Con Decreto n. A/18 del 21.10.2021, pubblicato sul BURAS n. 59 del 22.10.2021, l’Assessore della Difesa dell’Ambiente Gianni Lampis ha integrato il Decreto n. A/17 del 06.10.2021.

Pertanto, viene autorizzata un’ulteriore giornata di prelievo venatorio della lepre sarda e della pernice sarda il 24 ottobre 2021, nel territorio libero alla caccia.

A seguito del monitoraggio dei capi abbattuti nelle precedenti giornate e sulla base del contingente abbattibile approvato da Ispra, precisa l’assessore Gianni Lampis, vengono autorizzate due giornate di prelievo venatorio alle stesse specie nelle giornate del 24 ottobre 2021 e 31 ottobre 2021, nelle Autogestite di caccia che hanno effettuato i censimenti e hanno Piani con risultanze positive.

Il carniere massimo giornaliero consentito è di una Lepre sarda e una Pernice sarda. Resta invariato il carniere stagionale, stabilito con il Decreto n. A/17 del 06.10.2021, che prevede 2 capi di Lepre sarda e 2 capi di Pernice sarda.

Inoltre, nel territorio libero alla caccia della Regione Sardegna, che ricade nei siti della Rete Natura 2000, non è consentito il prelievo della Pernice sarda

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Timidissimo vive nelle foreste, soprattutto di latifoglie, nelle zone rocciose montane e nelle valli più impervie della Sardegna. E’ molto agile e veloce nell’arrampicarsi sugli alberi; attivo soprattutto all’alba e al tramonto, meno nelle ore notturne, trascorre il giorno nella sua tana o nascosto tra la vegetazione. Cacciatore infallibile si nutre di vertebrati di piccola e media taglia vivi, come topi selvatici, topi quercini e ghiri, piccoli passeriformi, rettili e anfibi. Anche la pernice sarda, la lepre ed il coniglio, se sono presenti nella zona in cui vive per il gatto selvatico sardo sono prede succulente.

foto di Ignazio Pillitu

Come i suoi parenti domestici, ha l’abitudine di affilarsi le unghie sui tronchi degli alberi, attività con la quale lascia anche tracce olfattive per segnare il suo territorio. Sembra che la sua presenza nell’Isola sia dovuta ai Fenici i quali utilizzavano il gatto africano come animale da compagnia e, a bordo delle loro imbarcazioni, per cacciare i ratti. Probabilmente qualche esemplare fuggito dalle navi fenice si è rifugiato sulle montagne sarde dove si è stanziato evolvendosi in un gatto selvatico con caratteristiche peculiari che lo hanno reso unico. È più piccolo del gatto selvatico europeo, misura infatti 50-70 cm e il maschio pesa fino a 3 chili, mentre la femmina non arriva a 2 chili.

foto di Ignazio Pillitu

Il suo manto è grigio a striature più scure, ha una caratteristica coda, lunga circa metà del corpo, che termina di netto come se fosse tagliata, ma ciò che lo caratterizza maggiormente sono dei ciuffi di pelo più evidenti sulla cima delle orecchie. In sardo si chiama “Pisittu aresti”, gatto selvatico, e vista la sua indole solitaria, la parola aresti viene anche usata per definire le persone poco socievoli. Gli unici momenti di socialità infatti per il Felis Lybica Sarda sono quelli legati all’accoppiamento e all’accudimento della prole. Si riproduce solo una volta all’anno e già dopo tre mesi i cuccioli diventano autonomi.

Il gatto selvatico sardo è molto raro, rientra nelle specie protette grazie a una legge regionale del 1998, ed è molto difficile riuscire a fotografarlo. Le foto dei primi piani sono di Ignazio Pillitu e rappresentano un esemplare imbalsamato del Museo Minerario di Iglesias.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Matrimonio ad Arbatax. Festosa uscita dalla chiesa di Stella Maris la mattina del 30 ottobre 1976. Fiori di buon augurio per gli sposi Margherita e Giorgio.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

I Carabinieri della compagnia di Nuoro sono intervenuti nel tardo pomeriggio a Pratosardo dove un cacciatore 54enne di Nuoro è rimasto ferito nel corso di una battuta di caccia.

I militari stanno effettuando gli accertamenti per ricostruire la dinamica dei fatti. Il cacciatore è stato ferito ad un fianco dal compagno di caccia, un 65 originario di Oliena ma residente a Nuoro.

I due facevano parte di una comitiva di quattro cacciatori, tutti interrogati dai militari, che hanno ricostruito la dinamica dell’incidente verificatosi nei boschi a circa 1 chilometro dalla zona industriale di Pratosardo.

Un solo colpo ha colpito l’uomo che rimarrà in osservazione all’ospedale di Nuoro. Le sue condizioni non sono gravi.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

La Sardegna, anche oggi, si conferma terra di longevità.

La comunità di Macomer, infatti, ha festeggiato le 103 primavere di Tzia Peppina Pirisinu.

Originaria di Ardara, la centenaria vive però da tantissimo tempo nel comune del nuorese.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

La foto di oggi, gentilmente concessa da Massimo Mulas, ritrae una processione degli anni 70, che per il rito di S’Incontru si ferma dinnanzi alla cattedrale di S.Andrea di Tortolì.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

Alla fine del 2020, tre ragazzi di Ussassai – Fabrizio Deplano, Samuele e Antonio Loi – hanno deciso di mettersi in gioco creando un’associazione giovanile con lo scopo di valorizzare il proprio territorio e allo stesso tempo tutelarlo dal turismo di massa. Da questa idea nasce proprio “Ussassai Experience”, un mix di natura, sport ed ecosostenibilità.

 

 

Ussassai è un piccolo paese di 500 abitanti, conosciuto come terra di trekking e di tanti percorsi naturalistici da scoprire e esplorare.

La necessità di un’associazione che salvaguardasse e valorizzasse il paese, è nata l’estate del 2020, perché come tante altre zone della Sardegna, anche l’Ogliastra offre dei veri e propri gioielli naturalistici che non vengono pubblicizzati e valorizzati. «Per anni ci siamo lamentati del fatto che ad Ussassai arrivassero turisti e il paese non offrisse loro punti di riferimento a cui affidarsi» affermano i ragazzi. 

Per questo motivo a dicembre 2020, Fabrizio, Samuele e Andrea hanno deciso di concretizzare quella che fino a quel momento era solamente un’idea, creando “Ussassai Experience.”

L’associazione «nasce per dare una risposta a quella domanda che ha visto crescere in modo esponenziale il turismo naturalistico. Le bellezze paesaggistiche del nostro territorio, sono state negli ultimi anni spesso meta di questo turismo, talvolta incontrollato. Ciò ha generato delle frizioni fra gli ussassesi e i turisti. I primi preoccupati che un numero troppo elevato di visitatori potesse compromettere i delicati habitat locali, i secondi bramosi di visitare quei luoghi selvaggi, o bagnarsi nelle fresche acque di quelle piscine naturali che, magari, avevano visto sui vari social network» spiegano i tre ragazzi. 

I progetti proposti, ancora da sviluppare, sono veramente vari ma sono incentrati su un elemento in comune: lo sport. Infatti la loro idea si basa sull’organizzazione di varie attività all’aperto come “Nordic Walking” e “Fitwalking”, e passeggiate in gruppo, alla scoperta dei territori di valore inestimabile. «Ci teniamo particolarmente a far conoscere le bellezze del nostro paese attraverso le nostre attività, programmate volutamente, con piccoli gruppi di persone, in modo da vivere meglio questa esperienza e pesare meno sul territorio» affermano.

Sono tanti i luoghi di interesse turistico presenti nel comune di Ussassai, primo fra tutti il bosco di Monte Arbu con le sue bellissime sorgenti, fonti, fiumi e le famose piscine naturali.

Luoghi a cui gli abitanti sono legati particolarmente: «Intorno a noi abbiamo tanta bellezza, una bellezza che vogliamo offrire e condividere con gli altri ma che non siamo disposti a sacrificare sull’altare di un turismo mordi e fuggi. Conoscere e amare il proprio territorio significa anche saperne leggere le diverse potenzialità, e riconoscere i suoi limiti nell’assorbire il peso della presenza dell’uomo. Noi siamo certi che una simile proposta possa essere accolta con favore. Abbiamo fiducia nelle persone che vorranno venire a scoprire i molteplici volti della natura, spiegheremo loro le dinamiche e gli equilibri che intendiamo tutelare e siamo certi ne diventeranno loro stessi alfieri. Ciò che ci circonda è un libro meraviglioso che contiene tante storie, non solo storie di boschi, pietre, fiere ma anche le storie degli uomini che vi hanno abitato, che hanno cercato di piegarle ma ne sono anche stati piegati» concludono i tre giovani ulassesi. 

 

 

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Fonte: Ogliastra News Morena Pani

Lo sapevate? Quando Gigi Riva arrivò a Cagliari la maglia numero 11 era sulle spalle di un altro beniamino dei tifosi rossoblù.

Nell’estate del 1963, con il Cagliari in B, Gigi Riva arrivò in Sardegna non senza qualche scetticismo. L’allora 19enne attaccante lombardo fu inizialmente spaventato dal capoluogo sardo, così diverso dalla pianura lombarda. Ma non ci mise tantissimo ad ambientarsi. In gruppo però la maglia numero 11 era già sulle spalle di Tonino Congiu, uno dei beniamini dei tifosi rossoblù. Più tardi Rombo di Tuono confessò: «Mi guardavano storto, i tifosi, perché preferivano Tonino Congiu, a cui presi la maglia numero 11». Ecco come andò a finire.

A Riva bastò un anno, quello della prima storica promozione dalla B alla serie A, per riuscire a strappare al compagno maglia, numero e posto da titolare.

 

Riva segnò già all’esordio nella sfida esterna contro il Prato ma il mito dell’attaccante amato dalla folla cominciò nel settembre del 1963 all’Amsicora, il vecchio stadio di Cagliari, quando Riva segnò due reti al Napoli.

 

Dopo quei due gol tutto cambiò. Quelle reti sono sempre state le preferite da Riva che in quel torneo segnò otto gol, cinque dei quali decisivi nelle ultime giornate, che regalarono al Cagliari la prima storica promozione in serie A. Il primo nella prima giornata in trasferta, contro il Prato, come detto, poi la doppietta al Napoli, una rete al Palermo, una decisiva al Potenza, la doppietta al Verona, il gol del pareggio con l’Udinese.

Dopo le prime partite al Cagliari e con la Nazionale maggiore, Gianni Brera stroncò le prestazioni di Riva. “Quanta pena, povero ragazzo”, scrisse. Qualche anno dopo, però, si ricredette. Fece mea culpa e divenne uno dei suoi più grandi estimatori, coniando lui stesso il soprannome di “Rombo di tuono”.

In quel campionato il Cagliari arrivò secondo fu promosso in A: il sogno poteva avere inizio, sette anni dopo arrivò lo Scudetto incredibile.

Il 9 febbraio 2005, nell’aula consiliare del Comune di Cagliari, il sindaco Emilio Floris gli ha concesso la cittadinanza onoraria. La sera stessa, prima della partita dell’Italia contro la Russia giocata allo stadio Sant’Elia, il Cagliari ha ritirato per sempre la maglia numero undici, che fu consegnata a Riva da Rocco Sabato, l’ultimo giocatore rossoblù ad averla indossata, con una cerimonia alla quale parteciparono molti giocatori che con lui avevano conquistato lo scudetto della stagione 1969-70.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

Massimo Zedda è stato dimesso dall’ospedale, dopo il brutto incidente stradale in cui era rimasto coinvolto nella serata di mercoledì  6 ottobre, nella zona di Oristano.

A dare la notizia è stata lo stesso consigliere regionale dei progressisti attraverso un messaggio sui social: “A casa, dopo quasi due settimane in ospedale e due interventi chirurgici. Per fortuna mi sono fatto male solo io e nessun altro è stato coinvolto nell’incidente”.

“I miei ringraziamenti a chi ha prestato i primi soccorsi in ambulanza dopo l’incidente stradale, al personale dell’ospedale San Martino di Oristano – continua Zedda – in particolar modo a coloro che prestavano servizio nel Pronto Soccorso, e a quello del Santissima Trinità di Cagliari, reparti maxillo-facciale e ortopedia: nonostante due anni difficili all’interno dei presidi ospedalieri, ho avuto conferma della disponibilità e della professionalità di operatori sanitari, infermieri e personale medico in tutti gli ospedali e nei reparti nei quali sono stato ricoverato”.

“Un grazie di cuore a tutte le persone che mi hanno scritto su tutte le piattaforme online, alle amiche e agli amici.
Grazie davvero a tutte e a tutti. A presto”, conclude il consigliere regionale.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

A Seui alla fine de “beranu” (primavera), iniziava la disputa tra chi voleva “acapiai” (legare) e chi “scapiai” (slegare) “s’abba” (l’acqua). La lotta vedeva contrapposti i contadini, ai quali l’acqua era necessaria per irrigare le proprie coltivazioni, e i fornaciai che producevano la calce attraverso la “cottura” delle pietra calcarea in fornaci realizzate in aperte campagna dove abbondava il minerale.

Le piogge avrebbero danneggiato questi ultimi, in quanto, all’interno delle strutture realizzate per ottenere la calce, dovevano mantenersi alte temperature e occorreva molto legnatico, soprattutto leccio.

In un’annata perdurava una lunga siccità, e si diceva fosse opera dei fornaciai che avevano trovato il modo di impedire le piogge. Per legare l’acqua avevano celebrato un rito magico con l’utilizzo di appositi formulari propiziatori, nascondendo in un luogo segreto una brocca di terracotta piena d’acqua.

Si diceva che il contenitore con il prezioso liquido fosse stato sotterrato, altri sostenevano fosse nascosto in luoghi inaccessibili. Le piogge sarebbero ritornate solo una volta evaporata l’acqua dalla brocca.

I contadini al limite della disperazione per salvare i propri raccolti le avevano provate tutte. Avevano invocato l’intercessione di San Cristoforo, altri avevano provato a cercare nella fitta boscaglia e chi, addirittura durante la notte, aveva immerso nei fiumi le ossa dei morti trafugate dal cimitero.

Alla fine un gruppo di contadini decise di dare l’incarico di trovare la brocca ad un giovane scaltro e agile di nome Antoneddu. Fu stipulato un patto con il ragazzo: se fosse riuscito a distruggere la brocca e riportare le piogge, gli avrebbero donato un paio di scarpe nuove.

Il giovane accettò a patto che avesse le nuove calzature prima dell’inizio dell’impresa. Il ciabattino del paese realizzò un bellissimo paio di scarpe su misura, molto apprezzate da Antoneddu che, essendo povero, non aveva mai potuto permettersi un paio di calzature in pelle così pregiata.

Qualche giorno dopo partì alla ricerca della brocca, con i viveri fornitegli dai contadini dentro una “bertula” (bisaccia). Il primo giorno si arrampicò nei punti più inaccessibili delle campagne del paese, ma la ricerca non portò a nulla. Poco prima della notte trovò ricovero nel rifugio di un amico porcaro a cui raccontò dell’impresa, e questo, mosso da spirito solidale, nei giorni seguenti lo aiutò nella ricerca.

Nei giorni successivi i due amici scavarono in varie zone e con il bastone percossero ogni cespuglio che incontrarono. Antoneddu stava iniziando a pensare che avrebbe dovuto restituire le comode calzature ai contadini, in quanto sembrava sempre più difficile riuscire nell’impresa.

I viveri stavano per terminare e, dopo una giornata passata a ispezionare una fitta boscaglia, il ragazzo riposava senza riuscire a dormire nella capanna dell’amico. Il porcaro suggeriva ad Antoneddu di aspettare ancora e continuare la ricerca, almeno fino a quando non fossero finiti i viveri o comunque rimanere anche qualche tempo con lui, per poter sfruttare le nuove calzature.

Poco più tardi nel cuore della notte i due ragazzi furono allertati da un boato, a seguire ci furono il fragore dei tuoni e il rumore della pioggia che cadeva sul terreno. Avevano forse rotto la brocca che legava l’acqua con i bastoni, mentre infilzavano i grandi cespugli del bosco? Non importava, erano felici che finalmente fosse ritornata la pioggia. La mattina seguente mentre Antoneddu si apprestava a ritornare al paese era comunque palesemente preoccupato, in quanto non poteva portare la prova che avesse infranto la brocca.

Francischeddu, l’amico porcaro, capì il pensiero che crucciava l’amico, così prese una sua brocca la scaraventò a terra rompendola, e raccolti i cocci gli consegnò ad Antoneddu. La pioggia era ritornata, e quel paio di scarpe avevano un legittimo proprietario.

Di questa leggenda fa menzione anche Raimondo Loy nell’annuario Ardasai di Seui del 1991.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda