i social e partecipando a fiere ed eventi vari.

«Vengono accolti con stupore e curiosità.»

Be’, è dura sradicare convinzioni e paure – ad esempio per gechi e serpenti o per gli insetti come blatte, cavallette, grilli e larve – radicate da anni nella società ma ammette che, con il tempo e le informazioni giuste, si può cambiare idea: «Spesso proprio chi non ne vuole sapere si ritrova a dover allevare questi animali acquistati magari dal figlio o dai rispettivi compagni e a preoccuparsi più degli stessi proprietari del loro stato di salute e mantenimento. Soprattutto le mamme, cuore di mamma,» scherza «si preoccupano che mangino regolarmente, esattamente come fanno con i figli, e si ritrovano a dover comprare e gestire gli insetti da pasto con quell’aria di terrore che piano piano devono superare per il bene del nuovo membro della famiglia.»

I social e lo scintillante mondo del web dà una grossa mano alla conoscenza di queste specie, continua il cagliaritano: scoprire come gestire al meglio un animale esotico è semplice, in questi tempi 2.0.

Anche perché – regola tassativa – non ci si può improvvisare, pena la morte e la sofferenza di un essere vivente.

«La gestione di questi animali necessita comunque di una conoscenza approfondita dei loro parametri ambientali e delle loro abitudini» specifica infatti Fenuccio. «Si cercherà di avvicinarsi il più possibile alle loro esigenze con l’utilizzo di attrezzature adeguate alla varie specie, lampade UVB in grado di simulare le radiazioni solari, tappetini riscaldanti, nebulizzatori etc. L’obiettivo è cercare di far stare l’animale nel migliore dei modi, da qui la tendenza alla creazione di terrari bioattivi, ove possibile.»

Insomma, una casa che sia per gli esotici quanto più vicina alla realtà, seppur con la mancanza dei pericoli che in natura correrebbero.

«Noto con piacere che i ragazzi dai 7-8 anni in su si avvicinano agli animali con dedizione, cercando informazioni in rete sulla loro gestione, oppure – ancora meglio – comprando un libro.»

Ma, ahimè, c’è il rovescio della medaglia: «Qualcuno utilizza questi animali come trofei da mostrare ad amici e non, come se avere un rettile o qualsivoglia animale non convenzionale desse un attributo in più al suo proprietario.»

O anche l’allevamento sconsiderato. Non basta avere due gechi o due serpenti, ci spiega l’esperto, per potersi ritenere “allevatore”: in questo modo improvvisato non solo si rischia di combinare un mucchio di guai, ma anche di sminuire il lavoro di professionisti che si dedicano a questo da anni e anni – in certi casi persino decenni.

«La proposta di legge includeva troppe restrizioni per poter essere messa in vigore ma è stata però utile nel far venire alla luce gli ormai innumerevoli appassionati di animali esotici che si sono organizzati, insieme ad associazioni già presenti nel settore, per esprimere tramite raccolte firme o nei vari social il loro dissenso» dice a proposito della proposta di legge che ha fatto tremare tutti gli amanti di esotici. «Si è riuscito a trarre da una situazione apparentemente negativa un qualcosa di positivo.»

Ci saranno restrizioni, è vero, ma ancora non si sa esattamente nulla di preciso sulla questione: «Penso sia giusto che chi si dedica all’allevamento di qualsiasi specie lo faccia seguendo delle regole di detenzione e cessione,» aggiunge, categorico «tenendo un registro degli animali nati, così come fanno tanti allevatori già adesso per le specie in CITES.»

Le regole d’oro? Due.

Informarsi a mille sulle necessità dell’animale che deteniamo e rispettarlo nelle sue esigenze di tranquillità.

«Nel caso della maggior parte di rettili, anfibi o artropodi dovremmo evitare di stressare l’animale in continuazione aprendo il suo terrario, cercare di prenderlo per le varie foto o per controllarlo tutti i giorni nel dettaglio. La manipolazione e la nostra presenza dovrà limitarsi all’indispensabile, quindi pulizia del terrario e somministrazione di cibo e acqua. L’essere continuamente manipolato e catturato dal suo habitat potrebbe in alcuni casi stressare l’animale e non farlo sentire al sicuro in quello che per lui è uno spazio vitale. Noi dovremmo essere semplicemente spettatori del suo stile di vita, avere la soddisfazione di farlo crescere bene e in salute. Paragonerei tutto ciò con il piacere di avere un acquario: non possiamo coccolare o stressare in continuazione i nostri pesci, possiamo però ammirare i loro colori e il loro comportamento. Addirittura» aggiunge, con un sorriso «interagire con loro, anche se in genere è solo opportunismo perché i pesci memorizzano soprattutto il momento del cibo… ma ci accontentiamo anche di questo!»

Non sono un gadget, un trofeo, ma animali vivi e sono i proprietari a doversi assumere la responsabilità della loro salute: Fenuccio è perentorio.

«Cerco di svolgere il mio lavoro nel miglior modo possibile, spiego a tutti i miei clienti quali sono i pro e i contro dell’acquisto dei vari animali e quali chiaramente sono le loro effettive esigenze in modo da dare ad ognuno una visione più consapevole dell’impegno a cui andranno incontro per avere un’esperienza positiva nella detenzione, senza sorprese.»

Ma cosa vuol dire gestire un negozio di animali oggi? «C’è tanto lavoro, ma è quello che ci piace fare. Si resta affascinati dalle diversità di specie, dai loro colori e del loro comportamento, ognuno ha delle particolarità da cui noi poi cerchiamo di carpire i segreti per usarli a nostro vantaggio. Abbiamo tantissimo da imparare dalla natura, motivo per cui dovremmo rispettarla!»

E tempo libero? Be’, non si hanno certo orari d’ufficio.

«Non ho chiaramente giorni liberi o orari precisi, si deve essere presenti sempre, si dà il cibo a tutti, si controllano i vari strumenti come riscaldatori, lampade, filtri, gabbie, acquari e così via: in questo modo passano circa due ore alle quali non puoi mancare mai, neanche a Natale, Capodanno e tutte le altre feste» conclude. «In più si deve essere presenti anche per i clienti perché per loro sei un punto di riferimento… per me sono ormai amici che condividono la mia passione quindi, dove possibile, cerco di aiutarli, capendo l’apprensione per la nuova esperienza. Tutto questo sacrificio viene ripagato dai complimenti ricevuti, dai vari feedback e da chi mi rende partecipe, con foto e racconti, della crescita del loro nuovo amico.»

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

La Sardegna ci affascina spesso, per le sue bellezze naturali, per la sua cultura affascinante e per la sua storia che si perde fino alla preistoria e che talvolta rimanda al mito. Di certo la Sardegna è unica nel suo genere, un mondo speciale e particolare che dovrebbe aprirsi e condividere le sua bellezza.

La bellezza delle spiagge, dei suoi paesaggi, delle nostre tradizioni, della nostra cultura. La bellezza di un abito sardo, simbolo e segno di una storia passata che impreziosisce una processione o un corteo di festa… La bellezza de “sas prendas”, ovvero i gioielli sardi che ogni donna sarda esibisce con orgoglio, quasi a testimoniare l’appartenenza alla propria terra. Ogni donna ne custodisce con cura almeno uno, una fede, un ciondolo, degli orecchini, una spilla. Ognuno di essi porta un suo significato a metà tra leggenda e realtà. Secondo la tradizione, furono le Janas, le antiche fate sarde, all’interno delle loro abitazioni, le “domus de janas”, a tessere come tessuti i fili d’oro e d’argento fino a creare dei particolari gioielli.

Questi ultimi erano considerati un tramite tra l’uomo e gli dei e servivano per invocarne la protezione e scacciare le forze negative. Una pietra in ossidiana incastonata nell’argento aveva lo scopo di proteggere dal malocchio. Pensiamo all’antico amuleto sardo denominato “su coccu”, “kokku” o “sabegia”: l’antica pietra in ossidiana, corallo o onice, sempre incastonata in “prata” (argento), serviva per assorbire “s’ogumalu” (il malocchio) ed evitare che quest’ultimo colpisse la persona. La sua funzione cessava quando le due coppe in argento si staccavano dalla pietra: questo significava che la pietra era “satura” di maledizioni e occorreva cambiarla con un’altra nuova e pura. Anticamente questo gioiello veniva regalato alle donne in attesa, alle spose o alle giovani che diventavano adulte come augurio di buona fortuna. In passato era usanza incastonare su kokku in una spilla che veniva poi appuntata nelle culle dei neonati. Col passare degli anni su kokku ha assunto una funzione ornamentale. Oggi è presente negli orecchini, nei bracciali, nelle catenine d’argento.

Meno legate rispetto agli anelli a significati simbolici ed anche allo stato sociale, erano le spille sarde che erano tantissime e possedevano delle caratteristiche specifiche: decorative o con una funzionalità specifica. Non esistevano quindi solo le spille da mettere sulla camicia del costume, ma anche quelle per tenere i veli e i fazzoletti sul capo oppure le spille da mettere sul grembiule del costume. In alcune località servivano anche per tenere i rosari molto lunghi. Ovviamente la loro funzionalità influenzava anche le loro caratteristiche.

I bottoni venivano usati sia come spille che come gemelli. Le spille ornamentali, realizzate in filigrana con incastonati smalti o pietre, avevano caratteristiche che si ispiravano alla natura: fiori simili a stelle, foglie dalle forme sinuose, piante simili a pizzi e uccelli che sembravano dei cuori sdraiati. Caratteristica dell’Ogliastra è la “spilla lustrino a palma” che veniva usata per fermare lo scialle o il fazzoletto. Si chiama in questo modo perché le parti opache fanno risaltare le altre gialle e lucide.

Le spille appuntate sulla camicia, nel petto, si chiamano genericamente “bròscia” (dal francese broche). Fra di esse ve n’è una simbolo delle dominazioni straniere. La spilla si chiama borbonica ed era in oro di forma lunga e stretta con due pietre sui lati lunghi ed una al centro.

Più estraneo alla tradizione sarda più antica è l’orecchino. Tipici di Tortolì e di Jerzu sono “s’arreccas”, gli orecchini con scaramazze o con un pendente di corallo. Anche i pendenti sono di origine spagnola. Tipico di Tortolì, di Tertenia, di Jerzu e di Lanusei è “su medaglioni”, un medaglione appeso al collo con un vellutino o catenina d’oro.

Fra gli altri accessori dell’abbigliamento ricordiamo la fede sarda che secondo la tradizione, veniva creata dalle Janas per essere donata ad una donna che la indossava poi nell’anulare su cui passa la “vena amoris”, la vena che porta direttamente al cuore.

Fra gli accessori dell’abbigliamento diffusi in Ogliastra, ci sono i ganci d’argento chiamati “gancios de frenu” che completano il costume femminile di Villagrande Strisaili.

L’argomento è vasto e potrebbe essere ampliato e approfondito ancora, d’altronde come tutte le bellezze e suggestioni della terra di Sardegna.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Il parco archeologico e botanico de “Su Motti” si trova a Orroli, piccolo paese del Sarcidano, ed è facilmente raggiungibile passando per la strada panoramica che costeggia il centro abitato. È conosciuto per le sue domus di Janas e le tombe preistoriche scavate nella roccia, ma anche per la presenza di una fitta macchia mediterranea.

Tante antiche leggende prendono vita in quest’atmosfera suggestiva, così da renderla ancora più affascinante. Tuttavia, non tutti sanno che direttamente all’ingresso del parco si può osservare un’altra presenza misteriosa: una roccia somigliante alla testa di un gorilla o di una grande scimmia.

Nonostante non abbia mai acquisito questo nome ufficialmente, gli abitanti della zona l’hanno rinominata “la testa del gorilla” e continuano a tramandare questo nome anche alle nuove generazioni.

Articolo di Sara Sirigu

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Tragedia sulle strade sarde, nel tardo pomeriggio.

A Barumini, sulla provinciale, un motociclista 40enne di Cabras, ha perso la vita in un terribile incidente.

Il centauro aveva partecipato al motoraduno in corso proprio a Barumini.

In base alle prime informazioni, per cause ancora da accertare, l’uomo sarebbe uscito fuori strada, morendo sul colpo.

Inutili i soccorsi.

 

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Incidente sul lavoro nella tarda mattinata di oggi a Nuoro.

Un operaio stava lavorando su un’impalcatura in un cantiere in via Sulas quando per cause da accertare è caduto.

L’uomo è stato trasportato in codice rosso all’ospedale San Francesco di Nuoro.

Si tratta del terzo grave incidente negli ultimi dieci giorni. Un altro operaio e un impresario hanno perso la vita in due distinti episodi a Nuoro e a Lollove.

L’articolo Ancora un incidente sul lavoro in Sardegna: operaio grave dopo una brutta caduta da un’impalcatura proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Nemmeno un anno fa, Girasole diceva addio ad Adriano Balloi, scomparso dopo un tragico incidente sul lavoro.

Il sessantenne imprenditore fondatore e socio – insieme al fratello Luciano – della BMetal che si occupa di costruzioni metalmeccaniche, era anche un apprezzato artista.

La sua passione artistica fiorì in giovanissima età e nel tempo ha realizzato diverse opere, alcune veramente imponenti.

Sicuramente la più conosciuta è il “demone” nuragico, alto ben 20 metri e realizzato interamente in acciaio e che si staglia fiero nel cortile esterno dell’azienda.

Dentro al colosso c’è una scala di 16 metri che porta in varie stanze interne. L’artista ne ha realizzato un altro bronzetto più piccolo di “soli” 9 metri sistemato alla rotonda di Girasole dopo che è stato ospite nel piazzale multipiano di Tortolì.

Ecco le foto di alcune opere del compianto imprenditore – artista ogliastrino.

L’articolo (FOTO) Ecco alcune celebri opere dell’imprenditore e apprezzato artista Adriano Balloi proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Gairo Vecchio, con la sua misteriosa aura di abbandono, di antico, di “lasciato in sospeso”, è capace di ammaliare.

Il borgo fantasma è lì a ricordarci quanto le cose possono cambiare da un momento all’altro.

Clara Deiana, 34enne originaria di Arzana, ci dona una bellissima gallery del borgo abbandonato negli anni 50 dopo l’alluvione.

 Guarda la gallery


 Gairo Vecchio 9  


L’articolo (FOTO) Gairo Vecchio e la sua aura di mistero: il borgo fantasma immortalato da Clara Deiana in una gallery proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi