Nella giornata di ieri si sono svolti i funerali del giovane rapper quartese Nicola Micheli, tragicamente scomparso in ospedale al Policlinico di Monserrato a seguito del terribile incidente stradale sulla strada provinciale 17 di Fulmini.

I genitori nonostante lo straziante dolore, sono stati capaci di un grande gesto di altruismo, autorizzando l’espianto degli organi dal corpo del figlio, dopo che i medici ne avevano stabilito la morte cerebrale.

Oggi in un messaggio sui social, ha scritto il padre Adriano: “È dura realizzare la morte di Nicola, ma con Claudia dobbiamo andare avanti.

Dobbiamo essere fieri della Nostra famiglia, della vicinanza dei parenti, del cordoglio di tante persone alle quali non finiremmo mai di ringraziare.

Dobbiamo essere pure fieri e ringraziare tutto il reparto di Terapia intensiva del policlinico di Monserrato che oltre a prodigarsi nel cercare di salvare Nicola si sono stretti a Noi con tanta umanità.

Il dolore nel nostro cuore rimarrà per sempre, ma la gioia di non aver avuto dubbi nel donare gli organi e di sapere che cinque persone avranno una vita più serena ci dà la forza per rendere più semplice il nuovo cammino che ci attende da Oggi. Ciao Nicola. Grazie”

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

A Ilbono i ragazzi di Ogliastra Informa hanno addobbato la casa di Famiglie Informa per Halloween .

 

«Abbiamo sempre decorato gli spazi della nostra associazione ma quest’anno, il progetto di vita indipendente ci da la possibilità di addobbare uno spazio condiviso con tutta la comunità» spiegano i membri dell’associazione.

 

«Questo – tra le tante cose – ci ha spinti a impegnarci ancora di più per regalare a tutta la comunità un altro angolo pauroso ma soprattutto… divertente. Voi siete passati davanti casa? Avete visto qualcosa?».

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

Singolare intervento della squadra dei Vigili del Fuoco di Tortoli poco prima delle 12:00.

Il servizio sanitario ASL di Lanusei ha chiesto l’intervento urgente per il soccorso di una persona affetta da COVID -19 che non rispondeva al personale sanitario in visita medica presso la propria abitazione.

La squadra dei Vigili del Fuoco di Tortolì ha avviato le procedure di contenimento all’esposizione COVID-19 per gli operatori procedendo alla vestizione autoprotettiva prevista dai protocolli sanitari.

Sul posto, intervenuti anche i Carabinieri di Tortolì che hanno avviato una ricerca della persona fra conoscenti e parenti. Dopo pochi frangenti la persona è stata rintracciata a casa di parenti.

Sul posto intervenuta anche una ambulanza medicalizzata 118 di Lanusei.

Gli ulteriori sviluppi della vicenda sono stati seguiti dai Carabinieri intervenuti e dal personale sanitario USCA.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

Il 31 ottobre 1988 viene liberato nelle campagne di Badde Salighes l’imprenditore romano Giulio De Angelis, rapito dall’Anonima sequestri 142 giorni prima.

Una detenzione lunga, sofferta, seguita con trepidazione dalla stampa e dal pubblico, che costò a De Angelis anche il taglio di un orecchio, mozzato ed esibito a riprova dell’avvenuto rapimento.

Il costruttore era stato rapito il 12 giugno dalla sua villa a Porto Cervo, e condotto da un commando composto da quattro uomini – secondo dinamiche tipiche delle operazioni condotte dall’Anonima sarda – in una caverna sita probabilmente a poca distanza dal luogo del rilascio. Per la chiusura dell’accordo – mediato da un avvocato e, si disse, da un noto esponente del banditismo sardo – ci si accordò su un riscatto record: i rapitori ottennero tre miliardi e 200 milioni di lire, che vennero pagati in contante.

Nella stessa estate del rapimento, a poca distanza dalla villa del costruttore romano – nella vicina Porto Rotondo – era già stato tentato il rapimento della contessa Marta Marzotto. Il nome dei De Angelis era già finito negli articoli di cronaca pochi anni prima, quando il figlio dell’imprenditore – Elio De Angelis, pilota della Formula Uno – era rimasto ucciso in un incidente mentre si trovava a bordo della sua monoposto, durante una sessione di prove sul circuito Paul Ricard, in Francia.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

Un arresto cardiaco ha portato via troppo presto uno degli uomini più stimati della comunità jerzese, il professore e scrittore Gianfranco Loi.

Insegnante di matematica e fisica da alcuni anni in pensione e autore di vari volumi dedicati alla storia sarda, è mancato oggi all’affetto della moglie – anche lei stimata professoressa – e dei tre figli.

«Un evento improvviso che ha scosso tutti, una grande perdita» commentano i suoi ex alunni.

Numerose sui social le manifestazioni di affetto e di dolore.

Riportiamo volentieri alcune delle bellissime parole dell’amico Antonio Serra: «La vita dell’uomo é segnata dal dolore, mitigato da attimi fuggenti di felicità. E il dolore diventa struggente assenza e vuoto incolmabile quando ci lascia un amico fraterno che da sempre si è avuto vicino, unito dall’amicizia, dall’impegno sociale e politico. Gianfranco non c’è più. È avvenuto l’impossibile che diventa indicibile angoscia. Se ne è andato tradito da un cuore che lo sosteneva con forza nella sua attività fisica di cui andava orgoglioso: delle sue passeggiare sotto Porcu ‘e Ludu, delle nuotate a Museddu. Si è fermato il cuore generoso che gli dettava iniziative sociali, racconti, libri. E il suo battito che è cessato quasi all’improvviso, precipita la sua famiglia, i suoi amici, il suo paese amato nello sgomento».

 

 

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

Condannato da una maledizione a trasformarsi, nelle notti di luna piena, in un ferocissimo lupo e a vagare nella foresta assetato di sangue. Poi, magicamente, all’alba il ritorno alla forma umana. Nella mitologia e nella letteratura il lupo mannaro è un componente tipico tanto caro agli amanti dell’horror. E nella narrativa, così come nella cinematografia, altri elementi sono stati aggiunti alla tradizione popolare, come l’arma d’argento, ad esempio, necessaria all’uccisione della bestia, o il contagio di altre persone mediante il morso.

Pochi sanno, però, che la licantropia ha una sua caratterizzazione sarda e cagliaritana. Come riportato da Francesco Alziator ne “La città del sole”, questa è chiamata su mali ‘e su vitellu. La sostituzione del lupo con il più comune vitello è data ovviamente dal fatto che il primo non sia presente in Sardegna, se non in epoche lontanissime, e che comunque non rientri nell’immaginario collettivo.

Tuttavia, è interessante notare come il comportamento del vitello della versione sarda della licantropia si comporti allo stesso modo del lupo mannaro. La persona maledetta infatti sembra essere affetto da un’infermità decennale, che lo porta a trasformarsi nottetempo e correre muggendo per le vie deserte. La riacquisizione della forma umana avviene solo con l’immersione nell’acqua di una vasca. Pare, sempre secondo la tradizione sarda, ci sia anche la componente dell’arma, necessaria per ferire l’homo vitellus al collo.

Ancora più specificatamente, nella tradizione barbaricina, la tradizione ha conservato la leggenda de su Erchitu. Anche in questo caso si tratta di una maledizione che colpisce colui che si è macchiato di grave colpa. Indubbiamente, a saltare subito all’occhio è la questione legata alla giustizia divina, sostitutiva di quella umana.

Il condannato durante le notti di luna piena si trasforma in un bue bianco con corna in acciaio e vaga per le vie del paese seguito dai diavoli dell’inferno. Rispetto alla versione de su mali ‘e su vitellu, quella de su Erchitu presenta una componente più terrifica. Sembra infatti che il bove scelga una casa del paese e davanti a essa emetta tre muggiti: il padrone dell’abitazione è condannato così a morire entro l’anno.

Più vicina alla comune licantropia è la riacquisizione della forma umana da parte del bue barbaricino: l’Erchitu infatti ritornerebbe uomo all’alba. Tuttavia, alcune versioni raccontano della necessità di rotolarsi davanti a una chiesa o a un cimitero. E ancora, sempre a confronto con la licantropia comune, il taglio delle corna d’acciaio determinerebbe la guarigione dell’uomo bue.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

Un centinaio di persone, del gruppo “Ogliastra Ribelle” si sono date appuntamento di fronte al teatro San Francesco in piazza Fra Locci a Tortolì, per poi marciare verso il piazzale multipiano del centro cittadino.

Il movimento spontaneo è nato a causa del  malcontento dopo l’entrata in vigore lo scorso 15 ottobre del Green pass obbligatorio per poter lavorare.

A gran voce i manifestanti hanno chiesto la libertà di scelta sulla propria salute e il diritto al lavoro senza il “ricatto” del Preen pass.

“No sperimentazione”, “no ricatti per lavorare”, ” mio figlio non è una cavia” ecco gli slogan sui manifesti dei partecipanti che sono poi confluiti nel piazzale multipiano per continuare il comizio.

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Fonte: Ogliastra News Alessandra Useli

Jack O’Lantern ovvero Sa conca e mortu: praticamente la stessa cosa.

Vi abbiamo già parlato di come la festa anglosassone di Halloween ormai diffusa in tutto il mondo non sia per nulla estranea alla tradizione sarda, con “Is Animeddas”, “Mortu mortu” e “Su Prugadoriu”. Ebbene la tipica zucca arancione svuotata della polpa e utilizzata come lanterna trova radici molto antiche anche nell’isola.

In Barbagia, dove la festività dei defunti a cavallo tra il 30 ottobre e il 2 novembre prende il nome di “Mortu mortu”, l’intaglio della zucca era un’usanza assai comune. Quella che gli inglesi e gli americani chiamano “Jack O’Lantern” in Barbagia, e in particolare in alcuni paesi come Sorgono, Tonara e Gadoni, prende il nome di “Sa conca e mortu”, la testa del morto.

Il significato è lo stesso: la testa del morto illuminata al suo interno da una candela per esorcizzare la morte non come fine della vita, ma come momento di passaggio dalla vita terrena all’aldilà.

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Fonte: Ogliastra News La Redazione

 

Il 4 settembre 1910, la Gairo “vecchia” dava i natali a Franco Ferrai, futuro artista e pensatore impegnato nella difesa e valorizzazione della Sardegna. Ferrai cresce fra i monti ogliastrini, luogo che porterà sempre nel cuore e che citerà nei suoi carteggi, fino a quando decide di seguire un sogno romantico. Infatti, durante la frequentazione di un corso scolastico a Nuoro, conosce e si innamora della sua futura moglie Stefania Borghesi, con la quale parte a Firenze con l’obiettivo di iscriversi all’Istituto Statale d’Arte.

Conclusi gli studi, Ferrai ha l’opportunità di insegnare in diverse parti d’Italia, principalmente fra Roma e Viterbo, e tornato a Nuoro, instaura rapporti con diversi intellettuali e artisti dell’isola. In questo periodo, a cavallo fra gli anni ’40 e ’50, l’arte di Ferrai si esprime sotto forma di dipinti che raffigurano i volti del mondo rurale dal quale egli proviene. Così Ferrai dipinge i contadini, i pastori, le persone intente a lavorare nella valle del Pardu, nido della sua Gairo che il pittore ricorda nella forma precedente alla infausta alluvione dell’ottobre del 1951. “L’alba in Ogliastra è qualcosa di straordinario, di divino!” scrive in una pagina autobiografica.

All’inizio degli anni ’50 realizza diverse esposizioni in varie città italiane, fino a ricevere l’invito per la  prestigiosa Quadriennale di Roma nella quale espone le proprie opere in tre occasioni diverse, riscuotendo un discreto successo e allargando la rete di conoscenze nel mondo degli intellettuali. Fra questi crea legami con lo scrittore Giuseppe Dessì, autore di “Paese d’Ombre”, il critico d’arte e sindaco di Roma Giulio Carlo Argan, la scrittrice Maria Giacobbe, che si aggiungono a una lista di amici composta da artisti di spicco come Eugenio Tavolara e Mario Delitala. In quegli anni vince diversi premi e si confronta con tanti esponenti dell’arte, arrivando perfino a scontrarsi su una questione di metodo e d’intenti in riferimento a un mancato invito di artisti sardi alla Quadriennale del ’55 con l’artista arzanese Stanis Dessy.

Ferrai è sempre stato un attento osservatore della realtà sociale e politica della sua Sardegna, fattore che si può notare con sempre maggiore presenza nell’arte che propone dagli anni ’60 in poi. Le opere si incentrano sui problemi socioeconomici della sua terra, con riferimenti ad alcuni dei fenomeni che segnano la Sardegna di quegli anni, fra Piani di Rinascimento, emigrazione e un processo d’industrializzazione che scardina le realtà preesistenti. Con l’arrivo degli anni ’70 la politica colma sempre più la sua arte e le sue tele crescono di dimensioni e si affollano di personaggi.

Politica, storia, società, le questioni internazionali sono ispirazioni importanti e Ferrai vuole rappresentare quelle che sono anche le sue speranze, come la pace diffusa e un sentimento di solidarietà verso i meno abbienti e le collettività in difficoltà.

Possiamo comprendere meglio parte del pensiero di Ferrai, in combutta con quella visione che si andava a costruire sui sardi e sulla Sardegna al tempo ovverosia abbondante di stereotipi e povera di analisi realistica e al passo con i tempi, attraverso le parole che gli dedica lo scrittore Giuseppe Dessì: “è vero come tu dici, che contro i Sardi si è sempre pronti a scatenarsi e i fatti incresciosi e drammatici che succedono in Sardegna, sono sempre visti con una lente razzistica. Così i nostri delinquenti sono sempre un po’ più delinquenti di quelli di Milano, Roma, Genova, e le mortificazioni della nostra gente sono ignorate. Contro questa drammatica realtà della nostra terra, la voce dei sardi autentici non può tacere. La tua è una di queste, perciò ti auguro il più grande consenso”. Un dipinto emblematico della volontà di Ferrai di difendere la Sardegna è l’opera “Avanti Sardegna” del 1985, in cui una folla di sardi è “guidata” da una donna a cavallo da cui si eleva e primeggia una bandiera con i quattro mori.

È un uomo profondamente religioso e che crede fermamente nei valori concreti che evoca in più opere e nella figura di Gesù Cristo. Quest’ultimo diventa l’elemento centrale di una delle sue ultime opere, “Gesù Cristo in Sardegna” dove possiamo vederlo accompagnato da un gruppo di persone con la quale condivide una sorta di abbigliamento in pietra e che Ferrai ci spiega così: “Ho invocato, da credente, la presenza di Gesù in Sardegna, naturalmente come fratello e amico della gente bisognosa e di tutti i sardi che lottano (…) per fare della Sardegna un’isola di benessere e di pace”.

Dopo il decesso della prima moglie nel 1974, Ferrai si sposa ancora con Renata Lori e negli anni seguenti decide di donare buona parte della sua produzione artistica ai comuni di Gairo e Cardedu. In seguito, sarà proprio la moglie a donare tantissime altre opere al comune di Lanusei che ne farà un’esposizione permanente intitolandogli il museo civico.

A lui sono intitolate anche le scuole di Cardedu e la sala consiliare del comune di Gairo, inoltre ha scritto di lui nel 2006 lo studioso Tonino Loddo in una pubblicazione dal titolo “Franco Ferrai”. Nel 1986 muore presso Roma, città in cui era residente da tempo, ma nel cuore trovava sempre la terra natia e Gairo, tant’è che si può trovare facilmente in internet un video nel quale Franco Ferrai si improvvisa guida turistica e ripercorrendo luoghi e storia della Gairo vecchia, racconta con passione l’amore per il proprio paese. Perché questo è stato Franco Ferrai, un uomo con la propria terra nell’anima, elogiato da importanti pensatori e riconosciuto come uno dei più importanti artisti sardi del Novecento.

 

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Fonte: Ogliastra News Nadir Congiu

I Carabinieri della Stazione di Ottana unitamente al personale del locale Commissariato della Polizia di Stato hanno denunciato per detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope, sei persone.

Si tratta di M.M. classe 89, originario di Sarule (NU), S.A. classe 93, residente ad Alghero, V.M. classe 2000 originario di Orgosolo (NU) ed i nuoresi F.A., classe 2002, L.M.A., classe 1971, e P.D., classe 2000, due di loro gravati da precedenti specifici.

Le forse dell’ordine, nel corso di un controllo eseguito nella zona artigianale di Ottana (NU), dopo aver notato un furgone bianco nei pressi del mattatoio comunale e la presenza delle persone denunciate, venivano attirati dal forte odore tipico della marijuana.

Esteso il controllo anche all’interno del sito, rinvenivano un ingente quantitativo di sostanze stupefacenti costituito da circa 1000 piante di marijuana appese su fili di acciaio in essicazione, 7 barili in plastica contenenti infiorescenze di marijuana appena sbocciolata, 20 barili in plastica contenenti infiorescenza di marjuana con rami ed infine 6 sacchi di plastica contenenti vegetali di scarto.

Sono tuttora in corso accertamenti finalizzati a stabilire il peso esatto e destinazione della sostanza stupefacente sequestrata.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda