La Corte costituzionale, con sentenza n. 24 del 28 gennaio 2022, ha dichiarato illegittima gran parte della legge regionale Sardegna sul nuovo piano casa.

La Corte ha citato 21 dichiarazioni di illegittimità, 3 di inammissibilità e 13 di non fondatezza.

«La pronuncia della Corte costituzionale è ampia e complessa e potrà esser data una valutazione più puntuale solo dopo un esame più approfondito – osserva il Gruppo di Intervento Giuridico, tra i primi a dare la notizia della pronuncia e da sempre contrari alle nuove norme – tuttavia, a una prima lettura necessariamente rapida, sembra proprio che le disposizioni fondamentali del c.d. nuovo piano casa siano state “cassate”. Niente aumenti volumetrici nella fascia costiera, nessuno stravolgimento del piano paesaggistico regionale (P.P.R.)».

«Poche settimane fa la Corte costituzionale aveva fatto un bel regalo di Natale a tutte le persone che credono che il futuro sia nella salvaguardia dell’ambiente, il bene più prezioso che abbiamo – osserva ancora il Grig -. Infatti, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 257, depositata il 23 dicembre 2021, aveva dichiarato illegittimo l’art. 1 della legge regionale 13 luglio 2020, n. 21, che avrebbe consentito, attraverso un’assurda interpretazione autentica fatta dall’attuale Giunta regionale, la riscrittura del piano paesaggistico regionale (P.P.R.) approvato nel 2006 (cioè 15 anni fa) nelle sue parti fondamentali (fascia costiera, zone agricole, beni identitari). In estrema sintesi, in base alla legge regionale “cassata” l’Amministrazione regionale Solinas avrebbe potuto rivedere a proprio piacimento la disciplina contenuta nel piano paesaggistico nella fascia costiera, nelle aree agricole e in relazione ai beni identitari, per esempio aumentando volumetrie ed eliminando norme di conservazione integrale, come più volte annunciato».

L’articolo Nuovo piano casa: Corte costituzionale dichiara illegittima gran parte della legge sarda proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

In Sardegna esistono diverse tipologie di ravioli, ma i culurgiones sono sicuramente la pasta ripiena per eccellenza. La semplicità degli ingredienti e la particolare tecnica di chiusura hanno contribuito a determinarne la fortuna, tanto da ottenere qualche anno fa l’IGP Culurgionis d’Ogliastra, non senza un iter fatto di discussioni rispetto all’impiego di certi ingredienti e sulla denominazione stessa.

Oggi ne parliamo con Paolo Solinas, gastronomo di Seneghe.  

«In lingua sarda il termine culurgione tuttavia è generico, in quanto significa semplicemente  ‘raviolo’. È il suo ripieno a determinarne la specificità, così come la zona di riferimento e la forma della pasta considerata. I culurgiones sono caratterizzati da un involucro di pasta di semola che avvolge un ripieno. La pasta tradizionale In Sardegna è fatta di sola semola, acqua e sale, mentre non è usuale preparare la pasta all’uovo» spiega Solinas.

«Non potendo riportare una ricetta esatta e rappresentativa dei culurgiones dell’Ogliastra in toto, analizziamo una vecchia e particolare ricetta tratta dal libro La Cucina dei Sardi (1975), di Marilena Cannas. Ci tengo a sottolineare che non considero questa ricetta quella esatta, bensì utile nel proseguo della spiegazione:

Ingredienti: patate, viscidu (formaggio secco acido salato), formaggio pecorino, grasso di bue, cipolle, menta, aglio. Si cuociono le patate con la buccia; a cottura ultimata si sbucciano, si schiacciano e si lavorano per bene con il viscidu e molto pecorino sardo grattugiato. Non occorre il sale, essendo su viscidu già di per sé salato. Si aggiunge un soffritto di cipolle fatto con grasso di bue, uno spicchio d’aglio e menta selvatica tritati sottilmente. Se ne fanno delle pallottole che si pongono su dischi di sfoglia, ottenuta impastando la farina con acqua tiepida un po’ salata.

Un punto curioso nella ricetta è la presenza del grasso di bue nella preparazione, notoriamente poco impiegato nella cucina sarda, in cui era prevalente l’olio di oliva o il grasso di maiale.

Un altro ingrediente particolare dei culurgiones tradizionali è su vìscidu. Si tratta di latte di capra o di pecora cagliato, lasciato inacidire e messo sotto sale» spiega Solinas.

 

 

Preparazione de su viscidu: https://www.youtube.com/watch?v=nqqUEflTZXA&feature=emb_logo

 

La chiusura dei culurgiones può essere a spiga (spighighedda) o ripiegando il raviolo semplicemente su sé stesso (a oru).

La prima tecnica è quella tradizionale che solo mani esperte sanno realizzare. Essa consiste nel tenere nella mano debole il disco di sfoglia con sopra il ripieno e con il pollice e l’indice della mano forte si uniscono i lembi della pasta, pizzicandoli e unendoli, formando in questo modo un raviolo la cui chiusura richiama la forma della spiga di grano.

La chiusura a spighitta: https://www.youtube.com/watch?v=OLJhLi5i160&feature=emb_logo

Questo modo di chiudere i ravioli potrebbe avere origine da riti primitivi di ringraziamento per la fertilità dei suoli che producevano il grano necessario per la vita o per evocare la particolare propensione dei suoli sardi alla coltivazione del grano.

All’interno della stessa Ogliastra, le modalità di preparazione possono differire. In alcuni paesi era abitudine l’utilizzo de su seu (grasso di vitello o manzo fresco) al posto dell’olio di oliva, in altri veniva esaltato il gusto della cipolla a discapito del formaggio, impiegandone maggiori quantità nel ripieno. In certe zone, sos culurgiones pare si consumassero solamente il 2 novembre in occasione de Sa die de is mortos, e questa tradizione è sopravvissuta fino agli anni Settanta circa.

Anche le dimensioni e la forma stessa potevano cambiare. Se in determinati areali la dimensione era ridotta al di sotto dei 5 cm, in altri erano soliti essere più grandi.

I ravioli, una volta pronti, vengono immersi in acqua bollente, cotti qualche minuto e, man mano che risalgono in superficie, scolati e conditi.  Il condimento tradizionale è la salsa di pomodoro e pecorino. Poi chiaramente esistono tante modalità di riempimento e personalizzazione della pasta» conclude Solinas.

 

L’articolo Culurgiones ogliastrini: storia e curiosità di uno dei piatti più amati proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

L’Ogliastra si conferma terra di longevità.

Oggi il paese di Perdasdefogu è in festa: tzia Maria Brundu ha spento centodue candeline.

Un tripudio di fiori e l’affetto della comunità foghesina, per l’ultracentenaria ogliastrina.

La nonnina, vedova dal 1978, ha lavorato duramente nella sua vita è ancora lucida e gode di buona salute.

 

L’articolo Ogliastra terra di longevità. Perdasdefogu in festa: tzia Maria Brundu spegne 102 candeline proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Nello giornata odierna, abbiamo ammirato uno scorcio di Porto Frailis.

Nonostante il cielo plumbeo che si specchia sul mare placido, la spiaggia ogliastrino conserva il suo fascino intatto.

Ecco le immagini del video girato nella località di Arbatax.

 

L’articolo (VIDEO) Ogliastra, uno scorcio della spiaggia di Porto Frailis – Arbatax – proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

Vasto incendio in fase generalizzata dei capannoni nella zona industriale di Macchiareddu.

Dalle 17:30 circa, le squadre dei Vigili del Fuoco del Comando di Cagliari, che interessa due compartimenti del deposito dell’azienda, che fornisce servizi di distribuzione e logistica.

Le squadre stanno operando per contenere e spegnere l’incendio. Attualmente sono impegnate sei squadre, con autopompa serbatoio, autobotti e carro aria, automezzo dedicato al ricambio degli autorespiratori – ricaricati di aria nell’apposito laboratorio della sede centrale di viale Guglielmo Marconi- .

Partecipano all’attività operativa anche due squadre del distaccamento aereoportuale di Cagliari Elmas con una kilolitrica e un automezzo antincendio aeroportuale.

Al momento nessuna persona risulta coinvolta. Sul posto anche il Funzionario tecnico di servizio e il Comandante. Presenti anche i Carabinieri del Comando Stazione di Macchiareddu e di Iglesias.

L’articolo (VIDEO) Sardegna, vasto incendio in un capannone proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

feste-sardegna-1955

Com’erano le feste in Sardegna nel 1955? Un raro e bellissimo documentario dell’Istituto Luce ce lo racconta.

Le immagini del regista Fiorenzo Serra e la voce narrante di Luca Pinna descrivono alcuni momenti di festa nei paesi del centro Sardegna.

Mamoiada, Sorgono, Lula, le cui celebrazioni vengono raccontate in questo video, si fermavano per festeggiare i propri Santi.

Gli abiti tradizionali indossati da donne e uomini, i tornei di murra, i banchetti, i balli e i voti religiosi: molte tradizioni non sono cambiate, per fortuna, ma in queste immagini si può assaporare un gusto decisamente più autentico.

L’articolo (VIDEO) Le feste in Sardegna nel 1955 raccontate in un raro documentario dell’Istituto Luce proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

Un delfino ha “preso la residenza” nella spiaggia del Poetto.

Da giorni si aggira nelle acque placide e calme della Prima fermata, interessate da decine di giorni consecutivi di bonaccia.

Il cetaceo gioca in acqua a poche decine di metri da riva e viene immortalato con grande maestria dal drone di Alessandro Guidi. I suoi video pubblicati su Instagram (account: @aleguidi3) fanno decisamente sognare.

L’articolo (VIDEO) Magica Sardegna. Delfino danza nell’acqua cristallina: i video di Ale Guidi sono mozzafiato proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

La storia di Francesco Serra noto “Chicheddu” di Talana è una storia molto dolorosa.

Aveva appena quattro anni quando scomparve dalle campagne del paese il 30 marzo del 1928. Questa vicenda anche se sono passati oltre novant’anni è ancora capace di mettere i brividi, e nessuno avrebbe potuto immaginare quello che realmente fosse successo se non quando “Chicheddu” fece rientro nella sua terra natia, quarant’anni dopo.

Il bimbo di Maria Agostina e Anania, fu rapito quel giorno di primavera per poi passare in mano a dei cammellieri del Nord Africa che infine lo vendette a una tribù di beduini nomadi.

Questi praticavano l’allevamento e vivevano nell’oasi di Cufra nel deserto della Libia, dove il piccolo Annuf – il nome scelto dai suoi nuovi genitori per il bimbo ogliastrino – affrontò un’infanzia dura e di stenti. Una sorte diversa dagli altri due figli della coppia, che “Chicheddu” non ricordando il suo passato, pensava fossero suoi fratelli.

Ma un giorno, il ragazzo conobbe la verità dalla nonna beduina, l’unica persona che gli aveva dimostrato affetto in quel luogo, in punto di morte. Con le ultime forze e un filo di voce, l’anziana Fatma gli rivelò che non era figlio di Alì e Uarda, ma era stato rapito in Italia e poi venduto. Gli restituì una medaglietta che “Chicheddu” portava al collo quando giunse in Africa, nella quale c’era inciso un nome, Giuseppe Di Bello, e gli consigliò fi fuggire.

Il ragazzo, a quelle parole, si diresse nel deserto dove unendosi a un gruppo di carovanieri arrivò in Egitto. Qui incontrò un plotone di soldati inglesi diretti a Tripoli, a cui raccontò la sua storia, che lo presero con loro, ma la malasorte era ancora in agguatto.

Infatti dopo oltre un migliaio di chilometri, arrivati a Misurata i militari britannici mentre allestivano l’accampamento saltarono in aria. Infatti il terreno scelto era un campo minato, ma il destino volle che “Chicheddu” e un soldato inglese si salvarono.

L’ogliastrino giunto a Tripoli, dopo varie peripezie, riuscì a imbarcarsi per l’Italia su una nave mercantile – da clandestino – grazie all’aiuto di un commerciante lombardo.

Approdato in Sicilia, qui gli vennero prese le impronte e scattate le foto segnaletiche, ma non fu trovato niente di utile per risalire alla sua identità. Intanto Annuf, fu ribattezzato Giuseppe Di Bello e in terra sicula fu da subito accolto con tanto affetto e il vescovo di Siracusa si impegnò a fargli avere un’identità fittizia.

Passarono gli anni ma in “Chicheddu” cresceva la volontà di conoscere quali fossero le sue origini, nonostante nel frattempo si fosse sposato con Anna Barbagallo, una giovane siciliana che sposò nel 1962.

L’uomo così si rivolse al periodico Famiglia Cristiana, e dalle pagine della rivista lanciò un appello per scoprire la sua vera identità. Il tentativo non andò a buon fine, ma Giuseppe – come si chiamava all’epoca – non cedette e contattò la testata giornalistica Stop.

Una copia del giornale, sulla quale era presente una fotografia dell’uomo, arrivò fino a Talana e venne letta dai fratelli Serra che  riconobbero il familiare per un particolare anatomico.

Michele Serra, più anziano del fratello scomparso, nel 1966 si recò a Siracusa per un incontro. A questo ne seguì un secondo a Roma e il 25 settembre del 1967, a quasi 40 anni dopo il rapimento.

In seguito per “Chicheddu”, a quasi 40 anni dopo il rapimento, ci fu il tanto atteso ricongiungimento con la famiglia nel paese ogliastrino. Il bimbo scomparso diventato uomo, fu accolto da tutto il paese e immediatamente gli ritornarono alla mente dei dettagli del piccolo borgo che nessuno poteva sapere se non era nato nel luogo e vissuto negli anni venti.

Infatti ricordava dei dettagli, che ristrutturazioni successive, avevano reso mancanti nella fontana “Sa Carrera”. Inoltre anche quando menzionò l’usanza di appendere le carcasse degli animali macellati al grande leccio del paese, allora nessuno ebbe più dubbi che si trattasse del bimbo scomparso nel lontano 1928.

Purtroppo, “Chicheddu” al suo ritorno non ritrovò l’abbraccio tanto sperato del padre e della madre, il primo morto da tempo e la seconda appena pochi anni prima. Questa però non si rassegnò mai al fatto che fosse morto e sentiva nel profondo del suo cuore che fosse in vita, tanto da farsi promettere dai propri figli in punto di morte di non perdere mai la speranza di ritrovarlo.

Solo nel 1973, la Corte d’appello di Cagliari sancì in maniera definitiva l’identità dell’uomo.. Per arrivare a questo risultato la famiglia d’origine si batté con tenacia nelle aule di tribunali e “Chicheddu” si sottopose a tanti esami medici.

A tal proposito una perizia fu decisiva, quando ancora l’analisi del DNA non esisteva, una particolare patologia di cui soffriva tutta la famiglia Serra e lo stesso uomo dall’accento siciliano, sancì che si trattava veramente del bimbo scomparso.

Francesco Serra per una decina d’anni visse a Cagliari, ma venendo a mancare il lavoro, fece ritorno a Siracusa, dove è morto nel 2011. “Chicheddu” ha sempre mantenuto però un forte legame con i familiari rimasti a Talana e sentiva un forte attaccamento con la sua terra natia, la Sardegna.

L’Amministrazione comunale qualche hanno fa ha voluto ricordare la vicenda del proprio compaesano con varie iniziative, per non dimenticare e tramandare ai posteri questa incredibile storia di resilienza.

Non si è mai saputo chi sia stato a strappare alla propria terra il bimbo ogliastrino.

 

 

L’articolo La storia di Chicheddu, il bimbo rapito a Talana e ritornato dopo 40 lunghi anni proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

La ricetta: carciofi in verde, un piatto ideale come contorno, perfetto anche come secondo.

I carciofi sono ortaggi utili per il fegato, che aiutano ad eliminare le tossine e favoriscono la diuresi. Si possono cucinare in tanti modi, oggi li proponiamo in fricassea.

 

Ingredienti

6 carciofi

Olio extravergine d’oliva

Mezzo bicchiere di vino bianco

Prezzemolo tritato

Uno spicchio d’aglio

Limoni

Sale

 

Preparazione

Pulite i carciofi ed eliminate le foglie esterne più dure. Tagliate la parte con le punte e eliminate la barba interna. Tagliate i cuori a spicchi e dividete i gambi. Immergete il tutto in acqua con succo di limone. Fate rosolare in una padella lo spicchio d’aglio schiacciato. Aggiungete i carciofi scolati e fateli rosolare. Sfumate con il vino. Aggiungete il prezzemolo tritato, aggiustate di sale e aggiungete un po’ d’acqua. Cuocete a fuoco basso con il coperchio per circa 20 minuti, aggiungendo se necessario un po’ di acqua in cottura. Servite i carciofi caldi con una bottiglia di Monica.

L’articolo La ricetta di oggi: carciofi in verde, un contorno di stagione di tante tavole sarde proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

Oggi festeggia il compleanno una carissima e bella signora: Sara Cara.

Nata a Bari Sardo in via Roma il 26 gennaio 1920 da Giuseppina Usai Serra e Raffaele Cara.

E’ un compleanno molto speciale: oggi Tzia Sara festeggia i suoi 102 anni a Nuoro, dove attualmente vive. Sara Cara è la sorella di Berto Cara, conosciuto poeta e scrittore bariese a cui è stata dedicata la biblioteca di Bari Sardo. Nella sua vita è stata un’eccellente insegnante elementare, sino a quando andò in pensione nel 1977.

Il marito Nino Moncelsi venne a mancare a soli 46 anni, nel 1968, lasciandola crescere da sola sette figli. Ha una sorella di nome Jole nata del 1923. Sia Sara che Jole, godono di buona salute e sono molto legate a Bari Sardo,
il loro paese natio e amano spesso ricordare tanti  episodi legati alla loro giovinezza.

Ringraziamo Gabriele Lai per la foto e per le informazioni. 

 

L’articolo Bari Sardo in festa per i 102 anni della maestra Sara Cara proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi