Spesso la memoria storica dei piccoli paesi è riconoscibile in singoli individui, veterani della cosa pubblica, appassionati delle tradizioni, innovatori ricchi di idee e persone che “vivono” i luoghi. Per quanto riguarda Lanusei, tutte queste caratteristiche sono riscontrabili nel signor Giorgio Micheli.

Un uomo colto e conoscitore del territorio, che in questa intervista, fatta fra le mura domestiche ricche di tantissima arte e oggetti riconducibili al passato dell’Ogliastra, comprenderemo meglio dando a tutti la possibilità di abbeverarsi da questa brillante fonte di conoscenza vivente.

 

 

 

Partiamo dal principio: lei è a tutti gli effetti un lanuseino e un ogliastrino, però non è nato qui. Ci racconti un po’ del come e perché è capitato in Sardegna.

Mio nonno, Alemanno Nannini, nei primi anni ’30 del Novecento decise di migrare dalla Toscana alla Sardegna per motivi legati al suo lavoro. Infatti era un giramondo e aveva incassato l’interesse di una importante ditta tedesca che voleva acquisire gli abbozzi fatti da una materia prima che ha segnato poi il percorso della mia famiglia, la radica di erica sarda. Questa non è altro che un arbusto che si presenta con tante fibre legnose che risultano contorte e che può essere asportato dalla pianta per poi essere lavorato. Già nel 1880, in una Lanusei che viveva un periodo di intense trasformazioni, c’era una segheria atta alla fabbricazione dei cosiddetti abbozzi per pipe. Purtroppo, all’epoca questo tipo di lavoro non era usuale per una popolazione dedita prevalentemente ai lavori del mondo rurale e composta in maggioranza da pastori e contadini. Per questo motivo le segherie del tempo cercavano manodopera dalla penisola e non furono pochi quelli che risposero alla chiamata. Fra questi mio nonno, considerato un “pioniere della fabbrica di pipe in radica”. Io sono nato a Grosseto nel 1929 e mi sono trasferito qui nel 1932, dove ho vissuto costantemente esclusa una parentesi nel periodo bellico durante la quale ho vissuto fra Sassari, Nuoro e Olbia. Qui mi sono sposato con Tonina nel 1949 e abbiamo avuto sei figli e una vita bella.

Ci dica di più riguardo al lavoro: dove procurava la radica? Può descriverci qualche passaggio della lavorazione?

La pipa come oggetto ha preso valore al tempo dei cercatori d’oro, i raccoglitori di caffè, i cacciatori di pellicce. Erano uomini che per via del loro lavoro dovevano stare isolati in zone impervie per lunghi periodi, a volte anche più di sei mesi e guai che mancassero una dozzina di pipe. Potete immaginare un mercato abbastanza vasto che è perdurato nei decenni seguenti a quei tempi. Al tempo delle prime segherie era davvero complicato far capire ai contadini che la radica e quindi le pipe, potevano essere delle importanti risorse economiche. C’era tanta domanda e si poteva lavorare bene dato che la Sardegna forniva radica di qualità al mondo intero, cosa che oggi è impossibile non essendoci più il mercato di una volta. Infatti, era rinomato il cosiddetto “Ciocco Sardo” il quale qualsiasi azienda del settore avrà sicuramente trattato nel passato. Alla fine dell’Ottocento a Lanusei venne costruita la stazione dei treni e la ferrovia era diventato un importantissimo mezzo di trasporto. Per questo motivo il nostro laboratorio era adiacente alla stazione, nell’area in cui attualmente troviamo l’ospedale Nostra Signora della Mercede, in modo da poter sia ricevere la materia prima, che spedire questa una volta elaborata in abbozzi verso Arbatax e i velieri che l’avrebbero trasportata fuori dall’isola. Recuperavamo i ciocchi di erica arborea da tutta l’Ogliastra, con carri a buoi che giungevano fin da Talana e Villagrande Strisaili e un treno merci che circa ogni 15 giorni o su esplicita richiesta faceva una fermata per far riempire uno dei vagoni di materia prima. C’è stato un periodo in cui trattavamo fino a settemila quintali di radica in un anno, esportando il prodotto in Germania, Gran Bretagna, Olanda e il Canada.

Avete lavorato tanto e avuto contratti e collaborazioni anche con realtà importanti del settore. Com’è cambiata questa attività nel tempo?

Sì ad esempio con la ditta Savinelli, ma anche la ditta tedesca che fece la convenzione con mio nonno non era da meno. Veniva riconosciuto il nostro lavoro, che era duro e parecchio da svolgere tant’è che ci sono stati periodi in cui lavoravamo in turni massacranti anche di dodici ore, alternandoci perfino di notte pur di soddisfare la domanda. La verità è che eravamo bravi e lavoravamo dei prodotti di qualità. Ricordo ancora che nei dépliant che inserivamo nella scatola contente la pipa c’era scritto “Pipa costruita con radica dei migliori boschi secolari della Sardegna”.  Dopo aver studiato ho cominciato con questo lavoro a 15 anni, imparando e faticando moltissimo. A un certo punto fra il 1971-1972, ci fu la crisi della radica dovuta al fatto che i grossi industriali potevano reperirla più facilmente a minor costo dal basso Mediterraneo. Dei prezzi cosi stracciati ci mettevano in chiara difficoltà. Così io ho lavorato nell’industria della radica fino al 1971, continuando poi a realizzare le Pipe Ogliastra.

È cosa nota che una delle sue pipe sia stata in possesso di un grande personaggio storico.

Nel 1982 decisi di inviare una pipa all’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini e Luciano Lama, noto ex segretario della CGIL. Ovviamente non è stato facile farla arrivare al Presidente, dovendo affrontare giustamente mille controlli di sicurezza. Ma una volta arrivata a destinazione, il Presidente Pertini si preoccupò addirittura di mettersi in contatto con me via telefono. È stato molto piacevole e durante questo scambio telefonico mi chiese tanto di Lanusei, promettendo di imparare di più al riguardo di un paese sardo che non conosceva. Si diceva che la pipa in questione fu quella usata dal Presidente durante i Mondiali di Calcio in Spagna dello stesso anno.

Lei abita a Lanusei da una vita ed è riconosciuto come persona che ha dato tanto al paese sotto vari aspetti. Prima di parlare di cosa ha fatto nel tempo, ha un ricordo che vuole regalare ai nostri lettori?

Una cosa bellissima di Lanusei è sempre stato l’oratorio dei Salesiani, una realtà che al paese ha fatto tanto bene e segnato questo comune nell’anima. Ci sarebbero tantissime cose da dire e raccontare ma mi è rimasto impresso un gioco! Si chiamava il “passo volante” e non era altro che un palo di castagno piantato nel terreno alla cui apice veniva posta una girella con sei catene alle quali erano attaccati una specie di seggiolini. Noi lo usavamo ogni volta che potevamo e c’erano i bambini più grandi che riuscivano sempre a ritagliarsi la fetta migliore e usare il gioco più tempo. Ma a controllare il gioco c’era anche Don Usai, direttore dell’oratorio che all’epoca, quando io ero un ragazzino, aveva probabilmente già quarant’anni. Questi nei pomeriggi liberi si piazzava nel cortile in cui giocavamo con il passo volante, facendoci rispettare rigorosamente dei turni, quattro alla volta per cinque minuti sul gioco, ripetendo ogni volta una frase in sardo “Cuatru chi ant acabau s’ollu ‘e porcu”. Questa era la funzione importante dei Salesiani, educatori dei bambini scalzi e poveri che ci insegnavano anche a condividere le cose che avevamo.

Come detto poco fa, lei ha lavorato a tanti progetti tuttora presenti e funzionanti a Lanusei, fra queste le attività della Pro Loco. 

Sono stato quarant’anni in Pro Loco di cui trenta da presidente. Questa venne fondata dal padre di Siro Anedda e il signor Manca, un guardafili del tempo, che in collaborazione con il giurista Anselmo Contu, sardista e primo Presidente del Consiglio regionale della Sardegna, riuscirono a far costruire lo stabile in cui ha sede ancora oggi. Quando presi le redini della Pro Loco, ricordo che mi venne dato in mano l’unico bene di cui disponeva, ovvero un quaderno per la contabilità e la somma di 500 lire. Risorse che dovevamo farci bastare. Così nei primi anni ’80 sviluppammo l’idea di una sagra nuova, che andava in qualche modo a sostituire la sagra e le feste della vendemmia alle quali avevo assistito negli anni ’30. La natura ci offriva un buon prodotto, le nostre ciliegie, che permettendoci di avere una varietà non di poco conto ci diede la spinta per la prima edizione della Sagra delle Ciliegie, evento che negli anni è cresciuto diventando la Fiera che oggi tutta la Sardegna conosce. Oggi le Pro Loco lavorano con difficoltà come tutte le associazioni, ma è bello vedere che c’è chi ancora si spende per il proprio paese. Altro risultato a cui tengo tanto è il tiro a piattello nei pressi di Tricoli, ancora oggi funzionante dal 1972 e frequentato da tanti appassionati. Un luogo che ha permesso di ridurre le ostilità spesso dettate dai complicati rapporti fra cacciatori e ha creato maggiore socialità sia a Lanusei che i paesi nei dintorni. Inoltre, essendo per l’appunto un cacciatore e appassionato di arte venatoria, ho scritto qualche racconto proprio sulla caccia, i boschi e i cacciatori solitari.

Fra le tante esperienze che ha fatto mi risulta anche un’esperienza come amministratore in Comune, ci dica qualcosa in merito. Inoltre, ha un messaggio per i giovani che leggeranno questa intervista?

Sono stato consigliere comunale durante un mandato del sindaco Paolo Cabras negli anni ’70. È stata un’esperienza interessante ma dopo varie vicende complicate della politica ho deciso di non ripresentarmi agli elettori e di occuparmi del bene del mio paese attraverso altri canali, cosa che ho sempre fatto. È bello sapere che ci sono ancora giovani che si dedicano al proprio paese e che lo curano come si deve, anche in periodi difficili come questo in cui spesso manca il lavoro e c’è tanta incertezza. Per questo lodo sempre le iniziative che provengono dal mondo dell’associazionismo e dalle persone che credono in un posto bellissimo come Lanusei e un territorio unico come l’Ogliastra.

 

 

L’articolo Intervista a Giorgio Micheli, celebre artigiano re della pipa in radica e memoria storica lanuseina proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Nadir Congiu

Volgono al termine i lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio di via Dei Cavalieri a S. Maria Navarrese che ospita la scuola primaria e secondaria. Sono stati realizzati una serie di interventi che rendono la scuola più sicura e accogliente.

Si è realizzata la nuova pavimentazione della rampa d’ingresso, in sostituzione della precedente, scivolosa in occasione di giornate piovose. Sempre in prossimità dell’ingresso principale sono stati sostituiti i pluviali che risultavano danneggiati.

E’ stata realizzata l’impermeabilizzazione di tutta la copertura della palestra, avendo particolare attenzione ai punti di raccordo con il fabbricato scolastico. Alcuni piccoli interventi sono stati realizzati nel cortile esterno, per rendere più sicura la pausa della ricreazione.

Grazie alle rilevazioni termografiche svolte durante le prove sulle strutture, si è potuto intervenire all’intradosso di alcune parti dei solai, dove si è evidenziata la cattiva aderenza dell’intonaco in zone con presenza di umidità. In queste zone si è proceduto con la spicconatura dell’intonaco e il suo rifacimento.

E’ stata tinteggiata la facciata verso la via Dei cavalieri e fatto un restyling del locale auditorium. Sono stati realizzati importanti interventi sull’ascensore in modo da poterlo rendere utilizzabile.

In questi giorni si stanno completando gli interventi necessari all’adeguamento delle strutture a seguito della verifica di vulnerabilità sismica che porterà al collaudo statico. Alcuni piccoli interventi sugli impianti permetteranno un migliore e più razionale utilizzo.

La scuola è quasi pronta per accogliere in sicurezza i bambini e i ragazzi al rientro dalle vacanze estive.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

In Sardegna si registrano oggi 283 ulteriori casi confermati di positività al COVID, sulla base di 2608 persone testate. Sono stati processati in totale, fra molecolari e antigenici, 3230 test.

I pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono 21 (+1  rispetto a ieri). I pazienti ricoverati in area medica sono 237 (3 in meno rispetto a ieri).

7782 sono i casi di isolamento domiciliare (+54 rispetto a ieri).

Si registra 1 decesso di una donna di 82 anni residente nella Città Metropolitana di Cagliari.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

In Sardegna si registrano oggi 187 ulteriori casi confermati di positività al COVID, sulla base di 2994 persone testate. Sono stati processati in totale, fra molecolari e antigenici, 6702 test.

I pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono 20 (4 in meno rispetto a ieri). I pazienti ricoverati in area medica sono 240 (+ 7 rispetto a ieri).

7728 sono i casi di isolamento domiciliare (138 in meno rispetto a ieri).

Si registrano 3 decessi: un uomo di 63 anni e una donna di 70, residenti nella Città Metropolitana di Cagliari, e un uomo di 63 anni, residente nella Provincia del Sud Sardegna.

Non sono stati compresi i dati provenienti da Carbonia, Oristano, Nuoro e Olbia, perché non pervenuti.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

Si è fatto notare, nelle acque ogliastrine e al Porticciolo di Arbatax, lo yacht di Roberto Cavalli, Freedom.

L’imbarcazione, completamente nera, sprigiona in tutti i suoi 28 metri la personalità graffiante dello stilista toscano. Uno yacht che, appena presentato – a suo tempo –  è stato subito premiato, a Cannes, come il più avanguardista dell’anno.

Roberto Cavalli ha scelto la Sardegna per la sue vacanze al mare e Arbatax come una delle sue tappe, esattamente come lo scorso anno.

Le foto dello yacht sono state gentilmente concesse da Marco Dore.

 

L’articolo (FOTO) Roberto Cavalli con il suo yacht fa sosta al Porticciolo di Arbatax proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News La Redazione

 

Le launeddas sono tipici strumenti sardi spesso protagonisti delle nostre feste e sagre ogliastrine. La leggenda che segue narra la loro origine tra fiaba e realtà. Tempo fa in Sardegna, esisteva un pastore che abitava con la propria moglie e figlia in una capanna poco distante dal mare. Le due donne erano bellissime e il pastore temeva per la loro sorte poiché dal mare giungevano spesso popolazioni temibili che attaccavano la propria terra depredandola e saccheggiandola.

Un giorno, divenuto ormai vecchio e stanco, si rese conto di non poterle più proteggere e così smise di badare alle proprie greggi per poter sorvegliare notte e giorno le proprie acque. L’uomo si sentiva triste e solo e sempre all’erta trascorreva il proprio tempo suonando i suoi flauti che ricavava dalle canne della palude, alcune erano sottili, altre grosse, certe lunghe e alcune corte. Esse emettevano un suono soave che mutava di volta in volta. Il suono dei flauti non diminuiva di certo la sua paura ma almeno la addolciva. Il tempo passava e l’uomo temeva anche per la sorte della propria figlia che crescendo avrebbe avuto bisogno di un buon marito forte e coraggioso che avrebbe dovuto proteggerla quando egli non ci sarebbe stato più.

Per molto tempo nessuno raggiunse più l’isola ma arrivata la primavera arrivarono dal mare degli uomini dal viso pallido. Appena li scorse all’orizzonte, il pastore ordinò alla moglie e alla figlia di nascondersi con il proprio gregge in qualche antro nascosto della montagna in maniera tale che almeno loro trovassero scampo. Le donne ubbidirono ma a malincuore. Presto gli uomini bianchi sbarcarono sull’Isola, la invasero e la misero a ferro e fuoco. Con essa bruciarono anche la capanna del pastore e infine si accanirono con il suo gregge. L’uomo osservava il tutto triste e inerme. La sera, mentre erano intenti a banchettare, il pastore iniziò a suonare i propri flauti per scacciare la tristezza: con i suoi flauti emetteva dolci soavi mai uditi prima.

Il loro capo, rimase colpito dal loro suono e si diresse verso il pastore chiedendogli di suonare i propri flauti insieme in cambio della propria vita in salvo. Pur di salvarsi il buon uomo si ingegnò, legò con un filo d’erba tutte le canne e cercò di comporre la migliore sinfonia che fino ad allora non aveva mai suonato. Il capo stupito liberò subito il pastore e in cambio di un suono così soave gli chiese di esprimere un desiderio che fosse in suo potere esaudire. L’uomo allora rivelò la verità dicendo che aveva nascosto la propria moglie e figlia e che per quest’ultima desiderava un marito che avrebbe potuto proteggerla quando egli non ci sarebbe stato più. Il capo mantenne la sua promessa, liberò le due donne ma s’innamorò subito della bella ragazza e la chiese in sposa. Quelle genti che vennero dal mare si presentarono con il nome di Fenici e quei flauti legati l’un l’altro da fili d’erba col tempo presero il nome di launeddas.

Storia tratta dal libro: 101 storie sulla Sardegna che non ti hanno mai raccontato – La magia di un’isola attraverso i suoi personaggi e le sue leggende. Di Gian Michele Lisai. Collana de La nuova Sardegna.  

 

 

L’articolo La leggenda dell’origine delle launeddas, protagoniste delle nostre feste e sagre ogliastrine proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Maria Lidia Contu

Uno strano ritrovamento avvenne nel 1871 presso l’isolotto d’Ogliastra.

L’operaio Giovanni Corda di Tertenia, mentre lavorava nel porticciolo del piccolo arcipelago di Lotzorai, scoprì un forziere con all’interno tanti oggetti preziosi. Nel tesoro spiccavano tanti anelli di varia fattura e seicento zecchini d’oro raffiguranti i Dogi veneziani. In particolare le fattezze di: Contarini, Valieri, Carraro, Ruzzini, Grimani, Loredano e Mocenigo.

Restano ignoti coloro che nascosero i preziosi nell’isolotto, si ipotizza sia stato l’equipaggio di una nave in grave pericolo o difficoltà nel 1700.

Si racconta che quasi venticinque anni dopo, il tesoro ritrovato sarebbe stato la causa di una famosa grassazione avvenuta in Ogliastra.

Nel 1894 nella notte tra il 13 e il 14 novembre un centinaio di banditi attuarono un assalto nella casa della famiglia del cav. Vittorio Depau.

L’episodio è passato alla storia come “La bardana di Tortolì”. Sarebbe stata architettata dai fuorilegge per impossessarsi della parte del tesoro del 1871 in mano al cav. Depau.

All’epoca era l’uomo più ricco del paese.

L’articolo Lo sapevate? Nell’isolotto d’Ogliastra venne trovato un tesoro da un operaio di Tertenia proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

A Lanusei è nota la Grotta di “Cristolu Locci”, posta all’estremo occidentale del bosco Selèni, nei  pressi della Valle della fonte Sipàri. 

Questa avrebbe preso il nome da  un uomo di nome Cristoforo Locci, che la utilizzava come nascondiglio. 

La memoria storica lanuseina ha tramandato la figura di questo individuo descrivendolo a tinte fosche e particolarmente pericoloso.  Di “Cristolu” non si conosce né l’origine e neppure i reati dei quali si sarebbe macchiato, ma si narra fosse braccato dalle forze dell’ordine. 

Soprannominato “miarru-miarru”, l’uomo sarebbe stato assassinato da un gruppo di cacciatori di Gairo e Lanusei in circostanze particolarmente cruente.  Dopo essere stato catturato da questi, sarebbe stato costretto a cadere in un precipizio dagli aguzzini.  Infatti armati di bastoni percuotendolo lo avrebbero fatto avanzare in una rupe di fronte ad un precipizio per poi farlo sfracellare. 

Similitudini con la morte di “Cristolu” sono riscontrabili con il macabro rito dell’uccisione degli anziani che sarebbe stato utilizzato dai sardi in epoca arcaica.  Della leggenda di “Cristolu Locci”  fa menzione l’illustre generale e scrittore Angelino Usai, nell’opera “Il villaggio nuragico di Lanusei” del 1970. 

Sempre Usai riporta i racconti di persone che testimoniano  come alla fine dell’ottocento la grotta lanuseina fosse un rifugio di latitanti. Tra questi, il nascondiglio di Michele Moro di Gadoni e Liberato Onano di Aritzo.

 

L’articolo Leggende ogliastrine. La storia de Sa Grutta de Cristolu Locci proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Rita Fanni, casalinga tortoliese, oltre a quella per la lettura coltiva da sempre la passione per la cucina. Il suo cavallo di battaglia? I piatti a base di pesce, che prepara spesso per marito, figli ed amici.  Oggi ci propone una gustosa ricetta: i calamari ripieni di uvetta. Un secondo di pesce che conquisterà ogni ospite, di media difficoltà.

“E’ un piatto che inizialmente può sembrare stravagante ma posso garantirvi che il dolce dell’uvetta si sposa benissimo con il sapore del pesce. Da provare assolutamente!” afferma Rita.

 

 

INGREDIENTI PER 4 PERSONE:

300 ml di passata di pomodoro

4 calamari medi

4 cucchiai di pane grattuggiato

2 cucchiai di formaggio grattuggiato, 2 uova, 20 grammi di uvetta

Uno spicchio d’aglio, peperoncino e un ciuffo di prezzemolo, una spruzzata di vino bianco

Olio e sale q.b.

PROCEDIMENTO

Mettere a bagno  l’uvetta in un bicchiere di acqua calda ed iniziare a pulire i calamari.

Sciacquateli sotto l’acqua corrente, ed eliminate la pelle esterna, poi con le mani staccate delicatamente la testa dal mantello e tenetela da parte. Una volta estratta la testa, sempre con le mani, cercate la penna di cartilagine trasparente che si trova nel mantello ed estraetela delicatamente. Passate nuovamente il calamaro sotto acqua corrente, lavatelo ed estrarre le interiora dal mantello

A questo punto togliete i tentacoli, sminuzzateli e rosolateli. Avrete quindi il primo elemento del vostro ripieno.

Lasciate raffreddare il preparato e aggiungete il pane grattugiato, il formaggio, l’uvetta, una presa di sale e qualche fogliolina di prezzemolo. Legate tutto con l’uovo sbattuto e farcite le sacche dei calamari.

In una padella a parte mettete a soffriggere olio, aglio e un po’ di peperoncino e aggiungete la passata.

Mentre il sugo cuoce chiudete, quindi, le aperture con degli stuzzicadenti e rosolate i calamari in padella con tre cucchiai di olio.

Appena avranno ceduto l’acqua, sgocciolateli e trasferiteli nel tegame con la salsa di pomodoro a bollore. Lasciateli cuocere li per 20-30 minuti.

Servite. Buon appetito!

Note: Il calamaro e’ un alimento delicato, cuocerlo troppo a lungo potrebbe causare di rompersi. Se si vuole si possono unire 10 grammi di pinoli all’impasto di uvetta.

L’articolo Le ricette “di mare” dei lettori: i calamari ripieni di uvetta di Rita Fanni proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Ancora fiamme nelle campagne della Sardegna.

In data odierna, su un totale di 21 incendi occorsi sul territorio regionale, si segnalano 3 roghi, per lo spegnimento dei quali il Corpo forestale ha utilizzato, oltre alle squadre a terra del sistema regionale antincendio, anche mezzi aerei:

1 – Incendio in agro del Comune di Nurri località “Taccu de Nurri”, il cui spegnimento è stato coordinato dal personale della Stazione del Corpo Forestale di Isili, coadiuvata dal personale elitrasportato a bordo dell’elicottero proveniente dalle basi operative del CFVA di Sorgono e Villasalto. Sono intervenute 3 squadre dell’Agenzia Forestas e da 1 squadra di volontari delle associazioni di Isili. L’incendio ha percorso una superficie di circa 3 ettari di pineta e 5 di macchia. Le operazioni di spegnimento si sono concluse alle ore 17:17.

2 – Incendio in agro del Comune di Samassi località “Fatt.a Piras”, il cui spegnimento è stato coordinato dal personale della Stazione del Corpo Forestale di Sanluri, coadiuvata dal personale elitrasportato a bordo dell’elicottero proveniente dalla base operativa del CFVA di Marganai. Sono intervenute 1 squadra dell’Agenzia Forestas , 2 squadre della Compagnia barracellare . Le operazioni di spegnimento si sono concluse alle ore 16:59.

3 – Incendio in agro del Comune di Sorso località “Pedra Mincina”, il cui spegnimento è stato coordinato dal personale della Stazione del Corpo Forestale di Sassari, coadiuvata dal personale elitrasportato a bordo degli elicotteri provenienti dalle basi operative del CFVA di Bosa e Anela, Sono intervenute 3 squadre dell’Agenzia Forestas , 1 squadra della Compagnia barrace, 2 squadre dei VVF e da 1 squadra di volontari . Le operazioni di spegnimento si sono concluse alle ore 17:48.

L’articolo Sardegna, oggi 21 incendi hanno devastato le campagne: in tre sono intervenuti i mezzi aerei proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda