In Sardegna, così come in altre regioni d’Italia, sono diffuse alcune pratiche superstiziose contro il malocchio. Una di queste consiste nel toccare il bambino, oggetto spesso di complimenti o di sguardi inopportuni, per annullare il potere malefico de “s’ogumalu”.
Secondo questa credenza infatti, un semplice sguardo storto o un complimento ingrato ha il potere di infondere del male al povero malcapitato e con il tocco della mano si può annullare tale maleficio. Lo studioso Max Leopold Wagner, studioso tedesco di lingua sarda, giunto in Sardegna nel 1912 ebbe l’incarico di raccogliere informazioni sulle credenze popolari e sul malocchio in Sardegna.
Tra i vari fatti di cui egli venne a conoscenza ve n’è uno in particolare che testimonia una pratica diffusa in tutta l’isola. Dovendo egli attraversare la Sardegna a cavallo, lo studioso prese con sé come guida un uomo di Ozieri. Cammin facendo, i due giunsero nel villaggio di Benetutti dove decisero di fare una sosta per dare da mangiare ai cavalli. Mentre riposava, lo studioso si era fermato ad osservareuno dei cavalli del proprio accompagnatore.Il proprio compagno però lo vide e non gradì tale gesto: prima gli lanciò un’occhiataccia e poi sputò per tre volte sulla biada del proprio ronzino. Sorpreso e costernato, Wagner non capiva e chiese spiegazioni ad uno dei presenti.
La guida aveva reagito il tale modo poiché temeva che lo studioso con il suo sguardo avesse potuto fare il malocchio al cavallo e aveva sputato sul cibo per annullare l’effetto malefico. Questa non fu l’unica testimonianza dello studioso. Wagner ci racconta anche un altro aneddoto, sempre avvenuto nel corso del suo viaggio in Sardegna.
In un paese della Sardegna un’anziana signora era stata convocata per curare un bambino per il quale sembrava non ci fosse nulla da fare. Il bimbo pareva esanime, nessuna reazione, nessun cenno di vita, appariva quasi morto. Per curarlo l’astuta vecchierella aveva portato con sé tutto il proprio armamentario: dell’acqua benedetta ed una pietra grossa quanto chicco d’uva sul quale vi era dipinto uno strano occhio di pernice. Tutt’intorno regnava il silenzio: si udivano solo i cuori trepidanti dei presenti che attendevano con ansia il verdetto. La donna gettò l’occhio nell’acqua e dal bicchiere si levarono delle bolle.
«Vostro figlio è colpito dal malocchio!» esclamò. I genitori erano impauriti.
«Che cosa avete fatto per esporlo al malaugurio? Lo avete fatto vedere a qualcuno?»
«Ho portato il bambino sulla piazza della chiesa e lì c’erano il barbiere, l’organista, il sagrestano e il priore».
«Qualcuno ha guardato il bambino? » chiese l’anziana donna.
«Oh sì! Tutti quanti lo guardavano e dicevano quanto era bello!»
«E voi lo avete toccato con la mano?» chiese ancora la vecchietta.
«No» rispose la povera madre sgomenta. «Non ho fatto nulla, lasciavo che lo guardassero, soprattutto il barbiere, lo guardava con due occhi stralunati».
«Ma allora è chiaro!» concluse l’anziana donna. «È certamente colpa del barbiere! Correte subito a casa sua e fatevi dare dell’inchiostro!»
In men che non si dica la domestica fu inviata a casa del barbiere e tornò poco dopo con dell’inchiostro in mano. La vecchierella lo prese, vi fece sopra tre segni di croce e lo diede da bere al bimbo il quale appena inghiottito sgranò gli occhi.
«Ha aperto gli occhi! Avete visto? Sta già guarendo!»
I genitori erano increduli e stupiti, non credevano ai propri occhi e ancora sgomenti, col bambino in braccio, estrassero dalle loro tasche una moneta d’argento e la porsero alla guaritrice. La donna furbescamente fece finta di non volerla, ma di nascosto la intascò e per finire raccomandò loro di procurarsi un oggetto di corallo da porre al collo del piccolo in maniera tale che “s’ogumalu” non avesse più potere su di lui.
Leggenda tratta dal libro: “101 storie della Sardegna che non ti hanno mai raccontato” di Gianmichele Lisai, Collana La Nuova Sardegna.
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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi