In Ogliastra c’è una casa dove imparare a diventare grandi e autonomi, grazie a un progetto che permette di abbracciare l’età adulta e vivere a una vita indipendente. Una casa le cui porte, adesso, sono aperte a tutta la comunità.

Al via il progetto “Vivere a colori” di ODV Famiglie InForma (spin off dell’associazione Ogliastra InForma che dal 2007 opera in territorio ogliastrino con e per persone con disabilità intellettive) in collaborazione con 13 comuni ogliastrini per garantire un supporto (gratuito) allo svolgimento di attività di vita quotidiana, attraverso la realizzazione di percorsi di acquisizione di abilità e competenze che sono necessarie nella vita adulta. Insegnare le strategie e le modalità per prendersi cura di se stessi e dei propri spazi, infatti, significa dare alla persona la possibilità di avere un supporto nella vita quotidiana che si trasformi presto in competenza, allo scopo di restare al di là del Progetto stesso.

Finanziato dall’Assessorato dell’igiene, sanità e dell’assistenza sociale della Regione Sardegna, destinatari di “Vivere a colori” sono persone con disabilità intellettiva oppure persone in carico al CSM territoriale, di età compresa tra 15 e 55 anni, residenti in uno tra i Comuni che hanno scelto di aderire al progetto: Bari Sardo, Baunei , Cardedu, Elini, Girasole, Jerzu, Lanusei, Loceri, Lotzorai, Tertenia, Tortolì, Ulassai, Villagrande.

Le attività in programma (che saranno comunque personalizzate sulla base delle abilità e delle competenze individuali) sono di due tipi; iniziamo da subito con la prima fase, il Laboratorio di Autonomia, finalizzato all’accompagnamento della persona nella definizione e nel raggiungimento a lungo termine di obiettivi di vita adulta, cioè obiettivi indispensabili nello svolgimento delle attività di vita quotidiana (cucinare, seguire una ricetta, occuparsi degli spazi, utilizzare elettrodomestici, etc).

La seconda fase sarà quella delle Attività di sperimentazione: l’obiettivo di questa azione è quello di integrare le abilità della persona con i servizi che offre la comunità: fare un acquisto, reperire informazioni, sperimentarsi nelle competenze sociali, etc.

“Il progetto è utile perché è uno strumento di personalizzazione – spiega Laura Ferreli, coordinatrice dell’associazione – ogni percorso dei beneficiari viene pensato e costruito con la persona, sulla base delle sue competenze, desideri e attitudini. Lavorare sulla personalizzazione significa pensare alla qualità di vita, significa mantenere l’attenzione sulla persona e non sul servizio. Una impostazione che ci caratterizza da sempre e che, attraverso questo progetto, può diventare opportunità di crescita per noi e per le persone che stiamo incontrando”.

Le attività avranno durata di sei mesi, la partecipazione sarà gratuita e ad essere compreso è anche il servizio di trasporto (senza assistenza) da un unico punto di incontro comunale.

“Questa iniziativa per noi ha una doppia valenza – racconta invece la presidente Rita Concu – da una parte la possibilità di avvicinarci ad altre realtà del territorio risolvendo il problema delle distanze con un servizio di trasporto che alleggerisce e risolve una delle difficoltà maggiori che spesso le famiglie incontrano e la gratuità delle attività stesse. Allo stesso modo in questi mesi potremo valutare tutti gli aspetti logistici, al fine di renderli il più possibile vicini ai bisogni delle persone e valutare anche in base ai riscontri che avremo come dare continuità a questi percorsi con l’obiettivo di renderli sempre più accessibili”.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Lo sapevate? Che cosa erano realmente i nuraghi?

A che cosa servivano le torri di pietra che ancora a migliaia si possono ammirare in tutta la Sardegna?
Svariate teorie sono state presentate da studiosi e non sulla reale funzione di queste strutture: edifici di difesa, abitativi, torri di controllo del territorio. A distanza di decenni, da quando i primi archeologi formularono congetture e interpretazioni, si è arrivati alla conclusione che i nuraghi fossero degli edifici polivalenti. Case fortezza, “palazzi” di rappresentanza, simboli reali della civiltà nuragica. Ripercorriamo insieme l’evoluzione del monumento, tuttora ricco di fascino e mistero, che identifica un’intera Isola.

Iniziarono a comparire dal 2° millennio a.C. e furono utilizzati fino all’invasione romana, per poi essere gradualmente abbandonati (alcuni divennero delle vere e proprie discariche) o riconvertiti. Sono più di settemila nell’Isola ma alcuni studiosi sostengono che fossero almeno il quadruplo.

Il nuraghe ha una forma troncoconica ed è costruito con blocchi di pietra (la radice nur in lingua arcaica mediterranea indica un “mucchio di pietre”) sovrapposti a secco, senza cioè malta o altri collanti per unire tra loro le pietre. Il nuraghe all’interno presenta un’ampia camera circolare dotata di una cupola ad anelli concentrici, su più piani, raggiungibili con scale interne. Alcuni raggiungevano svariate decine di metri di altezza e potevano essere monotorre, oppure articolati in più torri comunicanti, proprio come i castelli medievali.

In quest’ultimo caso erano vere e proprie fortezze, perché le torri venivano rifasciate da massicce cortine murarie. Sulla sommità erano presenti dei ballatoi lignei, sopra i quali facevano buona guardia le vedette. Intorno, nel caso dei nuraghi con più torri (polilobati o complessi), venivano edificati i villaggi, fatti di capanne con muro di pietre a secco e tetto di travi di legno e frasche vegetali, proprio come le attuali pinnettas (o cuiles) dei pastori.

La civiltà nuragica si sviluppò in Sardegna lungo un arco cronologico di circa mille anni dando vita a una struttura sociale molto articolata, basata su una classe dirigente fatta di capi guerrieri e sacerdoti e di lavoratori. Una società all’interno della quale svolgeva un ruolo fondamentale la donna.

Diversi nuraghi sono stati scavati e studiati e, resi visitabili, sono uno dei fiori all’occhiello del turismo sardo. Moltissimi altri sono trascurati e poco conosciuti. Potrebbero invece permetterci di sviluppare servizi turistici basati sulla loro unicità.

Tra i nuraghi meglio conservati e tutelati Su Nuraxi di Barumini, nominato dal 1997 Patrimonio mondiale dell’Umanità dal Comitato dell’UNESCO. Altre strutture nuragiche degne di nota sono la “reggia” di Santu Antine, a Torralba, il nuraghe Losa, Abbasanta, Arrubiu a Orroli, Palmavera, ad Alghero, e tanti altri, tutti con le proprie tipicità, a partire dal materiale di costruzione, quasi sempre allestito con la pietra del territorio, basalto, granito, calcare, trachite.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Seui perde una delle sue centenarie, oggi è deceduta tzia Assunta Piras.

Il 2 ottobre scorso, nel suo paese natio, la “nonnina” aveva festeggiato il traguardo dei 102 anni con una piccola festa nella casa di riposo che la ospitava.

Il compleanno dell’ultracentenaria seuese coincideva con la giornata dedicata alla “festa dei nonni”.

Tzia Assunta era apparsa molto felice ed emozionata per i festeggiamenti in suo onore. Lucidissima e in ottima salute – non assumeva nessun farmaco – era ospite dal 2016 della Comunità Alloggio San Lorenzo di Seui.

Una vita longeva, quella di Assunta, ma non priva di affanni e grandi dolori. Vedova dal gennaio 1981, quando morì suo marito Salvatore Congera, minatore e in seguito operaio nell’ente foreste, ricordato ancora in paese come una brava persona.

Con Salvatore ha avuto quattro figli Lina, Carlo, Sandro e Lidia. Proprio quest’ultima era venuta a mancare giovanissima. Inoltre era anche nonna di tre nipoti.

 

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Una donna misteriosa in un’epoca travagliata per la Sardegna, rispettata e temuta allo stesso tempo tanto da essere soprannominata sa “Reina”.

Quest’appellativo, che in “Limba” significa regina, era stato coniato per la nuorese Maria Antonia Serra Sanna. Sorella dei famigerati latitanti Giacomo ed Elias, viveva a Nuoro insieme al padre Giuseppe soprannominato “Carta”.

Proprio con il padre sarebbe stata capace di trasformare la condizione economica dei pastori che si trasformarono in ricchi proprietari di terreni, case e centinaia di capi di bestiame.

Maria Antonia era una donna determinata e carismatica, tanto da essere indicata come la vera mente e ispiratrice dei reati commessi dai fratelli.

Sa “Reina” si racconta era solita fare visite di “cortesia” alle ricche famiglie nuoresi e della zona per realizzare i suoi affari. Questi potevano consistere nel farsi cedere un ricco pascolo, ricevere somme di denaro, capi di bestiame o armi e munizioni. Se qualcuno si opponeva, sarebbe stata solita affermare che si sarebbe biasimata della cosa con i due fratelli. In particolare con Elias, temuto per la sua ferocia.

Era molto legata ai fratelli ed solita affermare: “Frades meos non sun latitantes, senatores sun frades meos” (i miei fratelli non sono latitanti, sono senatori i miei fratelli).

E proprio per loro aveva creato una fitta rete di amicizie influenti che ne coadiuvavano la latitanza.

La leggenda vuole che fosse la stessa Maria Antonia più volte a portare rifornimenti di cibo e di armi ai propri congiunti. Camuffata da uomo e armata di fucile, sarebbe stata in grado durante la notte di percorrere molti chilometri addentrandosi nell’intricata boscaglia tra le valli scoscese.

Anche Grazia Deledda si ispira esplicitamente a lei nel descrivere, nel romanzo Cosima, il personaggio di una donna.

Questa si presenta da un uomo rispettabile per ottenere un bosco di lecci in affitto, il quale non vuole cederlo in quanto già affittato.

La descrive così: “Ella era vestita in costume aveva un viso pallido e fine, con due grandi occhi neri sormontati da sopracciglia foltissime, rivelatrici di un carattere forte.”

Una descrizione che non si discosta da quella fatta da altre fonti, dove si afferma fosse alta e robusta e il tradizionale abito sardo adornato di bellissimi gioielli.

Sempre nel romanzo della Deledda vengono citati – senza essere mai nominati – i due fratelli di Maria Antonia.

La notte tra il 14 e il 15 maggio 1899 venne eseguita una grande retata a Nuoro che passò alla storia come “La notte di San Bartolomeo” nella quale furono arrestate oltre seicento persone.

Per tutti l’accusa di essere favoreggiatori dei banditi, ma ben presto già in fase istruttoria più della metà degli arresti fu prosciolta.

Non fu così per sa “Reina”, condannata nel 1900 a vent’anni di carcere: la sua fu la pena più dura delle centinaia di condannati per associazione per delinquere.

Nel frattempo i due fratelli Giacomo ed Elia erano morti nella “battaglia di Morgogliai” tra il 9 e il 10 Luglio 1899, insieme ad altri latitanti sardi.

Alla fine Maria Antonia scontò diciotto dei vent’anni previsti dalla condanna, tutti trascorsi nell’angusta e terribile prigione sa “rutunda” (la Rotonda di Nuoro).

Quando uscì dal carcere aveva più di cinquant’anni, ma nonostante l’età avanzata si sposò con il fratello di una sua compagna di cella di Orgosolo.

Non si sa altro della vita che condusse in seguito, rimane solo una foto segnaletica di Maria Antonia, dove lo sguardo sembra stanco e il viso segnato dalle tragiche vicende personali.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Inter in vantaggio nei primi 45’ di gioco a San Siro: Cagliari compatto che si difende bene, non riesce, però, a evitare il gol del vantaggio per i padroni di casa. Inter che possiede la palla all’80 per cento, ma con il rammarico del rigore sbagliato da Lautaro Martinez. Il copione della ripresa è lo stesso del primo tempo: possesso palla dell’Inter e Cagliari che cerca di difendersi, non troppo bene visto che i neroazzurri calano il poker e conquistano la vetta della classifica.

Primo tempo. Mazzari sceglie Bellanova sulla destra e Godin al centro della difesa per fermare la sua ex squadra. Poche le sorprese n casa Inter. Parton subito forti le due compagini, a far paura in casa rossoblù è l’ex della partita: Barella per ben tre volte in questo inizio partita fa tremare i rossoblù. Deiola prova a rispondere, ma i pgni di Handanovic sono più veloci della sua diagonale. Il possesso palla è quasi tutto per i padroni di casa, il Cagliari cerca di proteggersi sempre in fase difensiva. A 20’ dal fischio d’inizio ancora nessuna azione è stata concretizzata, ma i sardi provano a uscire dalla propria metà campo e a farsi vedere dalle parti di Handanovic. A sbloccare la partita ci pensano i neroazzurri al 29’: la rete è di Lautaro Martinez che accogliendo un corner di calhanoglu anticipa tutti e batte Cragno. Non si arrende il Cagliari che reagisce subito senza però riuscire, ancora, a concludere. Primo tempo agro dolce per Lautaro Martinez che prima sigla il goal del vantaggio e poi si mangia un rigore davanti a un super Cragno, che prima regala all’Inter l’occasione del raddoppio con un intervento falloso in area, ma poi impegnato nei minuti finali della ripresa sbarra la porta e non ne fa passare una. Non ci sarà recupero in questi primi 45’, Marchetti manda tutti negli spogliatoi. Inter in vantaggio, ma con il rammarico di non aver chiuso la partita.

Secondo tempo. Non sembra essere cambiato il copione sotto il cielo milanese: l’Inter gestisce la palla e il Cagliari aspetta. A 5’ dalla ripresa Sanchez su assist dell’ex Barella sigla la rete del raddoppio. Mazzarri non cambia lo schema, ma manda in campo Lykogiannis e accentra Dalbert. L’Inter inizia il suo show. È il 66’ Calhanoglu cala il tris troppo lo spazio lasciato dalla difesa rossoblù. Due minuti dopo arriva anche il poker neroazzurro: Barella pesca Lautaro Martinez che insacca al volo la propria doppietta personale. Il Cagliari a San Siro ora subisce la forza neroazzurra. Gara alle battute finali, ma il risultato sembra non piacere ai meneghini, che continuano a impegnare Cragno e ad affannare i rossoblù. Marchetti fischia al 90’, nessun recupero. Il Cagliari dopo quattro pareggi incassa una sconfitta netta con i campioni d’Italia.

INTER (3-5-2): Handanovic; Skriniar, De Vrij, Bastoni; Dumfies (72’ Dimarco), Barella, Brozovic (72’ Vidal), Calhanoglu (76’ Sensi), Perisic (83’ Zanotti); Sanchez, Lautaro (72’ Satriano). A disposizione: radu, Gagliardini, Vecino, Dzeko, Kolarov, Sensi, Ranocchia, Vidal, Dimarco, D’Ambrosio, Zanotti, Satriano. Allenatore: Simone Inzaghi.

CAGLIARI (3-5-2): Cragno; Caceres (70’ Zappa), Godin, Carboni (82’ Obert); Bellanova, Grassi (59’ Lykogiannis), Marin, Deiola (82’ Oliva), Dalbert; Joao Pedro, Keita Baldè (70’ pavoletti). A disposizione: Aresti, Radunovic; Altare, Lykogiannis, Obert, Zappa; Oliva; Ceter, Pavoletti, Pereiro. Allenatore: Walter Mazzarri.

Arbitro: Matteo Marchetti

Marcatori: Lautaro Martinez 29’- 68’, Sanchez 50’, Calhanoglu 66’,

Ammoniti: Lautaro Martinez, Cragno, Deiola.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Il regista ogliastrino Matteo Incollu, 40 anni, nativo di Baunei, si è aggiudicato ex aequo il premio “Maestrale – Miglior Cortometraggio” al Babel Film Festival di Cagliari, una delle kermesse cinematografiche più importanti dell’Isola.

Le Giurie sono giunte alla scelta dei premi dopo aver visionato 64 film in gara: 39 documentari e 25 film a soggetto, parlati in 40 diverse lingue minoritarie.

Il miglior lungometraggio è di Nino Tropiano.

L’irlandese e lo swahili sono le lingue che raccontano una storia straordinaria di emancipazione femminile ambientata a Zanzibar. Il film vincitore è dunque “Ndoto Ya Samira – Il sogno di Samira”, dal nome della protagonista. Il regista è il pugliese Nino Tropiano, da trent’anni trapiantato a Dublino, dove da qualche mese sta lavorando a un concept per una serie Netflix.

Il miglior documentario è di Bruno Rocchi.

I sogni, invece, sono i protagonisti di “Talking Dreams”, del regista bergamasco Bruno Rocchi, autore di diversi reportage nel nord Africa. Il documentario vincitore al Babel Film Festival è ambientato in un villaggio dell’Africa occidentale.

I migliori cortometraggi.

Sono invece ambientati in Sardegna i due cortometraggi vincitori, ex aequo, del Premio Maestrale. Il primo, “Male fadàu”, è ambientato a Baunei, in piena seconda guerra mondiale, nel 1942. La firma è quella di Matteo Incollu, regista che ha collaborato con Salvatore Mereu e ha diretto numerosi cortometraggi. Il secondo è “Mira sa dì”, di Andrea Cannas, regista già selezionato nella prima edizione del Babel Film Festival. Il corto è ambientato a Mogoro, nel 1930, una storia d’amore e di giustizia sullo sfondo delle repressioni del regime fascista.

Alla serata finale, svoltasi al T-Hotel di Cagliari, sono intervenuti Alberto Jannuzzelli, presidente della Società Umanitaria, Nevina Satta, della Fondazione Sardegna Film Commission, Alberto Negrin, presidente della Giuria ufficiale (Premio “Maestrale) e tutti i giurati coinvolti nella manifestazione: Nadia Trevisan, produttrice, Simonetta Columbu, attrice, Miriam Mauti, giornalista, Lara Fremder, sceneggiatrice, Samuel Julien, produttore, Mirjam Vellinga, vicepresidente ELEN, Marco Asunis, FICC, Milena Fiore, Archivio Audiovisivo Movimento Operaio e Democratico, Leo Rielli, Rassegna Evò ce Esù Visioni, Leo Virgili, SUNS Udine, Fredo Valla, Ostana lingua madre, Pio Bruno, Cineclub Fedic, e Angelo Tantaro, Diari di Cineclub. Sono intervenuti anche i rappresentanti delle Giurie dei premi “One Wor(l)d”, “Diritto di parola” e “Unica”.

Ecco l’elenco completo dei premi assegnati al termine della 7a edizione del “Babel Film Festival”:

Premio Maestrale Miglior Lungometraggio (6.000 euro)

  • Ndoto Ya Samira – Il sogno di Samira di Nino Tropiano

Premio Maestrale Miglior Documentario (2.500 euro)

  • Talking Dreams di Bruno Rocchi

Premio Maestrale Miglior Cortometraggio (2.500 euro) – ex aequo

  • Male fadau di Matteo Incollu
  • Mira sa dì di Andrea Cannas

Premio Speciale del Babel film Festival

  • Otra Mano di Agu Netto

Premio Diari di Cineclub

  • Mateoren Ama di Aitor Arregi e Jose Mari Goenaga

Premio FEDIC Cagliari

  • Con la S maiuscola di Marco Spanu

Premio AAMOD

  • Prima che arrivi l’estate di Francesco Di Martino

Premio Ostana

  • Arbores di Francesco Bussalai

Premio del Pubblico FICC – Federazione Italiana dei Circoli del Cinema

  • Emilia di Cristina Guillen

Premio Italymbas

  • Maialetto della Nurra di Marco Antonio Pani

Premio Umanitaria

  • Stolen Fish di Gosia Juszczak

Premio Diritto di Parola

  • Silent Heat di Lucienne Venner

Premio One Wor(l)d (ax aequo)

  • Isole di Mario Brenta e Karine De Villers

Bosch i Morata, sempre els quatre di Miquel Notari e Rafa Alborch
Premio UniCa

  • La desapariciòn di Jonathan Millet

Menzione speciale Miglior Lungometraggio

  • Lùa Vermella di Lois Patino

Menzione speciale Miglior Documentario

  • Boca de culebra di Adriana Otero

Menzione speciale Diritto di Parola

  • Artiko di Josu Venero e Jesus Mari Lazkano

Menzione speciale UniCa

  • Do you think God loves immigrant kids, mom? di Rena Lusin Bitmez

Evento post-festival il 13 dicembre

Il Babel Film Festival non finisce qui. È infatti prevista una “coda” post-festival con la proiezione di un film fuori concorso. L’evento è fissato per lunedì 13 dicembre, alle ore 18 negli spazi della Cineteca Sarda, in viale Trieste 126 a Cagliari. Sarà proiettato il lungometraggio “Bogre” di Fredo Valla. “Bogre” è “un viaggio nella storia, un viaggio nell’Europa del medioevo, un viaggio nel suo “farsi film”. Un viaggio-film-saggio. Un road-movie alla ricerca di tracce e narrazioni su Catari e Bogomili: tra Occitania, Italia, Bulgaria e Bosnia”.

Gli organizzatori del BFF.

“Babel Film Festival” è organizzato e promosso dalla Società Umanitaria – Cineteca Sarda di Cagliari, con il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission, in collaborazione con Assòtziu Babel, Areavisuale e Terra de Punt. Numerose le istituzioni patrocinanti: il Consiglio d’Europa, il Ministero degli Affari Esteri, la Presidenza del Parlamento Europeo, la Regione Autonoma della Sardegna e il Comune di Cagliari. Gli altri enti e organismi coinvolti nel Festival sono: la Società Umanitaria, l’European Language Equality Network (ELEN), l’A.A.M.O.D. Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, il “Premio Ostana – scritture in lingua madre”, la Federazione Italiana dei Circoli dei Cinema (FICC), la Rassegna Cinematografica “Evò ce Esù” di Martignano, il Cineclub Fedic di Cagliari, Diari di Cineclub, l’Università di Cagliari, l’Associazione Campos, l’Università di Catania, Documentaria Festival del Cinema Documentario.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

guardia medica

Non c’è pace per la sanità ogliastrina.

L’Ats ha comunicato che per alcuni giorni non sarà possibile assicurare la copertura del servizio di guardia medica di Baunei.

Lo fa sapere il sindaco Stefano Monni:

«Nostro malgrado, siamo costretti per l’ennesima volta a dare comunicazione della mancata copertura del servizio di Guardia medica. Nei giorni lunedì 13, martedì 14, mercoledì 15, giovedì 16, domenica 19, lunedì 20/12/2021, martedì 21, giovedì 23, lunedì 27, mercoledì 29, giovedì 30, venerdì 31 il servizio non sarà coperto. Appare evidente che, questa situazione non è assolutamente tollerabile e chiederemo con fermezza che il servizio indispensabile per la nostra Comunità venga garantito».

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Prendete la regia di Michelangelo Antonioni, uno dei più grandi registi italiani di sempre, la voce suadente e ipnotica di Monica Vitti e i paradisi marini della Sardegna, e avete gli ingredienti di una delle scene più belle e suggestive del cinema italiano.

Il set è quello di “Deserto Rosso”, punto finale del ciclo dell’alienazione del celebre regista ferrarese e suo primo film a colori, l’ambientazione è quella della Spiaggia Rosa di Budelli, nell’Arcipelago della Maddalena.

Antonioni rimase letteralmente stregato dalla bellezza di questi luoghi e scelse la celebre caletta dell’isolotto maddalenino per usarla come sfondo da dare alla favoletta che Monica Vitti (Giuliana nel film) racconta al figlio.

Sono più di due minuti di grande poesia, scanditi da una regia magistrale e da una fotografia suprema realizzata da Carlo Di Palma. Il film fece incetta di premi, tra cui il Leone d’Oro a Venezia.

L’amore del cineasta italiano per la Sardegna è testimoniato anche dall’avveniristica villa (oggi abbandonata) progettata dall’architetto Dante Bini per le fughe d’amore di Antonioni e la sua musa, la stessa Monica Vitti di “Deserto Rosso”.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Si sono incontrati mesi fa, davanti agli ambulatori che i loro figli frequentano più volte a settimana per seguire le terapie di gruppo e un confronto tra loro è stato inevitabile.

Stiamo parlando di un gruppo di genitori di bambini con autismo, che da questo loro scambiarsi opinioni e consigli, hanno tirato fuori un’idea bellissima basata su un adagio che non passa mai di moda e che recita che “l’unione fa la forza”: creare un’associazione dedicata ai ragazzi che si trovano a fare i conti contro questo disturbo e alle loro famiglie, che necessitano di supporto, ascolto e soprattutto di aiuto per destreggiarsi anche nel labirinto burocratico in cui, dopo la diagnosi, si entra.

«E’ capitato a tutti noi di essere contattati da famiglie con neo-diagnosticati – spiega Barbara Prestifilippo, segretaria della novella associazione battezzata evocativamente “Piccolo Principe” –  Posso garantire che il trauma è assoluto, non c’è assistenza psicologica nei confronti della coppia genitoriale, infatti  la maggioranza mette in crisi lo stesso matrimonio. In contemporanea, il bimbo autistico inizia un percorso terapeutico a poco più di due anni, dove gli si insegna, ad esempio, a stare seduto per catturare la sua attenzione e guidarlo all’apprendimento, quindi viene effettivamente traumatizzato nel fare delle cose che per lui sono difficilissime e nel contempo vede i genitori provati dalla situazione e che iniziano a vederlo “diversamente”. Risulta un momento difficile per tutta la famiglia, di grande smarrimento, inutile negarlo».

Proprio da queste considerazioni le cinque famiglie coinvolte nel progetto ( quattro ogliastrine e una lombarda) sono partite per stilare le linee guida che indirizzeranno l’attività dell’associazione: occuparsi di genitori e figli che si trovano a fronteggiare questa problematica, nel tortuoso percorso che parte dalla diagnosi e arriva alle cure, percorso fatto di mille variabili.

Un grosso ostacolo, ad esempio,  è rappresentato dalla burocrazia relativa alle richiesta dei vari sostegni e dai viaggi infiniti per avere una valutazione neuropsicologica e per seguire terapie particolari. Senza scordare le problematiche legate all’inclusione scolastica, resa difficile dalla non specializzazione del personale docente e di sostegno.

«Quello che vorrei si capisse – conclude Barbara – è che la condizione dei nostri figli, con un’assistenza adeguata in ogni ambito, prospetterebbe per loro una vita normalissima. Vi faccio l’esempio di una persona che nasce senza un arto. Gli si applica una protesi e questa persona impara a camminare, magari anche a correre. La gamba non cresce eppure ha imparato a stare a questo mondo come tutti gli altri, a stare al loro passo. Io percepisco in questo modo l’autismo ma per ottenere risultati del genere abbiamo bisogno di figure specializzate che assistano i nostri ragazzi ma anche noi genitori in un percorso difficile ma che può essere vincente».

La realtà del “Piccolo Principe” offre a tutti la possibilità di tesserarsi con un’offerta minima di soli € 5, che permettono di accedere ad attività ludico-sportive convenzionate con l’ associazione ( che è una ONLUS, quindi non a scopo di lucro) e di avere la possibilità di ottenere scontistiche a campeggi, trekking, palestre, piscine etc, aiutando i nostri ragazzi a inserirsi al meglio nel tessuto sociale.

L’obiettivo di Barbara e degli altri genitori che stanno condividendo con lei questa nobile avventura è quello di poter rendere la vita delle persone autistiche e delle loro famiglie migliore, unendo le forze e collaborando. Il sogno è quello di creare un grande centro per l’Ogliastra che sia di riferimento per tutti coloro che hanno a che fare, direttamente o meno, con questa sindrome.

Per DONAZIONI

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Numero Whatsapp per tesserarsi, chiedere aiuto e informazioni 348 297 5509

 

Autismo, immagine simbolo

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Tzia Damiana Sette – all’anagrafe Maria Monserrata Damiana Sette – di Villagrande, nella prima metà degli anni ’80 del secolo scorso, salì agli onori della cronaca nazionale per essere la donna più longeva d’Italia.

Dai dati in possesso all’epoca, risultava che la nonnina nazionale fosse nata 8 agosto del 1874 e per anni il suo compleanno oltre ad essere festeggiato dal paese ogliastrino era divenuta un’importante notizia per i mass media.

La vita di tzia Damiana fu contraddistinta dal duro lavoro. Poco più che bambina si mise al servizio di una famiglia benestante dove prestò la sua opera – remunerata – per tanti anni.

Nei primi del ‘900 divenne una ragazza madre e iniziò a lavorare con i fratelli, e svolgendo varie professioni: dai servizi domestici, all’attività di tessitura a quella della produzione del pane del fratello Salvatore.

In seguito a metà del ‘900 andò a vivere a casa della figlia Angela, che aveva cresciuto da sola con grande dignità e tanto amore.

Tzia Damiana era una donna dalla salute di ferro, oltre a superare la cosiddetta “influenza spagnola” fino agli ultimi anni della sua vita non le mancava di certo l’energia. Infatti nel 1982, durante i festeggiamenti dei suoi presunti 108 anni di età, salì sopra il palco allestito per l’occasione, esibendosi nella danza del locale ballo sardo – come riportano i giornali dell’epoca -.

Due anni più tardi, l’allora decana d’Italia fu celebrata per il raggiungimento delle 110 primavere – come si pensava all’epoca – con imponenti festeggiamenti, con migliaia di persone presenti provenienti da tutta l’Isola e la partecipazione di importanti autorità, tra cui il presidente della Regione Sardegna, Angelo Rojch. Inoltre le furono inviati gli auguri scritti da parte del presidente della Repubblica, Sandro Pertini, del Senato, Francesco Cossiga, e da Papa Giovanni Paolo II.

L’anno successivo, il 25 febbraio del 1985, l’ultracentenaria ogliastrina morì serenamente nel suo letto durante il sonno. Venne data risalto alla notizia della sua scomparsa su tutti i mass media regionali e nazionali e ai suoi funerali partecipò una folla di persone.

Poco importa – se non ai fini scientifici e di statistica – che i ricercatori in seguito abbiano accertato che tzia Damiana sia morta a quasi 108 anni e non come erroneamente creduto a quasi 111.

Infatti risultò indagando sull’atto di nascita, che la bambina nata l’8 agosto 1874 non era la donna villagrandese deceduta 110 anni dopo, ma bensì una sua sorella maggiore, che morì il 10 giugno 1876.

L’errore fu dovuto alla quasi omonimia dei nomi delle due sorelle – Maria Angelica Damiana e Maria Monserrata Damiana – oltre al fatto che entrambe nacquero a pochi anni di distanza.

Forse era questo il vero segreto della longevità di tzia Damiana, visse così a lungo anche per la sorella morta in così tenera età, in un’epoca dove la morte infantile aveva una percentuale altissima.

Restano le immagini e il ricordo dell’ultracentenaria ogliastrina, che vestiva sempre l’abito tradizionale villagrandese.

 

 

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda