A cura di Maena Delrio

Tra le leggende che aleggiano intorno alle rovine del castello di Quirra, che si staglia in cima al monte Cudias sulla linea di confine tra il Sarrabus e l’Ogliastra, troviamo quella di Beatrice Cubello.

Figlia del marchese di Oristano, Leonardo Cubello, e di donna Quirica Deiana; sorella di Antonio, Salvatore e Benedetta, venne donata in sposa a Berengario Carroz, dopo la sanguinosa battaglia di Sanluri, nel 1410. Il padre, sconfitto, cede la giovinetta al Carroz, secondo i costumi dell’epoca, dopo aver stipulato una tregua nella quale ottiene di mantenere il marchesato di Oristano e una cospicua somma di denaro. La ragazza morirà poco tempo dopo, in seguito a una caduta dalle alte mura del castello di Quirra, dove il suo sposo la conduce, rinchiudendola nell’isolamento della fortezza, dopo le nozze.

È qui che la figura di Beatrice si perde tra storia e leggenda. Il suo nome scompare dagli atti ufficiali, sostituito dall’iniziale B. e presto confuso con quello di sua sorella Benedetta. Forse un disguido di natura pratica, dato che nel 1400 i documenti venivano ancora vergati a mano. O, si potrebbe ipotizzare, una volontà anche paterna, nel cancellare le prove della sua esistenza, dopo il disonore di cui fu accusata e che portò alla sua condanna a morte da parte del Carroz.

Carboni nel romanzo storico del secolo XV, Leonardo Alagon, edito nel 1872, racconta del triste epilogo della fanciulla, che il marito gettò dal muro perimetrale insieme al neonato in fasce, dopo averla accusata di tradimento, per liberarsi di lei e sposare donna Eleonora Manrique, parente del re di Spagna, la quale avrebbe di certo portato una dote maggiore al Carroz, oltre che garanzie di natura politica di una certa importanza.

Non troverete il nome di Beatrice Cubello nei libri di storia della Sardegna medievale. Talvolta, potreste imbattervi in una B., anonima. Eppure, dietro quell’iniziale puntata c’è stata una donna, occultata alla vista e alla memoria per vendetta e opportunismo politico dalla sua stessa famiglia. La sua virtù e la sua disgrazia però sono state tramandate di bocca in bocca, di cuore in cuore, come accade per gli animi puri che hanno subito un torto troppo profondo. E così, il suo ricordo nei secoli è sfumato in leggenda.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda