Vasto e complesso fu il processo di trasformazione che, iniziato nel XVI secolo e terminato nel XX, portò al complesso vestimentario maschile – per varie ragioni poi abbandonato a favore di abiti anche arrivati dal continente –, oggi riconosciuto come “Costume Popolare della Sardegna”.
A parlarcene è Gabriele Lai, Presidente dell’Associazione Nostra Signora di Monserrato di Bari Sardo.
«Anche in Ogliastra l’abito tradizionale maschile, diverso e articolato nel suo genere, suscitò l’interesse e la curiosità di visitatori anche extra-insulari, perché attratti dalla sua autentica arcaicità» spiega Lai. «La testimonianza iconografica delle tavole del Cominotti e Luzzietti risalenti al primo ventennio del 1800 descrivono in maniera meticolosa il vestiario del “Villano d’Ogliastra” un uomo dal volto barbuto, con il berretto piegato sul davanti e treccia riportata da sinistra.»
Intorno alla metà dell’Ottocento, spiega Lai, l’acquarellista Giovanni Gessa ritrasse in maniera molto precisa l’uomo in abito tradizionale di Bari Sardo e Villagrande Strisaili.
«Più tardi, intorno al 1870, Giorgio Ansaldi detto Il Dalsani ritrae un uomo di Tertenia con il suo caratteristico corpetto di colore azzurro. Purtroppo l’abito maschile, a differenza di quello femminile ancora in uso, andò totalmente in disuso durante il secolo scorso. La semplicità dei materiali impiegati per la sua realizzazione e la manifesta austerità del taglio fanno risalire l’appartenenza di questo vestiario a un ceto sociale medio. Il nero, il rosso scarlatto e il bianco sono i colori predominanti mentre il panno e l’orbace sono i materiali utilizzati per la realizzazione. Il gonnellino, denominato anche “Ragas”, viene realizzato in orbace o in panno nero plissettato nella parte alta, e i suoi lembi inferiori sono uniti da una striscia dello stesso tessuto. La camicia e i calzoni bianchi, “Carzonis”, venivano realizzati in tela di cotone bianco oppure di lino. Le ghette venivano fatte in orbace e orlate inferiormente da un bordino di velluto nero e legate alla gamba con una stringa di cotone. La “Berritta” di colore nero veniva realizzata in filato di lana lavorato a maglia tubolare chiuso all’estremità superiore, infeltrita con bagni in acqua calda e infine cardata all’esterno. Non presentando cuciture è particolarmente confortevole ed adattabile alla testa che la indossa.»
A completare l’abito, a seconda dell’occasione, c’erano cappotti corti, giacconi e giacche.
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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi