Buone notizie per il Comune di Bari Sardo, che è stato ammesso a un finanziamento da 1 milione di euro.

Soddisfatto il sindaco del centro ogliastrino, Ivan Mameli, che commenta così: “Si tratta di un progetto definitivo ed esecutivo dedicato all’impianto sportivo di Circillai del valore di 1 milione di euro. Un progetto che arriva a termine dopo un intenso e complicato anno di lavoro. Un impianto sportivo che, nonostante i numerosi interventi effettuati in 5 anni, necessita di un investimento particolarmente importante e pertanto non affrontabile con le esigue risorse comunali. Partecipare a questo bando nazionale a dir poco selettivo è stata una vera e propria corsa contro il tempo”.

Hanno partecipato al bando un totale di 2.717 enti pubblici provenienti da tutta Italia. Di questi, solo 792 sono stati ammessi a finanziamento. In Sardegna sono solo 29 gli enti pubblici, quasi tutti comuni, che sono risultati ammessi al finanziamento. Il Comune di Bari Sardo é tra questi e porta a casa il finanziamento più alto in Sardegna per quanto riguarda i lavori pubblici.

La progettazione prevede:
– il rifacimento del manto in erba eseguito secondo il regolamento della Lega Nazionale Dilettanti e Federazione Italiana Giuoco Calcio, completo del sistema di drenaggio e irrigazione, oltre alla sostituzione delle panchine;
– il rifacimento completo della recinzione perimetrale del polo sportivo;
– il completamento della ristrutturazione del locale spogliatoi calcio mediante il rifacimento degli spogliatoi e servizi igienici arbitri, uffici e sala comune, oltre alla realizzazione di un impianto fotovoltaico e la sostituzione del solare termico;
– la ristrutturazione completa del locale spogliatoi tennis, oltre alla realizzazione di un impianto fotovoltaico e solare termico;
– la messa in sicurezza delle tribune e dei locali sottostanti;
– la sistemazione di tutte le aree residuali e non utilizzate ai fini sportivi.

Spiega ancora Mameli: “Mi sembra opportuno ricordare che dal 2017 ad oggi, sempre nell’impianto sportivo di Circillai sono stati investiti oltre 500 mila Euro per la realizzazione del primo calcetto in erba sintetica del paese, impianto da beach volley – tennis, percorso vita e altre opere di decoro urbano a corredo dell’impianto, il rifacimento degli spogliatoi “calcio” e relativi servizi igienici a servizio degli atleti ospiti e locali, la sostituzione dei corpi illuminanti nel campo da calcio, oltre a interventi minori di manutenzione programmata. Altri interventi necessari, sono in fase di studio e progettazione proprio in questi giorni, grazie anche al fondamentale contributo del nostro instancabile Assessore allo Sport Mauro Piras. Con questo finanziamento si riuscirà a mettere fine a delle storiche criticità dell’impianto sportivo oltre ad innalzare decisamente gli standard qualitativi dello stesso”.

“Nelle prossime settimane cercheremo di aggiornarvi sul lavoro che stiamo portando avanti in questi mesi.
Un lavoro che ha già portato altri riconoscimenti importanti a favore del nostro comune. Tutta la Squadra sta lavorando tanto per contribuire a risultati come questo, ognuno cerca di dare il meglio di sé stesso e questo credo sia lo spirito giusto per affrontare le mille difficoltà che stiamo trovando e troveremo in questo percorso” conclude il primo cittadino bariese.

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

 

Grandissima delusione per gli appassionati di calcio ogliastrini e per i gestori dei locali che avrebbero voluto trasmettere la finale dei mondiali per la loro clientela.

In Ogliastra, infatti, proprio questo pomeriggio, è venuto meno il segnale Rai.

Unica soluzione, per i più tecnologici, quella di appoggiarsi alla piattaforma RayPlay, che consente di vedere la partita da pc, telefoni e tablet e di conoscere chi tra Argentina e Francia salira sul “tetto del mondo”.

 

 

 

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Si tratta di un endemismo, cioè di una pianta che vive solo in determinato territorio. In questo caso poi il territorio è davvero circoscritto, infatti il Ribes di Sardegna, nome scientifico Ribes sardorum, si trova esclusivamente nella località Sos Prados sui calcari dolomitici del Supramonte di Oliena.

foto La Flora della Sardegna

 

Questa pianta è uno dei più straordinari paleoendemiti sardi, cioè una specie di vegetale che si è differenziate dalle altre piante della stessa specie in seguito al distacco della placca europea avvenuto 10 milioni di anni fa.

I fiorellini giallognoli sbocciano tra marzo e maggio, mentre i frutti, piccole bacche dal gusto acidulo, maturano alla fine dell’estate, quando raggiungono il tipico colore rosso scuro. Il Ribes di Sardegna cresce in zone fresche e ombrose sopra i mille metri. Dal 2005 è stata inserita nell’Atlante delle specie a rischio di estinzione della Flora italiana.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Antonio Gargiulo è riuscito ad accedere alla cucina di MasterChef Italia.

Il 19enne, originario della Campania, ma cresciuto fin dalla tenera età in Sardegna , ha conquistato i giudici con un piatto dal titolo “Assaggio della mia Isola”  della tradizione rivisitato: culurgiones in acqua di pecorino, parmigiano e zafferano.

Antonio, studia Scienze Archeologiche all’Università La Sapienza di Roma, e si presentato al programma all’insaputa dei genitori che non condividono la sua passione per i fornelli.

Tramite le telecamere il ragazzo, spinto dai giudici ha lanciato un messaggio in lacrime alla famiglia per convincerli della bontà della sua aspirazione di diventare uno chef: “Voglio dimostrarvi la passione che ho e quello che sono in grado di fare. Voglio poter dire e potervi far dire che siete orgogliosi di me”.

E alla fine il suo piatto è stato premiato da Barbieri, Cannavacciuolo e Locatelli: il 19enne accede direttamente alle puntate competitive del programma, saltando le sfide.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Buone notizie per gli allevatori sardi.

Via libera alla movimentazione fuori dal territorio regionale dei capi ovini e bovini.

Questa la decisione del Ministero della Salute che con una nota ha indicato alla Regione le modalità per la ripresa della movimentazione degli animali. Si allentano così le restrizioni in vigore non solo per la malattia del cervo (Ehdv), ma anche per le zone infette dal sierotipo tre della blue tongue (Btv3).

Relativamente alla malattia del cervo, secondo quanto comunicato dal ministero, la movimentazione fuori regione è nuovamente consentita da tutta l’Isola agli animali da allevamento che siano stati sottoposti al test Pcr specifico con esito negativo. La stessa procedura è prevista per la movimentazione dei capi dalle aree dell’Isola infette dal siero tipo tre della lingua blu, mentre, nel resto della Sardegna, in relazione agli altri sierotipi, le movimentazioni potranno riprendere regolarmente senza test Pcr per l’individuazione del virus della blue tongue. In tutti i casi in cui è prevista l’esecuzione del test specifico, gli animali da movimentare dovranno essere sottoposti a Pcr al termine di un periodo di trattamento insetto-repellente di almeno sette giorni e che dovrà essere comunque effettuato fino al giorno della partenza.

Gli animali potranno essere movimentati liberamente (ovvero senza test preventivo) solo per la macellazione, “a condizione – si legge nella nota del Ministero – che la macellazione venga effettuata nel minor tempo possibile”.

“Ancora una notizia positiva per il nostro comparto zootecnico, in un periodo dell’anno particolarmente importante per la produzione e il mercato”, dichiara l’assessore regionale della Sanità, Carlo Doria. “Non solo siamo riusciti a sbloccare uno stop totale che durava da oltre un mese, a causa della comparsa della malattia del cervo sul nostro territorio, ma abbiamo finalmente ottenuto un ulteriore risultato sul fronte della blu tongue, con il via libera alla movimentazione dei capi anche dalle aree interessate dal sierotipo tre. Prosegue il lavoro di monitoraggio del quadro epidemiologico sul territorio, con il massimo impegno di tutte le forze in campo: la direzione generale dell’assessorato della Sanità, l’Osservatorio epidemiologico veterinario regionale, i servizi veterinari delle Asl e l’Istituto zooprofilattico, in stretto raccordo con il Ministero della Salute e il centro di referenza nazionale per le malattie esotiche di Teramo”, conclude l’esponente della Giunta Solinas.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

In Sardegna non mancano i luoghi suggestivi e ricchi di fascino.

Uno di questi è sicuramente è il parco archeologico di “Biru de Concas”, letteralmente significa sentiero delle teste, che si trova nel territorio di Sorgono.

Qui si può ammirare la più grande concentrazione di menhir del Mediterraneo – oltre duecento – lavorati dagli scalpellini e che risalgono a circa 5mila anni fa.

Molte di queste pietre sacre sono ancora in piedi,  altre sono cadute a terra o spezzate e sicuramente tante sono ancora nascoste nel terreno.

Questi menhir sembrano “guerrieri” antichi messi a guardia di questi luoghi e sono orientati a ovest dove tramonta il sole.

“Biru Concas” viene denominato la “Stonehenge” sarda, ma non ha niente da invidiare con il celebre complesso megalitico della Gran Bretagna.

Innanzitutto perché è più antico e a differenza del sito archelogico inglese, dove sono state spostate le pietre alle fine dell’ottocento del secolo scorso, i menhir di “Biru Concas” si trovano ancora nella stessa posizione in cui sono state ritrovate.

Inoltre nel sito archeologico del Mandrolisai, si possono ancora osservare resti di capanne circolari, mentre a poca distanza si possono ammirare: due nuraghi –  uno “a corridoio” e il maestoso Talei -,  una tomba di Giganti e un dolmen.

Per arrivare al sito, basta prendere la strada che da Sorgono porta al Santuario di San Mauro e successivamente proseguire per alcuni chilometri.

Sicuramente un luogo della Sardegna da conoscere e visitare.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

L’origine del nome di Arbatax, antico villaggio di pescatori, è ancora di origine incerta. Secondo una contestata teoria la parola deriva dall’arabo “arba at ashara” che significherebbe la “quattordicesima” (torre costiera) di avvistamento, edificata in epoca spagnola, partendo dal sud dell’isola. Secondo gli studiosi la teoria non è attendibile in quanto si ritiene inconcepibile che gli Arabi o i Saraceni, temutissimi nemici dei Sardi, abbiano indotto questi ultimi a utilizzare un loro toponimo.

Secondo lo studioso Wagner invece, il nome di Arbatax è l’unico fra i toponimi sardi di sicura derivazione araba e il Canonico Giovanni Spano giustificava il significato del nome “Quattordici” facendo riferimento ad un fatto accaduto a 14 prigionieri o abitanti mori della torre.

Secondo Massimo Pittau, un altro studioso, la più antica attestazione del toponimo risale agli anni 1580 – 1589 e compare nella Chorographia Sardiniae di G. F. Fara che parla di “promontorium Arbatagii”. Lo studioso invita a confrontare (ma non a far derivare) il nome, con quello di altri toponimi sardi quali Albitru, Albitròni (Olbia) e col latino arbutus, arbitus “corbezzolo”. Quest’ultimo vocabolo è interessante, soprattutto se si considera il fatto che il corbezzolo cresce anche nelle località vicine al mare.

Secondo un ultima interpretazione infine, il nome di Arbatax sarebbe il risultato della corruzione della parola Baccasara. Nel registro delle rendite pisane il salto di Baccasara è infatti chiamato Batassar, da cui deriva Albatassar e quindi Arbatax, (con x = ss).

Nelle carte del Settecento e dell’Ottocento, la Torre di Bellavista (rappresentata nella “Carta del Regno di Sardegna” del 1746), era chiamata infatti anche Torre di Baccasara.

Fonti: Massimo Pittau: “Toponimi della Sardegna meridionale”. 

 

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Vi siete mai chiesti quale sia il nuraghe situato a maggiore altezza in Sardegna?

Ebbene, questo primato spetterebbe al Nuraghe “Ura de Sole” – nel territorio di Desulo – situato nella sommità de “Bruncu Nuraghe” all’altezza di 1331 metri sul livello del mare, nei pressi del passo Tascusì. A confermarlo anche il sito del comune montano della provincia di Nuoro.

Il nuraghe purtroppo si trova in pessime condizioni, infatti qui affiorano solo i resti dell’antico edificio, che sarebbe stato distrutto negli anni ’70 a causa di interventi insensati effettuati da mezzi meccanici pesanti, da parte dell’uomo.

Ph: Daniele Zanda – Nurnet

In questo luogo si può osservare un panorama vasto e davvero suggestivo, che fa comprendere l’importanza strategica del nuraghe in epoche remote.

Intorno al massiccio del Gennargentu le popolazioni nuragiche si sono spinte anche in altre località tra i 1100 e 1300 metri. A tal proposito, il complesso archeologico più famoso è quello di Ruinas – in territorio di Arzana – posto a 1197 metri sul livello del mare. Questo antico insediamento umano si dice fosse abitato fino al Medioevo, la tradizione orale racconta sia stato abbandonato a causa di una drammatica pestilenza intorno al XIV secolo che avrebbe decimato la popolazione.

I sopravvissuti furono accolti ad Arzana e si stabilirono nella parte estrema della periferia dell’abitato nella parte alta di “Preda de Maore”. Il Comune di Arzana così ereditò le terre di Ruinas.

 

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Come eravamo. Il pullman della linea Arbatax-Lanusei-Porto Torres negli anni Settanta.

La foto è stata gentilmente concessa dalla figlia di Pietro Aresu, che ebbe l’idea della tratta da percorrere con questo mezzo 306 Granturismo.

Invia anche tu le foto del passato ogliastrino alla mail redazione@vistanet.it ( indicando l’anno in cui è stata scattata).

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Lo sapevate? Le colonne del Pantheon di Roma sono state fatte con il granito delle cave sarde di Capo Testa.

ll Pantheon è un edificio della Roma antica che si trova nel rione Pigna nel centro storico della città, ed è un tempio dedicato a tutte le divinità passate, presenti e future. Fu fondato nel 27 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa, genero di Augusto. Fu fatto ricostruire dall’imperatore Adriano tra il 120 e il 124 d.C., dopo che gli incendi dell’80 e del 110 d.C. avevano danneggiato la costruzione precedente di età augustea.

Capo Testa è invece una piccola penisola (in realtà un’isola, poi artificialmente collegata alla terraferma) che si trova nel nord della Sardegna, a pochi chilometri da Santa Teresa di Gallura.

Si affaccia sulle Bocche di Bonifacio davanti alla Corsica ed è collegata alla terraferma da uno stretto istmo, lungo il quale si estendono due spiagge. Il promontorio è costituito dalle tipiche rocce granitiche galluresi erose dal vento.

I Romani frequentarono Capo Testa in due tempi: una prima fase compresa tra il I secolo a.C. e il I d.C. e una seconda, in età imperiale avanzata, tra il II e il IV secolo.

L’attività estrattiva e lavorativa del granito avveniva lungo il litorale, quanto più vicino all’acqua in modo da poter caricare i manufatti sulle navi. Sono ancora chiaramente visibili i tagli “a gradoni” nelle scogliere e si trovano, sparsi, enormi massi semilavorati, tra questi alcuni abbozzi di colonne.

Le cave di Capo Testa furono sfruttate anche in epoca medioevale: lì furono estratte le colonne che servirono per la costruzione del Duomo e del Battistero di Pisa.

Il Pantheon romano è composto da una struttura circolare unita a un portico in colonne corinzie (otto frontali e due gruppi di quattro in seconda e terza fila) che sorreggono un frontone.

La grande cella circolare, detta rotonda, è cinta da spesse pareti in muratura e da otto grandi piloni su cui è ripartito il peso della grande cupola emisferica in calcestruzzo che ospita al suo apice un’apertura circolare detta oculo, per l’illuminazione dell’ambiente interno. A quasi due millenni dalla sua costruzione, la cupola del Pantheon è ancora oggi una delle cupole più grandi del mondo.

Il pronao è formato da 16 colonne, 8 colonne di granito grigio in facciata e 8 colonne di granito rosa provenienti dalle cave di Mons Claudianus e di Assuan (Egitto), distribuite nelle due file retrostanti.

All’inizio del VII secolo il Pantheon è stato convertito in basilica cristiana chiamata Santa Maria della Rotonda o Santa Maria ad Martyres: questo gli ha consentito di sopravvivere quasi integro alle spoliazioni inflitte dai papi agli edifici della Roma classica. Gli abitanti di Roma lo chiamavano popolarmente la Rotonna (“la Rotonda”).

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda