Il muflone è uno degli animali più rappresentativi della Sardegna, maestoso ed elegante lo possiamo incontrare nelle foreste dell’Isola.

In queste spettacolari foto di Elisabetta Meloni, realizzate nelle campagne di Seui, possiamo ammirare questi splendidi animali.

Non sarà stato facile realizzarle perché bisogna avere il vento contrario alla propria direzione, e mantenere il passo lento e silenzioso.

Quando si accorgono della presenza di un pericolo, all’improvviso, sollevano la testa assumendo la loro posa maestosa.

Fiutano l’aria, immobili scrutano i movimenti della fotografa, qualche secondo, il tempo di immortalare il momento… E già, sono spariti tra la macchia.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

La loro storia ha qualcosa in comune con altri dolci tipici: preparati in origine per la celebrazione di determinate ricorrenze religiose, vengono ormai gustati durante tutto l’anno.

Antonio Gramsci, in una delle sue lettere dal carcere, le cita augurandosi un pranzo ideale con la famiglia: «Sono sicuro che ci vedremo ancora tutti assieme, figli, nipoti e forse, chissà, pronipoti, e faremo un grandissimo pranzo con kulurzones e pardulas».

Ma com’è fatto questo dolce così amato? Is pardulas sono come delle piccole tortine con un ripieno di ricotta e zafferano profumato con la scorza di arancia o limone e racchiuso da una coroncina di pasta violata lavorata a mano. La pasta “violada” è un impasto di semola, acqua e strutto (o olio) usato in molte preparazioni sarde, come le seadas e le panade. Questo tipo di pasta, detta anche “pillu” in sardo, viene plissettata con gesti che richiedono manualità e maestria, tramandati di generazione in generazione. Il cestino che si crea appunto per racchiudere il ripieno ha solitamente dalle quattro alle otto pieghe (cosidette spizzicorrusu o biccos) che si protraggono verso l’esterno. Il dolce somiglia alla fine ad una stella con più punte e con un “cuore” tondo e bombato.

Oltre alle “pardulas de arrescottu” esistono delle varianti a base di formaggio fresco di giornata, più diffuse nel Centro Nord Sardegna. Queste sono chiamate “pardulas de casu” o “casadinas”, a seconda del dialetto, o formagelle in italiano. Possono essere realizzate con  formaggio di pecora oppure di mucca e spesso hanno una forma più schiacciata e prevedono l’aggiunta di uvetta sultanina nel ripieno. A seconda della consistenza del ripieno, questi dolcetti possono essere di due tipi: con ripieno cremoso e con ripieno alveolato e soffice, simili a tortine al formaggio. Questo dipende in larga parte dalla percentuale di uova utilizzata nella preparazione.

In origine pare non fossero tonde, ma che avessero invece una forma a mezza luna e venissero chiamate “padruas a coccoi”. La preparazione era associata alla Pasqua, quindi alle fasi lunari, da cui forse la caratteristica forma.
Un altro fatto storico e curioso è legato invece al Giorno dei morti: si narra infatti che le pardule fossero tra i dolci offerti alle “animeddas”, le anime dei morti; in alcuni paesi dell’oristanese e del cagliaritano rappresentavano un omaggio a Maria Puntaoru, una sorta di strega appartenente all’immaginario ancestrale sardo.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

In pochi sono a conoscenza del ritrovamento a Ussassai di una piccola statuina in bronzo raffigurante l’eroe greco Eracle in seguito ripreso dalla mitologia romana con il nome di Ercole.

Di notevole interesse storico e artistico, attualmente è conservata al Museo Diocesano di Lanusei, fondato nel 1992 da Mons. Antioco Piseddu, e inaugurato nel maggio del 1995.

Di questa statuetta era sconosciuta la provenienza, ma in seguito si è risaliti alla storia del suo ritrovamento.  A metà degli anni cinquanta del secolo scorso, durante i lavori di scavo per la costruzione dell’edificio delle scuole elementari di Ussassai, venne rinvenuta la preziosa statuetta, nel centro dell’abitato attuale, dall’impresario Vargiu.

Non fu eseguita nessuna ricerca successiva nella località del ritrovamento, s’ Enninnìa, e l’unico reperto ritrovato fu dato in custodia dal signor Deplano, segretario comunale all’epoca, all’allora sacerdote del paese Don Carta. Quest’ultimo fece dono della statuetta bronzea al vescovo ogliastrino Mons. Basoli, durante una visita pastorale a Ussassai, tra la fine degli anni sessanta e gli inizi degli anni settanta.

Oggi “l’Ercole di Ussassai”, è conservato nella sezione numero uno del Museo Diocesano, come scritto in precedenza, ed è stato studiato minuziosamente da Giovanni Idilli.

La statuetta in bronzo di piccole dimensioni di fattura ellenistica, raffigura un Ercole barbuto, ebbro in segno di saluto, e risalirebbe al II secolo d.c., quindi in epoca romana. La statuetta è mancante della spalla e del braccio sinistro. Tanti sono i quesiti che pone questo reperto archeologico, in un territorio come quello di Ussassai ricco di testimonianze storiche e ritrovamenti di varie epoche.

 

 

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

È stata una coltellata mortale al collo a uccidere Angelica Salis.

Questo il risultato dell’autopsia svolto sul corpo della 60enne assassinata dal marito Paolo Randaccio, 67enne reo confesso, da parte del medico legale del Policlinico di Monserrato Roberto Demontis.

L’uomo ha inferto sul corpo della consorte sei coltellate, cinque al torace e una al collo. Quest’ultima è stata quella mortale.

Lunedì è previsto l’interrogatorio per la convalida del fermo di Paolo Randaccio, che racconterà agli inquirenti la sua versione dei fatti.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

Manifestazione sulla strada statale 198 da parte degli abitanti della Barbagia di Seulo.

Un corteo ha percorso la strada tra Esterzili e Seulo per rivendicare il diritto alla sanità. Da troppo tempo ormai i cittadini di questa zona della Sardegna sono senza un medico di base.

“La Sardegna non finisce dove iniziano le montagne”: con lo slogan di questo striscione si può sintetizzare il sentimento diffuso tra gli abitanti di Seulo, Esterzili, Ussassai e Sadali.

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Tragedia nelle campagne di Fluminimaggiore.

Un giovane escursionista tedesco ha perso la vita durante una sessione di arrampicata.

Un masso si è staccato dalla parete rocciosa e ha colpito il ragazzo, in vacanza nell’Isola. Una sua amica è rimasta ferita ma non in modo grave.

Sul posto sono intervenuti i vigili del Fuoco del Soccorso Alpino e gli uomini del 118. Il ragazzo colpito dal masso, ancora in vita, è stato sistemato sull’elicottero per essere trasportato all’ospedale, ma è morto poco dopo.

Da ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente, ma secondo le prime testimonianze la vittima si trovava a terra e teneva la corda per l’amica sulla parete quando è stato travolto dal masso. La ragazza sarebbe così precipitata al suolo. Quest’ultima è ricoverata.

Saranno i carabinieri a svolgere i dovuti rilievi per comprendere meglio la dinamica dell’incidente.

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Umile, generoso e silenzioso, Silverio Calisi, conosciuto da tutti come Zio Cilormo, ha lasciato un segno indelebile nella memoria di tutti gli ogliastrini.

Durante la sua vita, con la sua saliva “miracolosa” e con l’ausilio della preghiera, ha alleviato le sofferenze di tante persone afflitte da malattie della pelle. Sempre a titolo gratuito, con la porta della sua casetta di Arbatax sempre aperta. E’ lì che tutti lo ricordano negli ultimi anni della sua vita, seduto fuori al fresco o a sistemare le reti da pesca.

Ad Arbatax, in occasione della Festa di San Silverio, al quale Zio Cilormo era profondamente devoto, è stata dedicata una piazzetta al pescatore guaritore, delle cui straordinarie capacità si era interessata anche la stampa nazionale.

Alcune immagini di Zio Cilormo, gentilmente concesse dalla famiglia:

 Guarda la gallery


 Zio Cilormo 9  


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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Nell’opera De mirabilibus auscultationibus – opera attribuita in età antica ad Aristotele ma di paternità incerta – si raccolgono curiosità, leggende e credenze dell’antichità. Tra queste, quella che i Cartaginesi avessero proibito la coltivazione di alberi da frutto in Sardegna.

Insomma, pare che avessero ordinato il taglio delle preesistenti vietandone di nuove. La pena per gli inadempienti? La morte, ovviamente. Come obiettivo, l’incremento della produzione di grano nell’isola. Alcuni storici ridimensionano la notizia collocandola all’interno della campagna contro le barbarie puniche, tuttavia altri ci vedono uno schema preciso per giustificare, a posteriori, la mancanza di un determinato prodotto nell’isola. Cioè, contesto idealizzato – terre fertilissime – più mancanza di alberi da frutto, uguale causa materiale imposta esternamente. I dominatori del mare che, cattivi, avevano imposto determinate norme.

Eppure, proprio all’età fenicio-punica risalgono le prime testimonianze sicure di coltivazione dell’ulivo in Sardegna. Notizie sul contrasto del vino sardo in età nuragica – in favore della cerealicoltura – si trovano anche nelle pagine di Diodoro: i Cartaginesi, scriveva, avevano tagliato tutti gli alberi da frutto nel Campidano. Tra questi, mandorli, noci, noccioli, fichi, meli, peri, ulivi, vigneti.

Fonte: 101 perché sulla storia della Sardegna che non puoi non sapere, Antonio Maccioni, Newton Compton Editori

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Un “pregantu” per far passare tutti i dolori: una formula, tra il sardo e il latino, che veniva recitata per alleviare in passato piccole e grandi sofferenze. 

Ne parla Simonetta Delussu, la scrittrice tertenese, nel suo libro “Stregoneria in Sardegna. Processione dei morti e riti funebri”.

I pregantusu ( o berbos) indicano per i sardi una cosa precisa: ripetizioni di parole capaci di curare malattie, far guarire disordini psicofisici, togliere il malocchio, far trovare un tesoro, proteggere dalle armi, far piovere.

Tra i vari, uno per alleviare i dolori.

 

Ecco il pregantu:

Prima è sa manu mia, tre sa de Maria

cinqu e cinqu apostolusu, tottus furinti compostusu.

Faccia a Cristu, cinqu evengelistusu,

cinqu patriarca, tindi tiranti s’arcasa

is arcasa e su rei e sin di torrinti in beni re dei giudicei.

Miseremei dei

misericordiam secum magna tua,

cinque per cinque volte un gloria.

Mi cospargerai signore con l’isopo, e io sarò mondata

tre segni di croce, re dei giudei, miserere mei dei.

 

Come si vede, il pregantu è tutto cristiano, e nella seconda strofa sparisce anche la lingua sarda per lasciare posto al latino. 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Un disperso nelle campagne di Baunei.

Un giovane trentenne di Gavoi in escursione nel Supramonte ha chiamato il 112 dicendo che non trovava più la strada del ritorno.

Subito però si sono persi i contatti visto che il telefono del ragazzo si è spento e dopo le prime ricerche è stata trovata solo la macchina.

Le squadre dei vigili del fuoco stanno battendo tutta la zona nei sentieri tra Cala Mariolu e Cala Goloritzé.

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Fonte: Ogliastra News Alessandra Useli