Un uomo vecchio ma ancora vigoroso viveva in un piccolo villaggio di pastori. Possedeva un gregge numeroso aveva una moglie fedele e buona e una figlia amatissima. L’uomo che si chiamava Sadur, che come scrive Grazia Deledda derivava da Sadurru che significa Saturnino, aveva subito come gli altri abitanti del villaggio, le incursioni dei Fenici.

Quegli uomini vestiti in maniera strana, giungevano dal mare sulle loro imbarcazioni dalle vele rosse e predavano e devastavano i villaggi, incendiavano le capanne e uccidevano le pecore per i loro banchetti. Sadur tuttavia, forte e coraggioso era sempre riuscito a mettersi in salvo portando via la moglie e la figlia, e nascondendosi col suo gregge in un posto segreto sulle montagne.

Ma Sadur stava invecchiando, la forza lo stava abbandonando, vedeva poco e le sue mani tremavano. L’uomo era sempre più preoccupato, da qualche anno quegli uomini non si presentavano più, ma lui sentiva che presto sarebbero tornati. L’unica sua consolazione era suonare le canne. Ne aveva diverse e ciascuna produceva un suono diverso, malinconico e melodioso e Sadur le suonava una per volta per non pensare alle sue preoccupazioni.

Un giorno, come Sadur aveva temuto, comparvero le navi dalle vele rosse e l’uomo ormai troppo vecchio capì che non era più in grado di scappare. Così affidò gran parte del suo gregge alla moglie e alla figlia e disse loro di andare a nascondersi nel solito nascondiglio sulla montagna. Aveva infatti saggiamente pensato che se fosse rimasto da solo alla sua capanna con poche pecore gli invasori lo avrebbero creduto solo e non sarebbero andati a cercare la moglie e la figlia. Appena arrivati i Fenici devastarono il villaggio, Sgozzarono le pecore di Sadur, e usarono il legno della sua capanna per arrostirle.

Quando trovarono le canne sonore del povero vecchio, vollero che l’uomo mostrasse loro come funzionavano, e quando Sedur si mise a suonarle rimasero incantati, il comandante dei Fenici, un giovane di bell’aspetto pretese che il vecchio le suonasse tutte insieme, Sedur che non lo aveva mai fatto prima legò le canne con dei fili d’erba robusti e trasse dal suo strumento un suono melodioso, armonioso in grado di riprodurre i suoni della natura come quelli del vento e dell’acqua, che indusse i Fenici al sonno. Quando il giovane comandante si svegliò, disse al vecchio pastore che era disposto ad accordargli qualsiasi favore fosse in suo potere.

Sedur allora confessò di avere moglie e figlia, e si fece promettere che nessuno dei Fenici avrebbe fatto loro del male. Il comandante non solo promise a Sedur che avrebbe sempre rispettato le due donne ma lo autorizzò a farle tornare alla capanna che ordinò ai suoi uomini di ricostruire. Quando poi le donne tornarono al villaggio, il giovane comandante innamoratosi della figlia di Sadur per la sua grazia e la sua bellezza, decise di sposarla.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Gli studenti del Liceo classico presso il Collegio salesiano di Lanusei.

Grazie a Maria Lidia Contu per questo stupendo scatto in bianco e nero che racconta l’Ogliastra degli anni 40.

Invia anche tu le foto del passato alla nostra mail redazione@vistanet.it. Le più belle saranno pubblicate sul nostro giornale.

L’articolo Come eravamo. Anni 40, studenti del Liceo classico al Collegio salesiano di Lanusei proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

L’Istituto dei Tacchi d’Ogliastra, oggi, ha accolto presso l’aula magna, il Team Sardum, per la presentazione del progetto ideato e promosso dalla PMI Innovativa iInformatica srl.

Si è tenuta durante l’Assemblea d’istituto la presentazione del progetto Sardum, “su giogu de sa Sardigna” a cura del responsabile del progetto, Giulio Setzu. Le ragazze e i ragazzi del Businco, tra i 13 e i 18 anni, oggi, hanno potuto prender parte all’attività ludico-educativa denominata Sardum, che rappresenta un importante volano per la valorizzazione territoriale della Sardegna e delle aree interne come l’Ogliastra.

“È stato un piacere parlare davanti a una platea di giovani e constatare un notevole interesse e una partecipazione attiva. Sono soddisfatto del debutto del progetto Sardum presso la scuola superiore, a dimostrazione ulteriore che Sardum è un progetto intergenerazionale adatto a un pubblico di tutte le età. Siamo felici di essere qua oggi anche perchè il progetto promuove delle realtà Ogliastrine come le cascate Lequarci, il paese fantasma di Gairo e alcuni elementi del patrimonio enogastronomico come il Cannonau e i Culurgiones.” Commenta Giulio, il responsabile del progetto Sardum.

Soddisfatti ed entusiasti anche i Rappresentanti d’Istituto del Businco, Roberto Demurtas e Martina Depau che affermano “Sardum è un bel progetto che ci ha permesso di coinvolgere tutti gli studenti durante l’assemblea, siamo sempre alla ricerca di attività di questo genere, che forniscono un notevole aiuto a noi rappresentanti nell’organizzazione delle assemblee, dandoci la possibilità di portare delle novità ai nostri compagni e favorendo la socializzazione fra le diverse classi.”

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

“Tutto ciò che serve è la musica del mare.”

220 ore di lavoro, un amore viscerale per il proprio borgo e per l’Isola intera e una gran voglia di far brillare questo lembo di terra troppo spesso sminuito: ecco gli ingredienti dell’ultima, importante opera che l’imprenditrice arbataxina Sabrina Caredda ha prodotto.

Ma di cosa si parla?

Be’, di una miniatura del centro di Arbatax, con la bellissima cattedrale di porfido rosso che completa il quadro e che dà l’idea dell’incantevole bellezza del posto.

Ogni dettaglio è curato nei minimi dettagli, al calar del sole le lucette illuminano anche il piccolo villaggio della Caredda per dare atmosfera, e c’è persino una chicca: un culurgiones rosso, simbolo dell’Ogliastra, svetta alla sinistra della costruzione – nella rotonda del porto – che, imponente, misura 100×120.

«Rosso come l’amore che nutro per il mio paese e per la mia regione,» spiega Caredda riferendosi al tradizionale piatto ogliastrino «del resto Arbatax viene chiamata anche la Porta dell’Ogliastra.»

Ma da dove parte la scintilla per questa creazione che sta già facendo parlare di sé? «Quest’idea è nata dalla ricerca di un’attrattiva turistica» sono le parole dell’imprenditrice arbataxina. «Qui ad Arbatax, spesso, i turisti chiedono come raggiungere il centro inteso come posto dove passeggiare, incontrare altre persone, fare acquisti, mangiare un gelato. Insomma, trovare delle attrattive. E mi è venuto in mente di fare qualcosa che attirasse l’attenzione di chi viene a trascorrere le vacanze qui.»

Prossimo obiettivo della Caredda è spostare la miniatura, per adesso ubicata nell’Info Point che gestisce, in modo da liberare il posto e poter lavorare. Ci vuole una bella teca in acciaio e vetro, che la protegga dal sole – che rischia di farla scolorire – e che la renda comunque visibile dalla strada: sì, perché spostarla sì, ma di poco, in modo che sia comunque a portata di sguardo.

Tanti sono stati gli apprezzamenti per quella che è la primissima opera di questo tipo per Sabrina: «Ho anche lanciato una sfida» spiega. «Chi è appassionato di queste cose potrebbe realizzare una miniatura del proprio quartiere, in modo che ognuna di esse diventi un’attrattiva itinerante che i turisti possano ammirare facendo il giro del paese.»

E insomma, come non accogliere questa sfida?

L’articolo Il centro di Arbatax da ammirare in miniatura: l’idea di Sabrina Caredda proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

670 atleti e società sportive provenienti da tutta la Regione: la gara del campionato regionale Fesik (Federazione educativa sportiva italiana karatè), importante competizione regionale di karatè tradizionale, si è svolta domenica 19 marzo al Palazzetto dello Sport Sa Rodia, a Oristano.

Diverse le Asd presenti a rappresentare l’Ogliastra, tra queste la Ippon Club Karatè Shotokan con i Dojo di Jerzu e Tortolì: i suoi atleti che si sono confrontati nelle categorie di kata (forma) e kumitè (combattimento).

A spiccare per determinazione e impegno nella categoria kata individuale, stile shotokan, cinture bianche/gialle, 6/8 anni maschile sono stati Luca Chessa, Pietro Nieddu, Federico Moi, Damiano Porcu, Francesco Carta, Nicola Frau e Nicola Piras – tra Dojo Jerzu e Tortolì.

Per la precisione tecnica e per la concentrazione, a farsi notare nella categoria 9/11 anni, cintura bianca/gialla femminile, sono state Alessia Nonnis, Greta Cannas, Irene Moi e Chiara Biolchini del Dojo Jerzu.

Ottimi risultati, nella categoria 9/11 anni, cintura bianca/gialla, per il campione regionale della sua categoria Flavio Piroddi, con secondo posto per Samuele Cannas, quarto posto per Emanuele Cerina e ottavo posto per Edoardo Bentivegna.

Per la categoria 12/14 anni femminile, bianche/gialle, quarto posto per Gioia Ruzzoni del Dojo Jerzu, mentre per la maschile, sempre bianca/gialla, il quarto posto è andato a Luca Mura del Dojo Jerzu.

Per la categoria 12/14 anni femminile, cintura arancio/verde, il secondo posto è spettato ad Agata Contu e il terzo posto a Tania Loi, del Dojo Jerzu, mentre per la corrispondente categoria maschile il terzo posto è andato ad Alberto Loi.

Ottima anche la prova nella specialità kumitè shobu nihon per i campioni regionali: primi posti per Agata Contu, Luca Mura, Tania Loi e Alberto Loi.

«Sono molto orgoglioso e felice per tutti questi ragazzi per il percorso formativo ed educativo che hanno intrapreso» dice Stefano Muntoni della asd “Ippon club karate Shotokan . «Vorrei sottolineare la loro dedizione e il loro impegno in questa nobile arte che richiede disciplina, rispetto e un costante impegno. Considerata la loro giovane età, sono consapevoli che l’obiettivo della loro formazione e crescita è basato sul rispetto delle regole e del prossimo» conclude. «Sanno bene che non dovranno arrendersi mai alle sfide del domani.»

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

L’Ogliastra che vorrei! Come generare le condizioni per un’ospitalità di qualità, connettere l’offerta balneare alle esperienze dell’entroterra, fare rete tra offerta turistica e produzioni tipiche locali, orientare gli operatori a ragionare come sistema e decidere che destinazione turistica l’Ogliastra vuole diventare. Il primo degli incontri tematici di ascolto e confronto con gli amministratori dei Comuni e i Presidenti delle Unioni è il primo passo del GAL Ogliastra che vuole realizzare il progetto del Piano di Sviluppo Turistico e del turismo all seasons.

Titolare dell’investimento erogato da Sardegna Ricerche, il GAL vuole compiere un passo decisivo verso la strategia della sostenibilità e la governance della Destinazione Ogliastra con un occhio attento al quadro di esigenze ed aspettative dei soggetti pubblici e privati per metterlo in rapporto stretto con le nuove sfide del turista climate-sensitive (cioè attento all’impatto dei cambiamenti climatici) e dell’evoluzione degli scenari internazionali. Obiettivo: lavorare sullo sviluppo turistico.

Il coinvolgimento degli operatori, l’avvio di una pianificazione dei servizi, i desideri degli amministratori, le proposte di sviluppo che stanno a cuore ai sindaci: sono alcuni dei temi esaminati nella prima giornata dal gruppo di lavoro formato dagli amministratori locali, dal Presidente Vitale Pili, dalla direttrice Franca Seoni e la responsabile del progetto Annalisa Tosciri. Il consulente Beppe Giaccardi e l’analista Marco Antonioli hanno guidato il tavolo alla formulazione di una strategia.

I temi emersi all’interno dei tavoli di confronto che il GAL ha avviato saranno utili per pianificare le nuove attività, ma altri se ne possono aggiungere, assieme ai diversi attori territoriali, istituzionali e non, che vogliono contribuire con le loro idee ad arricchire il piano. L’invito che il GAL rivolge è quindi di partecipare ai tavoli di domani e mercoledì.

· 21 marzo – Guide ambientali e turistiche – h 10.00 – Aula Andrea Lusso – Piazza Repubblica – Lotzorai

· 21 marzo – Responsabili delle imprese turistiche – 15.30 – Aula Andrea Lusso – Piazza Repubblica – Lotzorai

· 22 marzo – Titolari delle produzioni tipiche locali – 10.00 – Sala Consiliare – Via Cagliari – Bari Sardo

“Il Piano di Sviluppo turistico della destinazione Ogliastra è un progetto ambizioso che si chiama “Ogliastra Comunità Accogliente e Sostenibile”, finanziato attraverso un bando regionale che ci consente di arrivare anche nei comuni che non appartengono al GAL – dice la direttrice del GAL Franca Seoni – Dobbiamo creare la governance, un sistema di gestione della Destinazione Ogliastra che metta insieme gli attori che si occupano del settore turistico. Possiamo finalmente decidere che destinazione turistica l’Ogliastra vogliamo diventare? Per farlo dobbiamo lavorare insieme!”

L’articolo Destinazione turistica Ogliastra: sindaci e Gal insieme per promuovere l’offerta turistica proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

“Con cinquantadue Comuni protagonisti prende vita il settimo dei Cammini in Sardegna, che coinvolgono 300 Comuni per circa 3.200 chilometri di percorso. I Cammini, insieme ai Luoghi di pellegrinaggio e agli Itinerari spirituali, rappresentano una proposta strategica e strutturata della ‘Destinazione Sardegna’, che valorizza il patrimonio identitario, storico e culturale dell’Isola, anche attraverso la riscoperta delle vie cristiane percorse dai pellegrini”. Lo ha detto l’assessore regionale del Turismo, Gianni Chessa, in occasione della firma del protocollo per l’attivazione e la gestione del percorso spirituale, storico, culturale, ambientale e religioso denominato “Cammino di Santu Jacu”, sottoscritto dall’Assessorato regionale del Turismo, dalla Conferenza episcopale sarda, dai Comuni di Mandas (capofila), Ardara, Aritzo, Assemini, Belvì, Bitti, Bolotana, Bonorva, Cagliari, Capoterra, Codrongianos, Dolianova, Gergei, Goni, Irgoli, Isili, Ittireddu, Laconi, Loculi, Lula, Meana Sardo, Monserrato, Mores, Narcao, Neoneli, Noragugume, Nugheddu Santa Vittoria, Nurallao, Nuxis, Onifai, Orosei, Osilo, Osidda, Ozieri, Pattada, Perdaxius, Porto Torres, San Nicolò Gerrei, Sant’Andrea Frius, Sedilo, Selargius, Sennori, Serri, Settimo, Siliqua, Silius, Sinnai, Siurgus Donigala, Soleminis, Sorgono, Sorso, Tonara e dalla Municipalità di Pirri.

“La Sardegna punta sul turismo lento e spirituale e sul coinvolgimento dei territori, coi loro amministratori, per completare la sua offerta turistica – ha aggiunto l’assessore Chessa – Il protocollo firmato con la Conferenza episcopale sarda, i corsi di formazione per guide turistiche religiose, la costituzione delle Fondazioni, strumenti necessari per la gestione delle risorse che la Regione intende investire su questi progetti, sono alcune delle azioni che dimostrano l’importanza strategica di questo segmento, che risponde ad una forte domanda nazionale e internazionale. Per la sua promozione, nel fine settimana, la Sardegna sarà presente a Milano per la fiera ‘Fa’ la cosa giusta’, dove proporrà percorsi suggestivi ed esclusivi nel cuore più autentico e profondo. Un’offerta di turismo esperienziale, caratterizzata da cammini, borghi e spiritualità. Annunceremo anche la 2^ edizione di ‘Noi camminiamo in Sardegna’, in programma dal 3 all’8 ottobre 2023. Negli stessi giorni, ad Alghero sempre in tema di turismo all’aria aperta ed esperienziale, si terrà la Bitas, il principale evento di promozione e commercializzazione turistica che si tiene in Sardegna, con oltre cento tour operator internazionali, provenienti dalla Penisola e da alcuni Paesi europei ed extraeuropei (Germania, Austria, Regno Unito, Spagna, Francia, Danimarca, Svezia, Finlandia, Australia, Canada e Stati Uniti) che incontreranno oltre duecento operatori isolani”.

“I Cammini, i Luoghi di pellegrinaggio e gli Itinerari spirituali sono parte integrante e indispensabile per la promozione dell’interno della Sardegna, che, insieme alla proposta estiva del mare, possono concretizzare il sogno di un’Isola che vuole vivere di turismo tutto l’anno”, ha concluso l’Assessore del Turismo.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

La prima Medaglia d’oro individuale al valor militare della Marina italiana è stata concessa a un sardo. Come riportato da Mariano Cocco in “Storia della Sardegna”, tra gli eroi della resistenza all’invasione dell’Isola, sia a sud che a nord, da parte dell’esercito napoleonico, ci fu il maddalenino Domenico Millelire.

Dopo il fallimento dell’attacco a Cagliari, nel 1792, e la strenua resistenza dei miliziani sardi, i francesi provarono a spostarsi verso il nord della Sardegna. La flotta napoleonica provò a occupare Caprera e La Maddalena, ma a nulla valse la superiorità numerica transalpina contro i nostri. Addirittura, sembra che lo stesso Napoleone Bonaparte, alla guida dell’artiglieria francese, rischiò di rimanere prigioniero dei sardi.

Ecco allora che il re Vittorio Amedeo III concesse, nel 1793, la prima Medaglia d’oro al valor militare al nocchiero Domenico Millelire. Questi, infatti, nel febbraio di quell’anno, con un pugno di uomini sconfisse e mise in fuga il corpo di spedizione napoleonico nella battaglia all’arcipelago di La Maddalena.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Il parco archeologico e botanico de “Su Motti” si trova a Orroli, piccolo paese del Sarcidano, ed è facilmente raggiungibile passando per la strada panoramica che costeggia il centro abitato. È conosciuto per le sue domus di Janas e le tombe preistoriche scavate nella roccia, ma anche per la presenza di una fitta macchia mediterranea.

Tante antiche leggende prendono vita in quest’atmosfera suggestiva, così da renderla ancora più affascinante. Tuttavia, non tutti sanno che direttamente all’ingresso del parco si può osservare un’altra presenza misteriosa: una roccia somigliante alla testa di un gorilla o di una grande scimmia.

Nonostante non abbia mai acquisito questo nome ufficialmente, gli abitanti della zona l’hanno rinominata “la testa del gorilla” e continuano a tramandare questo nome anche alle nuove generazioni.

Articolo di Sara Sirigu

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Mal di testa, spossatezza, dolori, insonnia: mali del corpo e dello spirito che possono colpire tutti, indistintamente, almeno una volta nell’arco della vita. Malesseri e disturbi psico-fisici che, nella Sardegna antica, erano imputati alle energie negative, trasmesse attraverso un semplice sguardo – il cosiddetto “occhio cattivo” – portatore, spesso inconsapevole, del malocchio. Tali mali si risolvevano con delle preghiere, “is brebus”, recitate sottovoce, davanti ad un bicchiere di vetro in cui si versavano acqua, sale e chicchi di grano.

Un rituale di purificazione, dai contorni magici – terapeutici, espressione della medicina popolare che, in Sardegna, costituì una vera e propria barriera alle scienze farmaceutiche ufficiali e che era conosciuta come “sa mexina de s’ogu”, la medicina dell’occhio. Diffusa da tempo immemorabile in tutte le aree dell’Isola, “sa mexina de s’ogu” è una pratica che accarezza il mondo della magia popolare, il cui scopo è quello di levare il malocchio, quell’influsso negativo che può essere attaccato con uno sguardo da chiunque a chiunque: una cura praticata da persone speciali, i guaritori, che si apprende per discendenza familiare o per insegnamento diretto da altri guaritori.

Superstizione, magia, fede o assenza di logica? “Sa mexina de s’ogu” è una pratica che ancora oggi sopravvive, richiesta e praticata con una frequenza sorprendente: si stima che nell’Isola ci siano oltre 500 guaritori, ricercati appunto per la loro capacità di levare il malocchio. Scettici o no, si tratta di un rituale certamente affascinante che incuriosisce anche chi, al solo pensiero di amuleti, “pozioni” e preghiere particolari, storce il naso. Un rituale che, a prescindere, esige rispetto e cautela, sia da chi lo pratica sia da chi lo richiede, e al quale occorre avvicinarsi con gli strumenti della logica. Questo è il principale messaggio di Clara, una giovane guaritrice che opera nel Cagliaritano: noi l’abbiamo incontrata per scoprire qualcosa in più su questa pratica senza tempo.

La medicina dell’occhio in Sardegna – Fonte www.naturopatiasardegna.blogspot.com

Rito terapeutico di purificazione, frutto della superstizione, rituale magico. Che cosa è realmente la medicina dell’occhio?

È un rituale che ha a che fare con l’antico, ma ce ne sono di due tipi: la medicina dell’occhio classica e quella sarda che è completamente diversa. La medicina dell’occhio classica si trova anche in altri posti e si fa con un piatto in porcellana in cui si versano dell’acqua, del sale e dell’olio e, a seconda delle forme che tali elementi assumono, si capisce se una persona ha negatività o no. Quella sarda, invece, è concentrata non solo sulla negatività, ma anche sui dolori fisici, in particolare sul mal di testa: nell’antichità si diceva che una persona con il mal di testa era “presa d’occhio”.

In che cosa consiste il malocchio e da dove viene?

Il malocchio proviene dalla paura di avere a che fare con l’invidia: i sardi hanno il tarlo dell’invidia, chi più, chi meno. “Sa mexina de s’ogu” nasce proprio da questo: per esempio, si credeva che i bambini molto piccoli, quelli molto belli, venivano “presi d’occhio” e, quindi, piangevano sempre per quello. Il malocchio parte dall’invidia, poi, mettiamoci dentro molta superstizione e anche il fatto che all’epoca molti disturbi psicosomatici, come ad esempio lo stress, non si conoscevano. Prima di parlare di malocchio c’è da fare un’indagine ben precisa: a chi si rivolge a me chiedo che tipo di vita sta conducendo, se sta mangiando bene, se sta mangiando male, etc.. La prima prassi è sempre quella della logica, anche perché la superstizione ci fa travisare le cose. Oggi, rispetto all’antichità, c’è una differenza di fondo, ovvero che le persone sono più portate, una volta che le si fa ragionare e riflettere, a pensare che non sono “prese d’occhio”, ma che ci sono delle motivazioni psicologiche e psicofisiche che influenzano un mal di testa o un mal di schiena.

Si dice che il malocchio possa essere trasmesso da chiunque a chiunque, è davvero così?

In antichità si credeva che chi poteva trasmettere con più facilità il malocchio fossero le persone affette da strabismo. In realtà, nessuno di noi nasce con la capacità di attaccare il malocchio, ma ognuno di noi ha la potenzialità di essere invidioso: un’energia negativa che proviene dall’invidia e che si trasmette con lo sguardo.

Quali sono i sintomi di una persona colpita dal malocchio?

Principalmente mal di testa e un generale malessere psicofisico.

Il malocchio in Sardegna – Fonte www.naturopatiasardegna.blogspot.com

Chi è il guaritore e come si apprende questa pratica?

Chi fa la medicina dell’occhio è un sensitivo, perché tutta questa negatività che tu togli, devi poi essere anche in grado di scaricarla. Un sensitivo è una persona con delle caratteristiche emotive e sensibili diverse, possiamo dire “una persona particolarmente empatica”. La pratica si apprende per discendenza familiare o perché viene tramandata da un altro guaritore. Io ho imparato a fare la medicina dell’occhio perché una persona che la faceva da circa quarant’anni non aveva più la forza energetica di reggerla e quindi me l’ha tramandata.

Quali sono, se ci sono, le regole che un guaritore deve seguire e qual è l’approccio?

Le regole variano da guaritore a guaritore perché è come andare dal medico: lei chiede un consiglio al medico e ogni medico le darà un consiglio diverso. Certo, quando si ha a che fare con queste pratiche, bisogna sempre avere un atteggiamento di sensibilità e di delicatezza nei confronti delle persone che le richiedono, perché sono in uno stato emotivo agitato. L’approccio è quello della sensatezza: il guaritore deve essere una persona equilibrata e non vedere negatività o invidia ovunque, ma deve essere cosciente del fatto che su cento persone che si rivolgono a lui solo cinque o sei sono “prese d’occhio”, mentre tutto il resto è stress, malumore, mangiare male, altre cose. E poi la persona che la pratica deve essere in grado di scaricare questa negatività: ogni guaritore ha i propri sistemi.

Chi si rivolge a lei e perché? Si tratta di persone che si trovano in una condizione particolare?

No. Semplicemente è una condizione dell’essere umano: non analizzare se stessi è un problema dell’essere umano ed è sempre più facile dare la colpa a fattori esterni. Nell’80 percento delle volte, le persone che si rivolgono a me sono convinte di avere il malocchio, in realtà non hanno nulla.

E se, invece, dovessimo stilare un identikit, sesso ed età?

Sicuramente più le donne che uomini, perché gli uomini hanno paura di queste cose e le donne sono anche più predisposte, probabilmente lo abbiamo nel dna, perché comunque è un mondo prettamente femminile, siamo meno controllate dagli ormoni e abbiamo una forma di lucidità maggiore degli uomini e in queste cose bisogna avere una forma di controllo e di obiettività molto alta, altrimenti si sfocia in una condizione di isterismo. L’età è indifferente, dai sedici anni agli ottanta.

La medicina dell’occhio classica – Foto Web

In che cosa consiste il rito de “sa mexina de s’ogu” e quali sono gli elementi utilizzati?

Si tratta di un rito complesso che non tutti sanno fare e che non a tutti viene tramandato. Differentemente da quello classico, in cui si utilizzano il piatto fondo in porcellana, l’acqua, il sale e l’olio, per il rituale de “sa mexina de s’ogu” si prende un bicchiere di vetro trasparente, lo si riempie d’acqua e ci si mettono un paio di granuli di sale grosso. Poi, si versano dei chicchi di grano e, a seconda di quante bolle si formano o di come il grano sale a galla, ci si rende conto se la persona è presa d’occhio o no. Ogni chicco, inoltre, va messo con una ritualità particolare, scandita da alcune preghiere in dialetto sardo che il guaritore sussurra leggermente, perché la persona le deve percepire ma non capire. Si tratta di nove frasi di preghiera, o meglio di supplica, rivolte ad alcuni arcangeli e all’Immacolata. Assemblato il tutto, la persona colpita dal malocchio deve bere tre piccoli sorsi di questa mistura (giusto un bagnarsi le labbra). Dopodiché il guaritore recita un’ennesima preghiera e, successivamente, il contenuto del bicchiere dovrà essere gettato o in un luogo con terra, oppure in un luogo in cui di fronte ci sia una finestra.

Gli elementi de sa mexina de s’ogu – Fonte www.sardignatour.com

Perché vengono utilizzati proprio questi elementi, qual è il loro significato?

L’acqua rappresenta la purezza, il vetro la chiarezza, mentre il grano rappresenta il cibo, di conseguenza il nutrimento e la forza. Il sale, invece, rappresenta la purificazione, tutto ciò che può assorbire. Ricordiamoci che si tratta di un rito antichissimo e dentro c’è una simbologia quasi pagana.

Il rituale ha un effetto immediato, o deve essere ripetuto?

A seconda di quanta negatività ha la persona colpita, può essere ripetuto per tre giorni consecutivi, però massimo ogni sei mesi, perché la prassi è che questo tipo di cura scarichi la persona e, di conseguenza, si ha bisogno di tempo per riprendersi.

Nessuna formula magica e nessuna pozione. Allora perché questo rito è considerato quasi magico?

Perché lo pratica un sensitivo che ha il dono di eliminare la negatività tramite il rito: è il guaritore che ha il potere tramite il rito, non viceversa.

Antichi rimedi contro il malocchio – Fonte www.naturopatiasardegna.blogspot.com

Consigli per chi decide di affidarsi per la prima volta a questa pratica.

Usare la logica. Innanzitutto, occorre fare un ragionamento di logica e, prima di pensare di essere colpiti dal malocchio, considerare altri fatti: magari si sta passando un periodo di stress, o un periodo in cui si hanno particolari problemi alimentari o con il proprio partner. Inoltre, ricordarsi che la medicina dell’occhio è gratuita e nessuno la deve far pagare: il guaritore serio non si deve far pagare, neanche attraverso un’offerta. Altro consiglio è di stare attenti, di guardare in faccia il guaritore e rendersi conto che chi ha il dono di aiutare gli altri deve essere una persona equilibrata, non una persona che deve essere aiutata a sua volta, perché per dare equilibrio, bisogna avere equilibrio.

L’articolo Sa mexina de s’ogu: Clara la “guaritrice” che porta avanti l’antico rituale sardo contro il malocchio proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi