Nel territorio di Urzulei si trova una grotta che tutti, dai più anziani ai più giovani, chiamano in dialetto “Sa rutta ‘e s’orcu” ovvero la grotta dell’orco. Dietro quella grotta misteriosa, dove oggi è quasi impossibile poter entrare, si cela una leggenda oscura. Protagonista una famiglia particolare: un orco cieco e sua moglie, che abitavano in quell’antro.
Insieme alla strana famiglia viveva una fanciulla orfana, Mariedda, accolta dalla moglie dell’orco e cresciuta come una figlia da quando era piccola. L’orco si nutriva solo di carne, perciò andava a caccia ogni mattina, catturando cinghiali e mufloni. Tutti i pastori erano attratti dal profumo della carne cucinata proveniente dalla grotta, ma decidevano di starne alla larga, convinti che, in mancanza di selvaggina, l’orco avrebbe ucciso e mangiato anche gli uomini.
Un anno ci fu una grande siccità che portò gli animali a spostarsi in territori dove l’acqua invece abbondava. Questo motivo spinse la famiglia dell’orco a spostarsi a Lovothai, dove abitava un loro amico, orco anche lui, sperando di trovare più prede da cacciare. In caso contrario, il piano era quello di mangiare Mariedda.
La fanciulla aveva sentito la famiglia pianificare la sua morte e spaventata pensò alla fuga. La paura la bloccò, non riuscì a trovare il coraggio di scappare perché, nonostante il padre fosse cieco, aveva un fiuto molto sviluppato e l’avrebbe trovata in ogni luogo. Allora Mariedda entrò silenziosamente nella grotta, prese una scure e, con tutta la forza che aveva, colpì l’orco sulla testa, lasciandolo tramortito.
La ragazza scappò dalla casa e camminò per ore e ore, in cerca del paese di Thelevai, con i piedi sanguinanti e gonfi. Ad un tratto incontrò nel suo cammino un’anziana signora e le raccontò tutta la sua storia. La sconosciuta la portò a casa di un suo amico, di nome Brinzi, e insieme avvolsero nei piedi della ragazza delle pelli di coniglio, così da confondere il fiuto dell’Orco. Mariedda, grazie al loro aiuto, riuscì a raggiungere Thelevai dove trovò una zia che la tenne con sé.
Diversa fu, invece, la fine di Brinzi. L’Orco, grazie al suo fiuto, raggiunse la sua casa e non trovando Mariedda, nonostante sentisse il suo odore, si avventò sul povero uomo, convinto che lo stesse ingannando.
Trascinò il corpo sino ad una Nurra e lo fece precipitare. Così scomparve il corpo del povero Brinzi ma mai il suo ricordo perché, da quel tragico incidente, la Nurra prese il suo nome: “Sa Nurra e Brinzi”.
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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi