«La prima volta che ho tatuato è stata nel febbraio del 2016 mentre ero a Londra. Era anche la prima volta che prendevo una macchinetta in mano e per me è stato tutto molto naturale. L’ho da subito vista come una matita, anche se ero piuttosto preoccupata: sapevo benissimo che la pelle non si comporta come un foglio di carta. In ogni caso è stato amore a prima vista.»
Il suo tratto è fine e i suoi lavori raffinati, delicati, quasi lievi: la tatuatrice 27enne di Santa Maria Anna Foddis è conosciuta proprio per questo tratto distintivo, particolare, che rende ogni suo tatuaggio riconoscibile. «Mi sono specializzata in questo stile,» racconta «anche perché mi sembrava congeniale alle mie abilità.»
Piccoli animali, busti, fiori, figure di donna, scritte, scene di vita quotidiana: non importa cosa le venga chiesto, la Foddis riesce a trasformare qualunque disegno in qualcosa di quasi prezioso, leggero, imprimendolo su pelle e non su carta e lasciando quindi un segno indelebile di questa sua grande passione. E quando qualcuno le chiede qualcosa di eccessivamente distante dal suo modo, be’, la Foddis non si mette problemi a consigliare un altro professionista: ognuno, del resto, ha il suo tratto e dipende dai gusti.
«Vedo tutto questo come il lavoro della mia vita» chiarisce, specificando che è la chiamata di Andrea Tosciri, anch’esso tatuatore, a cambiare le carte in tavola. La Foddis si appoggia al suo studio per lavorare.
«Forse il mio lavoro più bello è una libellula tatuata sulla spalla di una ragazza,» racconta «sia perché mi sono messa alla prova su di una superficie abbastanza piccola sia perché sono riuscita a trasmettere al meglio quella leggerezza che accompagna i miei lavori.»
Sì, ma come si diventa tatuatori? Viene da chiedersi quali siano le qualità che servono per fare un mestiere così particolare, così… indelebile. Okay, ci sono le qualifiche, ma non solo, come chiarifica la baunese.
«Servono soprattutto passione, tanta manualità e un pizzico di vena artistica» racconta. «La creatività è forse la cosa più importante perché ci permette di essere originali e l’originalità è l’aspetto che più viene richiesto in questo settore.»
Certo, oggigiorno è facilissimo coprire un tatuaggio, ma il sapere che una persona porta addosso un pezzo della tua arte è sicuramente un’emozione fortissima: «Credo comunque che sia appagante pensare che molte persone portino o abbiano portato con sé per molto tempo una parte del mio lavoro: i tatuaggi servono spesso a trasmettere un messaggio e io in un certo senso ho contribuito a portarlo a destinazione.»
Ma cosa sono i tatuaggi per lei che li crea, li disegna, li imprime?
«Ho sempre visto i tatuaggi come degli accessori che ognuno può usare a suo piacimento» commenta. «Certi si tatuano un disegno che per loro è irrinunciabile, altri cercano di trovare l’immagine più precisa per ciò che vogliono dire e altri ancora vogliono semplicemente intendono usare un tatuaggio per ricordarsi e fissare per sempre la fase della vita che stanno vivendo. Secondo me ognuna di queste scelte è di pari valore. Questo discorso si potrebbe allargare al modo con cui vengono recepiti i tatuaggi in generale: ormai i tatuaggi non vengono più visti ostilmente e dunque anche la figura del tatuatore è ormai vista come quella di un artista a tutti gli effetti.»
Le sue vetrine? I social. Lì, foto su foto. Parlano di una passione, del futuro, del presente. E di un sogno: quello di vivere con una macchinetta in mano.
«I social sono a parer mio il modo più diretto e veloce per espandersi in questo campo» conclude. «Da quando ho iniziato a pubblicare i miei lavori, la mia clientela è cresciuta, questo senza dubbio. Al giorno d’oggi un tatuatore privo di social potrebbe anche essere guardato con diffidenza, anche se avere uno spazio pubblico virtuale porta anche le sue problematiche.»
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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi