Lo sapevate? La Brigata Sassari, orgoglio sardo, si costituì durante la Prima Guerra mondiale.
Era il 1 marzo del 1915, quando venne ufficialmente sancita la nascita della Brigata Sassari (Tattaresa), brigata di fanteria meccanizzata dell’Esercito Italiano. Due i reparti che andarono a confluirvi: il 151° reggimento, di stanza a Sinnai, e il 152°, con sede a Sassari. Per la nazione si trattava di un reparto innovativo, unico reclutato su base regionale, e l’origine sarda dei suoi componenti – tanto dei soldati quanto degli ufficiali, seppure fossero questi in numero spesso insufficiente e per questo sostenuti dall’apporto di esterni – incise da subito in maniera evidente: ne plasmò i valori, le tecniche di combattimento, e pesò sulla forza del legame che ne univa gli uomini.
Fattore, quest’ultimo, che rese la neonata formazione diretta discendente del Terçio de Cerdena, di periodo aragonese-spagnolo, e del Reggimento di Sardegna, di età sabauda, milizie accomunate anch’esse dall’origine sarda dei componenti.
La tragica cornice storica, ossia il pieno della prima guerra mondiale – scoppiata nel luglio dell’anno precedente – ne permise l’immediato ed efficace impiego. Isonzo, Asiago, Caporetto: la Brigata combatté con onore in tutte le maggiori battaglie del terribile triennio di guerra, guadagnandone solenni riconoscimenti, che ripagarono però soltanto in parte le ingenti perdite umane. Fra le memorie più pregnanti di questa prima fase resta oggi “Un anno sull’Altipiano”, di Emilio Lussu, brillante resoconto letterario dell’impegno della Brigata sull’altopiano di Asiago, fase durante la quale Lussu stesso ricoprì il ruolo di ufficiale.
Nessun documento indica con certezza i motivi che spinsero alla creazione di un gruppo militare interamente formato da sardi. Pare plausibile ritenere sia stato un modo per meglio coinvolgere i giovani isolani nell’immane sforzo della guerra – sebbene già lo fossero, poiché arruolati in organizzazioni pre-esistenti, quali la Brigata Cagliari – o, ancora, potrebbe essersi trattato di un esperimento, uno strumento per valutare la validità di una milizia territorialmente coesa, formata in prevalenza da agricoltori e pastori, priva – o quasi – di fattori disgreganti al suo interno. Si racconta, però, che l’idea fosse nata in realtà da un singolo e cruciale episodio.
Agli inizi del 1915 un giovane sardo, tale Andrea Ostia, arruolato fra gli artiglieri di stanza a Genova, capeggiò una rivolta contro i commilitoni “continentali”. All’origine il comportamento discriminante di questi nei confronti dei sardi, meno numerosi, spintonati durante il rancio e ritenuti inferiori per nascita. Ostia, attendente del capitano, diede quindi il via a una terribile rissa, che gli costò sì l’arresto, ma fece emergere il fiero coraggio dei suoi corregionali. Si dice quindi che il generale fosse rimasto colpito dallo spirito del gruppo isolano, esiguo ma vittorioso, al punto da istituire per questo un intero reggimento formato esclusivamente da sardi. Tale riconoscimento emerse con prepotenza nel dicembre del 1915, quando un’ordinanza sancì che tutti i militari sardi andassero a confluire nella nascente Brigata: nasceva così il mito dei Dimonios.
La Brigata “Sassari” venne subito messa in servizio nella prima guerra mondiale, quando combatté sull’Isonzo e ottenne la citazione sul bollettino del Comando Supremo come migliore unità, per le sue azioni eroiche negli scontri di Bosco Cappuccio, Bosco Lancia e Bosco Triangolare.
Oggi la Brigata Sassari è una brigata di fanteria meccanizzata dell’Esercito Italiano, parte della Divisione “Acqui”. Il 151º reggimento fanteria “Sassari”, con sede a Cagliari in caserma Monfenera, e il 152º reggimento fanteria “Sassari” con sede a Sassari in caserma Gonzaga, insieme costituiscono il nucleo storico della brigata. È una delle unità italiane più presenti nei teatri operativi in operazioni di risoluzione delle crisi (CRO – Crisis Response Operations) ed è classificata dall’Esercito come “forza di proiezione”.
L’inno ufficiale della Brigata “Sassari” è “Dimònios” (“Dimonios”) (Diavoli), scritto nel 1994 in lingua sarda.
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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda