Secondo la legge odierna, Art. 423 bis del Codice Penale,  “Chiunque cagioni un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui , è punito con la reclusione da quattro a dieci anni“.

Ma cosa succedeva in passato ai piromani? L’abbiamo scoperto dando uno sguardo alla Carta de Logu, un antico documento promulgato da Eleonora d’Arborea alla fine del XIV secolo, volto a disciplinare alcuni settori dell’ordinamento giuridico dello stato sardo indipendente dell’Arborea.

La Carta, utilizzata fino all’emanazione del Codice di Carlo Felice nell’aprile 1827,  era composta da un codice civile e penale più un codice rurale. Molto interessanti sono le disposizioni sugli incendiari e sulle pene da infliggere al colpevole (artt. 45-49) .

Le regole erano poche ma da seguire per filo e per segno, si iniziava dal divieto di bruciare le stoppie prima del giorno di Santa Maria, cioè l’8 di settembre, fino ad arrivare alle pene da infliggere ai piromani. Al colpevole, infatti, se non fosse stato in grado di ripagare il danno, gli sarebbe stata tagliata la mano destra, o addirittura se non fosse stato trovato il responsabile la pena veniva allargata al villaggio intero.

Per l’appunto, l’articolo 47 che recita: “Item ordinamus: qui si alcuna persona ponneret fogu istudiosamenti a laure messadu over ad messare o a bingia:o at ortu et est indi binchidu paghit pro maquicia liras l, et issu dannu a quillat auire factu:et si nò pagat ipso over atero pro se seghit silli sa manu destra. Et issos jurados siant tenudos de prouare et de tenne sus malusfactores adicussa pena qui narat su secundu capidulu“.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda