Si chiama Salvatore Monni, sì, ma per i bambini del Microcitemico e non solo lui è Batman: travestito dal supereroe più amato dai più piccoli, regala sorrisi ed emozioni ai piccoli pazienti che stanno combattendo battaglie più o meno ardue.
«Batman nasce dalla voglia di far sognare i bambini in difficoltà,» racconta Monni «per regalare loro un’emozione, un ricordo da tenere custodito nel loro cuore per il resto della loro vita.»
Ma il processo che porta a Batman è lungo.
«Non mi sono mai piaciuti i lavori troppo banali, ed ecco perché nella mia vita ho cercato di differenziarmi: altrimenti mi sarei annoiato.»
Sì, perché Monni fa il modello di nudo al Liceo Artistico di Cagliari, diventa presentatrice televisiva di una tivù locale e ancora prete al Teatro Lirico durante “La Tosca”. Gli piace stupire, questo lo fa grazie a un carattere buono, spumeggiante, che riesce a entrare subito nel cuore delle persone.
«Al Teatro Lirico,» spiega «ricordano ancora dell’unico prete al mondo con un sexy shop!» ride. «Travestirsi è anche esprimere un lato nascosto, un viaggio dentro varie personalità che a volte nemmeno sappiamo di avere. La mia esperienza nel volontariato in ospedale con gli adulti e poi con i ragazzi disabili mi ha preparato al passo successivo nei reparti pediatrici e Batman sembrava perfetto: non un supereroe con i poteri, ma un uomo che ha saputo dare senso alla sua vita da un’esperienza negativa. Ed è quello che cerco di trasmettere ai bimbi in ospedale: non mollare mai, combattere la loro battaglia proprio come Batman combatte i cattivi!»
Ai suoi piccoli fan, che lo accolgono sempre con gli occhi belli e pieni di stupore della giovinezza, poi, dà i braccialetti in silicone con il logo del loro idolo in modo che abbiano «ulteriore forza per affrontare la malattia» e dei mini proiettori da parete «per farli sentire meno soli la notte».
Ed è qui che si palesa il grande cuore di Monni-Batman: quello che sta bene quando si addormenta sapendo che un piccolo guerriero, in quel momento, vede sul muro il simbolo del suo idolo e dorme meglio. E chissà… Magari ha più forza per affrontare, la mattina successiva, la sua battaglia per la vita.
«In fondo siamo tutti un po’ Batman mentre cerchiamo di attribuire un significato alla vita. Come è successo a me quando, parecchi anni fa, seguii le vicende del Batman di Baltimora: era un filantropo milionario a cui non mancava nulla. Aveva successo, soldi, una bella famiglia. Ma si travestì, girò i reparti pediatrici della sua zona e portò ai bambini tanti regali a bordo della sua Lamborghini nera, quando avrebbe potuto staccare un assegno e lavarsi la coscienza. Lenny fece di più: regalò il suo tempo, ciò che abbiamo di più prezioso! Era amato dai bimbi, aveva un sorriso contagioso, sapeva entrare in contatto con loro.»
Purtroppo, come racconta Monni, il supereroe americano muore in circostanze tragiche ed è proprio il dolore per la sua morte – il 48enne seguiva le sue prodezze da tempo con ammirazione – che gli dà la spinta a diventare come lui, a dare conforto ai piccoli pazienti.
«Raccolsi la sua eredità a modo mio e, da grande sostenitore del butterfly effect, quando un battito d’ali di una farfalla può generare un uragano dall’altra parte del mondo, imparai la lezione da quel nobile uomo e ordinai dal Canada un costume. Non un costume qualunque, ma proprio una replica cinematografica in pelle e kevlar, di 12 chili di peso! Non volevo che i bambini avessero davanti la percezione dell’ennesima persona travestita, ma che avessero il vero Batman in carne ed ossa! Fantasticare, sognare, emozionarsi e regalare speranza a bambini con un destino infelice: questo è stato il fine di indossare quel costume. E non chiamiamolo cosplayer o maschera di Carnevale: dietro c’è molto di più, lo testimonia un bimbo che del suo periodo di ricovero al Microcitemico ricorda, a distanza di anni, l’incontro con il Supereroe. Non aghi, punture, terapie ma la figura idealizzata di Batman per sfuggire al ricordo sofferto di quella vita da ricoverato. O ricordo anche la bimba che aveva perso la mamma tempo prima e Batman, in quanto Supereroe, poteva fare da tramite con il Paradiso… qui lo scopo diventava recapitare un messaggio di speranza e amore a una bimba che il sorriso lo aveva perso.»
Monni racconta che, prima del Covid, aveva avviato – parallelamente a quello delle visite al reparto pediatrico del Brotzu e al Microcitemico – un altro progetto: quello di far entrare, insieme ad altri professionisti, la figura di Batman nelle scuole primarie.
«Abbiamo scritto un discorso di poche righe da raccontare ai bambini nelle classi. Il programma consisteva in pochi minuti di educazione civica dove Batman si improvvisava insegnante di empatia per spiegare ai bambini come diventare veri Supereroi. E si poteva fare attraverso 3 semplici regole da imparare a memoria: aiutare i genitori, le maestre e i compagni.»
Beh, queste regole, dette da Batman assumevano un altro significato e quale bambino si sarebbe potuto esimere? «Funzionava» racconta Monni, entusiasta «e alla fine della lezione dovevano disegnare qualcosa che avrebbero potuto comunicare a Batman! Non era una giornata fine a se stessa, ma auspicio di riflessione per diventare bambini più empatici e adulti migliori!»
Dopo pochi appuntamenti, il Covid-19 blocca tutto, ma Monni riesce, con un incontro virtuale con Zoom, a far incontrare ai bimbi i Supereroi. E non solo.
«Il giorno della Befana, con il supporto del camion dei Vigili del Fuoco, sono arrivato insieme a Spiderman alle finestre del quinto e sesto piano del Microcitemico per consegnare le calze!»
È solo questione di tempo, poi Batman riuscirà a rientrare nei reparti per regalare un sogno ai bambini. E un sorriso – e che venga benedetto il sorriso dei più piccoli, soprattutto quando combattenti.
«Batman e tutti i volontari servono a questo: a spezzare la routine infernale, a regalare momenti di svago e strappare un sorriso liberatorio. I bambini e i genitori mi ringraziano ma la verità è che sono io a essere grato a loro per darmi la possibilità di essere un uomo migliore, che vede la vita con una prospettiva diversa. Non c’è tempo per le lamentele, per le perdite di tempo. La vita ha senso e valore se penso ai bimbi che ho conosciuto e che sono diventati angeli.»
E non solo: «Consiglio a tutti il volontariato, è una grande esperienza di vita. Concludo dicendo che, in un mondo sempre più venale, dove ogni cosa ha un prezzo, io scelgo il valore al denaro. La mia è una missione che porto avanti gratuitamente, tradirei me stesso se accettassi soldi.»
E ne vale la pena, nonostante i sacrifici – come spiega.
«E alla gente che mi chiede chi me lo faccia fare, rispondo: il sorriso che si intravede negli occhi illuminati dei bimbi sfortunati che ho incontrato, e i loro caldi e amorevoli abbracci.»
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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi