Fino alla fine degli anni Cinquanta, a Seui, era attiva una miniera di carbone dove veniva estratta l’antracite.
Il giacimento di questo minerale, dall’elevato potere calorifero, è unico in Sardegna e tra i pochi in Italia.
Oggi rimangono alcuni edifici, oramai circondati dalla vegetazione, testimonianza di questa avventura industriale del paese montano.
Tra questi, alcuni fabbricati nella zona di “Fundu de Corongiu”, dove veniva estratto il minerale “grezzo” per poi essere trasportato attraverso una teleferica nella Laveria. Questa struttura, nella località San Sebastiano, dove l’antracite subiva il “lavaggio”, è ancora visibile nelle vicinanze della linea Mandas-Arbatax. Qui il carbone veniva caricato sui vagoni del treno, diretto al porto ogliastrino.
Invece non c’è più traccia degli ingressi della miniera che portavano alle viscere della Terra, varcati da tanti operai per lavorarsi il pane. Alcuni sono crollati e altri sono stati chiusi per sempre, per evitare possibili incidenti.
Uno di questi era il Pozzo di Sant’Antonio, dove sopra l’ingresso, era presente una piccola statuetta in gesso bianca del protettore dei poveri e degli oppressi. Chissà quanti minatori avranno scrutato la nicchia di Sant’Antonio da Padova osservando il simulacro, poco prima di iniziare il duro turno di lavoro. Alcuni di questi persero la vita a causa delle frane delle gallerie, quasi tutti si ammalarono di silicosi. La grave malattia professionale causata dall’inalazione di polveri di anidride silicica, durante le fasi estrattive del minerale. Infatti le conseguenze sono gravi e irreversibili: portano ad un’insufficienza polmonare invalidante e una condanna ad una breve esistenza. Oggi vogliamo pubblicare una rara immagine di questo accesso, pensando ai minatori che l’hanno oltrepassato. Una foto scattata nella fine degli anni ’60 da Anedda Achille, quando la miniera era già stata chiusa e in tanti emigrati.
L’articolo Curiosità. Il pozzo di Sant’Antonio della Miniera Corongiu proviene da ogliastra.vistanet.it.
Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda