Panna, farina e miele. Non serve altro per cucinare una fantastica “Mazza frissa”, piatto poverissimo, ma dal sapore unico della tradizione pastorale della Gallura. Il suo nome ha origini controverse. Secondo alcuni significherebbe “morbida come una pancia”, secondo altri potrebbe derivare da una ricetta greca molto simile fatta con il latte.
Quel che è certo è che questo piatto cucinato tradizionalmente negli stazzi galluresi è molto nutriente, gustoso e facile da preparare. Esistono due versioni, una salata, che prevede l’aggiunta di formaggio fresco (casgiu furriatu) e una dolce, con il miele.
Andiamo a vedere come si prepara nella ricetta proposta dal sito turistico del Comune di Aggius, paese dell’entroterra gallurese che custodisce come pochi altri i segreti del piatto tradizionale.
Ingredienti per 6 persone:
- 500 g di panna (meglio se leggermente acida);
- 50 g di semola di grano duro;
- sale q.b.
- miele a piacere.
Preparazione:
Versiamo la panna in un tegame che mettiamo sul fuoco a calore medio; mescoliamo continuamente con un cucchiaio di legno, perché non bruci, fino all’ebollizione; a questo punto aggiungiamo gradualmente della farina di grano duro e un cucchiaino di sale fino. Se l’operazione è stata eseguita correttamente, si ottiene la separazione della parte proteica del latte da quella grassa. L’amalgama che si va formando inizia a ‘sudare’, eliminando il grasso eccedente contenuto nella panna. Dopo circa quindici minuti dall’ebollizione si ha nella pentola una massa consistente e morbida (la Mazza frissa) e un fondo oleoso (Ozu casciu). L’olio viene raccolto in un contenitore idoneo alla conservazione. Nel tegame, nonostante l’attenzione profusa nella preparazione, rimane solitamente il fondo di cottura bruciacchiato (l’attentu o razzicu), questo è per tante persone, migliore di tutto il resto (era particolarmente conteso dai bambini).
Per chi invece volesse gustare la mazza frissa preparata da mani esperte e sapienti consigliamo la “Sagra della mazza frissa”, che si svolge ogni anno a fine giugno nel paesino di Priatu.
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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis