A Seui alla fine de “beranu” (primavera), iniziava la disputa tra chi voleva “acapiai” (legare) e chi “scapiai” (slegare) “s’abba” (l’acqua). La lotta vedeva contrapposti i contadini, ai quali l’acqua era necessaria per irrigare le proprie coltivazioni, e i fornaciai che producevano la calce attraverso la “cottura” delle pietra calcarea in fornaci realizzate in aperte campagna dove abbondava il minerale.
Le piogge avrebbero danneggiato questi ultimi, in quanto, all’interno delle strutture realizzate per ottenere la calce, dovevano mantenersi alte temperature e occorreva molto legnatico, soprattutto leccio.
In un’annata perdurava una lunga siccità, e si diceva fosse opera dei fornaciai che avevano trovato il modo di impedire le piogge. Per legare l’acqua avevano celebrato un rito magico con l’utilizzo di appositi formulari propiziatori, nascondendo in un luogo segreto una brocca di terracotta piena d’acqua.
Si diceva che il contenitore con il prezioso liquido fosse stato sotterrato, altri sostenevano fosse nascosto in luoghi inaccessibili. Le piogge sarebbero ritornate solo una volta evaporata l’acqua dalla brocca.
I contadini al limite della disperazione per salvare i propri raccolti le avevano provate tutte. Avevano invocato l’intercessione di San Cristoforo, altri avevano provato a cercare nella fitta boscaglia e chi, addirittura durante la notte, aveva immerso nei fiumi le ossa dei morti trafugate dal cimitero.
Alla fine un gruppo di contadini decise di dare l’incarico di trovare la brocca ad un giovane scaltro e agile di nome Antoneddu. Fu stipulato un patto con il ragazzo: se fosse riuscito a distruggere la brocca e riportare le piogge, gli avrebbero donato un paio di scarpe nuove.
Il giovane accettò a patto che avesse le nuove calzature prima dell’inizio dell’impresa. Il ciabattino del paese realizzò un bellissimo paio di scarpe su misura, molto apprezzate da Antoneddu che, essendo povero, non aveva mai potuto permettersi un paio di calzature in pelle così pregiata.
Qualche giorno dopo partì alla ricerca della brocca, con i viveri fornitegli dai contadini dentro una “bertula” (bisaccia). Il primo giorno si arrampicò nei punti più inaccessibili delle campagne del paese, ma la ricerca non portò a nulla. Poco prima della notte trovò ricovero nel rifugio di un amico porcaro a cui raccontò dell’impresa, e questo, mosso da spirito solidale, nei giorni seguenti lo aiutò nella ricerca.
Nei giorni successivi i due amici scavarono in varie zone e con il bastone percossero ogni cespuglio che incontrarono. Antoneddu stava iniziando a pensare che avrebbe dovuto restituire le comode calzature ai contadini, in quanto sembrava sempre più difficile riuscire nell’impresa.
I viveri stavano per terminare e, dopo una giornata passata a ispezionare una fitta boscaglia, il ragazzo riposava senza riuscire a dormire nella capanna dell’amico. Il porcaro suggeriva ad Antoneddu di aspettare ancora e continuare la ricerca, almeno fino a quando non fossero finiti i viveri o comunque rimanere anche qualche tempo con lui, per poter sfruttare le nuove calzature.
Poco più tardi nel cuore della notte i due ragazzi furono allertati da un boato, a seguire ci furono il fragore dei tuoni e il rumore della pioggia che cadeva sul terreno. Avevano forse rotto la brocca che legava l’acqua con i bastoni, mentre infilzavano i grandi cespugli del bosco? Non importava, erano felici che finalmente fosse ritornata la pioggia. La mattina seguente mentre Antoneddu si apprestava a ritornare al paese era comunque palesemente preoccupato, in quanto non poteva portare la prova che avesse infranto la brocca.
Francischeddu, l’amico porcaro, capì il pensiero che crucciava l’amico, così prese una sua brocca la scaraventò a terra rompendola, e raccolti i cocci gli consegnò ad Antoneddu. La pioggia era ritornata, e quel paio di scarpe avevano un legittimo proprietario.
Di questa leggenda fa menzione anche Raimondo Loy nell’annuario Ardasai di Seui del 1991.
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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda